La carenza di medici di medicina generale in Veneto al centro di un botta e risposta tra il Partito Democratico e Manuela Lanzarin, assessore regionale alla sanità.
Da un lato, nelle scorse ore, i dem veneti hanno diffuso i dati di uno studio commissionato sull’argomento. Dall’altro lato, la titolare dell’assessorato regionale ha spostato le responsabilità sul piano nazionale.
Secondo il documento del Pd, nei prossimi due anni – questo il dato saliente – molti medici andranno in pensione e, nell’arco dei prossimi 15 anni, saranno 1900 i professionisti a fuoriuscire dal sistema sanitario regionale.
Di conseguenza, i dem si chiedono se saranno adeguatamente rimpiazzati. “Lo scenario nel quale il Veneto si ritrovava nel pre-pandemia appare nei numeri già gravoso per i medici di famiglia, visto che ognuno di loro aveva in carico una media di 1.365 pazienti” è stato detto nel corso della presentazione dello studio (scaricalo qui).
“Una cifra – ha proseguito il Pd Veneto – di gran lunga superiore rispetto alla media nazionale (+141) e che collocava la nostra regione al terzo posto in classifica. Cifre di un trend cui si è aggiunta in maniera incalzante la diminuzione del numero di MMG, determinando così una situazione emergenziale nella quale decine di migliaia di cittadini veneti si ritrovano senza medico di famiglia”.
In definitiva, secondo le previsioni, la carenza medici di medicina generale in veneto sarebbe destinata ad aumentare negli anni a venire, quando è previsto che ogni anno, mediamente, 130 professionisti andranno in pensione.
“Tra le misure in grado di garantire un adeguato turn over – la proposta dei dem – c’è quella legata agli investimenti sul fronte della formazione dei medici di medicina generale e dunque alle borse. Ma anche in questo caso il Veneto appare in forte ritardo” rispetto ad altre regioni italiane e a causa di mancata programmazione in un ambito, tra l’altro, fino a qualche anno fa finanziato dallo Stato.
Il giudizio dei consiglieri regionali dem Giacomo Possamai, Vanessa Camani, Anna Maria Bigon, Francesca Zottis, Jonatan Montanariello e Andrea Zanoni, è stato netto: “Quando si poteva ottenere quel che si chiedeva, il Veneto non ha chiesto abbastanza. E quando la coperta è diventata corta, e si otteneva dallo Stato meno di quel che serviva, alcune Regioni hanno scelto di mettere risorse proprie. Ora – hanno concluso -, siamo davanti ad una tempesta perfetta“.
Tutte le ricerche meritano rispetto, ha premesso la Lanzarin che ha poi infatti aggiunto: “La carenza di medici non è un problema del solo Veneto, ma di livello nazionale, che andava e andrà risolto a livello governativo“.
L’assessore sostiene che il governo veneto ha fatto quanto nelle sue possibilità: “Attualmente – ha precisato – i medici di medicina generale in servizio sono 2.875 e i pensionamenti previsti tra il 2023 e il 2025 sono 462, contro 700 giovani medici che si diplomeranno nello stesso periodo. Non userei termini catastrofistici come tempesta perfetta.
Al PD ricordo – ha poi aggiunto – che per esempio è rimasta lettera morta nei cassetti del ministro Speranza anche una nota che il Coordinatore della Commissione Salute ha indirizzato al Ministro della Salute e al Ministro dell’Economia e della finanze contenente un documento, approvato da tutte le Regioni, con una serie di proposte di misure legislative urgenti ed indifferibili necessarie per affrontare le criticità in questione. Buio pesto”.
E sulla specifica situazione della carenza di medici in Veneto ha precisato che “i veri numeri dicono che nel 2025 in Veneto ce ne saranno 700 in più. Si è infatti aperto il 9 maggio il XVII corso triennio formativo 2021-2024 in Medicina generale al quale partecipano circa 370 medici che si diplomeranno all’inizio del 2025.
Il Corso è organizzato dalla Fondazione Scuola di Sanità Pubblica della Regione e si affianca agli altri 2 corsi già attivati: il XV che si concluderà a settembre 2023, con la consegna del diploma a 206 nuovi medici, e il XVI nel luglio 2024 con altri 120 diplomati”.
Difesi anche gli investimenti in formazione: “È uno sforzo – ha ribattuto la Lanzarin -, che vede impegnata nei corsi di formazione la Fondazione Scuola di Sanità Pubblica affiancata dalla Regione. Abbiamo ben chiaro quanto sia importante impegnarci nel garantire il fabbisogno di camici bianchi secondo quelle che sono le esigenze del sistema, ma tocchiamo giornalmente con mano quanto questo sia complesso.
Purtroppo il numero di laureati in Medicina non è congruo a quelle che sono le necessità e questo non dipende da una scelta regionale. Il nostro compito è quello di fornire a chi diventa medico un percorso professionalizzante, che abbia al centro l’umanizzazione delle cure e il rapporto con l’assistito e che sia sempre al passo con quelle che sono le richieste”, ha quindi concluso la sua replica al Pd.