Carenza di personale, CNA Veneto: “In regione a rischio nei prossimi 20 anni altre 72mila unità”

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carenza personale veneto
Un momento dell'assemblea CNA Veneto

Crisi demografica e carenza di personale, dall’innovazione tecnologica la soluzione per far ripartire il Pil del Veneto.

All’Assemblea regionale CNA Veneto gli artigiani e i piccoli imprenditori di territorio hanno fatto il punto sulle principali sfide che dovrà affrontare nel medio e lungo periodo la categoria, e quella del ricambio generazionale all’interno delle aziende risulta la più sentita, alla luce anche del quadro emerso dall’ultimo Focus Economie Regionali di Banca d’Italia, il report annuale che l’istituto realizza regione per regione indicando e misurando tutti i fattori che influenzano i trend di sviluppo nei singoli territori.

“La carenza di personale in Veneto – fa sapere CNA regionale – è un problema che non solo persiste, ma è destinato ad aggravarsi nei prossimi anni, proprio a causa del mancato ricambio nella forza lavoro. La contrazione della natalità, unitasi all’aumento della longevità, sta portando a un cambiamento drastico nella struttura per età della popolazione, con la fascia di popolazione attiva (15-64 anni) scesa dal 68,2 al 63,6% nell’ultimo ventennio”.

“Le previsioni per il futuro – conferma Cinzia Fabris, presidente CNA Veneto Ovest – non sono rosee: tra il 2023 e il 2042, a meno di miracolose inversioni di tendenza, l’Istat stima una diminuzione della popolazione di circa 72 mila unità. In buona parte forza lavoro che verrà progressivamente a mancare alle nostre aziende. Ecco perché già adesso è il momento di pensare a come attrezzarsi di fronte a quella che a tutti gli effetti dobbiamo considerare come un’emergenza. E l’incremento della produttività pro capite sarà fondamentale, come ha ribadito anche Mario Draghi nel suo report sulla competitività dell’Unione Europea”.

L’impatto delle dinamiche demografiche sul Pil di un territorio è descritto da un indicatore noto come dividendo demografico. Tale indicatore rappresenta la differenza tra la crescita (o decrescita) della popolazione in età lavorativa rispetto alla popolazione complessiva nel corso del tempo. Quando la quota di popolazione in età lavorativa diminuisce rispetto alla popolazione totale, il dividendo demografico assume un valore negativo. E questo è esattamente il caso delle principali regioni italiane economicamente trainanti (Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Toscana), tendenza che peraltro si riscontra anche in tutti i principali distretti economici europei.

Tuttavia, analizzando il dividendo demografico in relazione alla produttività emerge un quadro differente: fuori dall’Italia le grandi aree produttive europee (Bassa Sassonia, Baviera, Baden-Württemberg, Fiandre, Brabante Sett., Paesi Baschi, Svezia) hanno registrato nell’ultimo ventennio performance nettamente superiori in termini di Pil pro capite, pur avendo tassi di occupazione paragonabili a quelli italiani, e in alcuni casi persino inferiori, come avviene in Svezia.

“Non si tratta di una coincidenza – aggiunge Alessandro Leone, direttore generale CNA Veneto Ovest -. Le regioni che nonostante un dividendo demografico negativo presentano un alto livello di produttività e una crescita continua del Pil pro capite sono quelle caratterizzate da un significativo investimento in innovazione e tecnologie avanzate, come quelle legate all’Industria 4.0. E noi lo stiamo dicendo a gran forza alle nostre imprese: non si può più aspettare per investire in questa direzione. I timori che le nuove frontiere produttive portino alla perdita di posti di lavoro, come abbiamo visto, sono infondati. Perché la tecnologia piuttosto è utile a coprire dei buchi, in particolari quegli spazi operativi a basso valore aggiunto dove è ancora più complessa la ricerca di forza lavoro”.

Fondamentale affrontare con i giusti orizzonti qualsiasi scelta strategica da questo punto di vista.

“Ogni attività – conclude Leone – deve imparare a valutare bene l’andamento dei propri carichi di lavoro nel medio-lungo periodo, analizzando il processo produttivo per individuare i punti dove eventualmente investire in innovazione, e definendo invece dove è necessario integrare risorse. Solo con un piano di prospettiva si può essere certi di fare sempre le scelte giuste, in tempi in cui il capitale sia finanziario che umano è la risorsa più preziosa per preservare la longevità aziendale”.