Le dimissioni della maggioranza dei consiglieri di amministrazione (di Carige, il cui socio di maggioranza è la famiglia Malacalza della “ex” Omba di Torri di Quartesolo, ndr) firmate ieri dal presidente Pietro Modiano e dall’amministratore delegato Fabio Innocenzi, insieme a Salvatore Bragantini (ex Banca Popolare di Vicenza con azionista Atlante, ndr), Bruno Pavesi e Lucia Calvosa, hanno causato la decadenza del Cda. L’autoaffondamento della governance ha spinto la Bce a commissariare immediatamente la banca, mentre la Consob ne ha sospeso in Borsa tutti i titoli sino a nuovo ordine.
È un inizio d’anno orribile per Carige, l’istituto genovese chiamato a rafforzare subito il patrimonio dopo l’emersione – proprio dopo un’ispezione della Banca centrale europea – di nuove ingenti perdite. Il 2019 inizia male per i suoi 4.400 dipendenti e i milioni di clienti: la decisione della Consob non “congela” solo le azioni Carige all’ultimo infinitesimale prezzo di 1 millesimo di euro, che valuta in Borsa l’istituto appena 80 milioni a fronte di un capitale nominale di 2 miliardi, ma anche le sue 34 obbligazioni quotate, che insieme ad altre 10 non quotate valgono 4,95 miliardi. I titoli sono in tasca a centinaia di migliaia di risparmiatori e, stante l’impossibilità di venderli o comprarli, non potranno uscirne sino al loro “scongelamento”.
Ora i tre commissari nominati dalla Bce (Raffaele Lener con Modiano e Innocenzi) hanno il difficile compito di rimettere in sicurezza Carige, realizzando in un modo o in un altro l’operazione di rafforzamento patrimoniale saltata lo scorso 22 dicembre, e parallelamente di trovare qualche istituto di credito disposto a comprare a prezzi di saldo ciò che resta della banca che fu l’orgoglio finanziario della Superba e dell’intera Liguria.
Dal 2013 in poi i crediti inesigibili hanno causato nei bilanci della banca una voragine di 3,1 miliardi emersa dopo gli scandali scoppiati dopo la gestione di Giovanni Berneschi, il presidente-padrone dell’istituto condannato in appello nel luglio scorso a otto anni e sette mesi per la maxi truffa ai danni del ramo assicurativo Carige Vita Nuova. Ma il 22 dicembre l’assemblea dei soci, chiamata a ricapitalizzare la banca per 400 milioni (dopo il miliardo e 650 milioni raccolto negli aumenti 2014 e 2015) per l’emersione di ulteriori perdite da svalutazioni di sofferenze, non ha ottemperato alle richieste della Bce perché il socio di maggioranza, la famiglia Malacalza che controlla (o meglio controllava) il 27,5% dell’istituto, si è astenuta facendo saltare l’operazione.
Da quello stop è scaturito un duro confronto tra gli azionisti e la Banca centrale europea. Lo stallo è durato sino a ieri, quando il nodo di Gordio è stato tranciato dalle dimissioni della maggioranza dei consiglieri. Modiano, Innocenzi e Lener hanno due strade per rafforzare le banca: o realizzare un nuovo aumento di capitale (operazione difficilissima, perché Malacalza che dal 2015 ha investito in Carige 400 milioni se ne ritrova oggi meno di 20), oppure – come pare più probabile – chiedere allo Schema volontario del Fondo interbancario di garanzia, che raggruppa una novantina di banche, di convertire in azioni il bond subordinato da 320 milioni sottoscritto in fretta e furia a fine novembre per sostenere Carige che era in emergenza perché il mercato non aveva voluto comprare il suo titolo.
In questo modo il patrimonio crescerebbe senza chiedere soldi agli azionisti, che verrebbero però “diluiti” ponendo di fatto Carige nelle mani dei concorrenti. D’altronde già a fine dicembre 2017 Carige aveva sacrificato gli obbligazionisti perché gli azionisti recalcitravano: i suoi bond subordinati da 510 milioni furono convertiti in un titolo senior da 188,8 milioni e la differenza andò a patrimonio. Ma se anche la conversione obtorto collo non bastasse, la riduzione di valore potrebbe colpire anche i bond senior: da qui la loro sospensione in Borsa, anche se questa ipotesi pare remota. È la replica esatta di quanto avvenuto il 22 dicembre 2016 quando, fallito l’ennesimo aumento di capitale, Banca d’Italia commissariò Mps e Consob congelò (sino a ottobre 2017) azioni e un centinaio di bond del Monte. Ieri la sospensione dell’azione Carige ha fatto scattare pesanti ribassi sulle azioni Bper, Intesa Sanpaolo, Ubi e UniCredit: sono gli istituti che, a torto o a ragione, il mercato ritiene potrebbero essere chiamati a salvare la banca genovese, con tutti i grattacapi del caso.
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