Caro carburanti: il Governo sceglie di non prorogare ulteriormente la misura del taglio sulle accise sui carburanti, ripristinandone la quota nella sua interezza a far data dal primo gennaio.
La politica delle imposte sui carburanti ha storia antica. Le accise offrono allo Stato due fondamentali vantaggi rispetto alle altre imposte: garantiscono un gettito immediato, sicuro e costante, e basta poco per ritoccare al rialzo le aliquote e quindi far fronte alle esigenze di bilancio in modo rapido ed efficace. Per questo, introdotte nel corso degli anni per far fronte a situazioni contingenti, resistono nonostante alcune necessità siano poi venute meno.
A ogni modo, oggi l’eliminazione definitiva dello sconto sulle accise ha provocato un rialzo immediato dei prezzi di benzina e gasolio alla pompa. E, in un momento in cui i consumatori devono ancora fare i conti con una crisi economica generalizzata, questo comporterà, a effetto domino, anche l’aumento dei prezzi al dettaglio per i beni trasportati, atteso che l’85% della merce in Italia viaggia su gomma.
Viene da chiedersi se davvero l’aumento sia da ricondurre soltanto al ritorno delle accise o se non vi siano anche altri fattori determinanti. In queste ultime ore i gestori si sono difesi dalle accuse di speculazione, ma non va trascurata anche l’incidenza dei divieti europei all’acquisto di petrolio greggio e prodotti raffinati dalla Russia, in forza di un primo embargo entrato in vigore il 5 dicembre scorso, e in vista di un secondo, che scatterà il 5 febbraio.
La crescita dei prezzi dei carburanti ha a che fare soprattutto con una condizione di eccesso di domanda – per un rallentamento degli investimenti nella produzione dei combustibili – e, più in generale, con i ‘colli di bottiglia’ nell’offerta di petrolio e nella raffinazione. Decisivo è il disaccoppiamento dei prezzi del petrolio greggio da quelli dei prodotti raffinati (il gasolio appunto, stabilmente più caro della benzina verde ormai da mesi). Mentre il prezzo del greggio dipende solo dalle condizioni di domanda e offerta globali, questo non vale invece per i prodotti lavorati, atteso il calo sistematico della capacità di raffinazione. Le società di raffinazione coprono sempre meno le richieste del mercato e fanno sempre più fatica a soddisfare gli elevati standard ambientali richiesti dai prodotti petroliferi. Ciò determina una sempre più diffusa resistenza dell’industria della raffinazione a investire in nuova capacità produttiva, atteso che il passaggio a nuove e più sostenibili fonti energetiche, come da piani di transizione ecologica, dovrebbe portare a una diminuzione notevole della domanda di combustibili fossili per i trasporti, e gli investimenti fatti oggi potrebbero, pertanto, non generare ritorni soddisfacenti in futuro. Situazione che non risparmia l’Italia, nel quale di raffinerie ne sono rimaste veramente poche.
Affidando alle regole del mercato le fluttuazioni dei prezzi dei carburanti, i prezzi alti si dovrebbero fare essi stessi rimedio per i prezzi alti: le prospettive di guadagno attirano nuovi investimenti che ampliano l’offerta, provocando una discesa dei prezzi. Ma sono troppi i fattori in gioco che non dipendono da questioni esclusivamente economiche e che sono di difficile prevedibilità.
Si comprende bene che lo sconto sulle accise non avrebbe potuto che essere un provvedimento a termine, perché estremamente costoso e perché una proroga indefinita avrebbe comportato la violazione delle raccomandazioni di Bruxelles, che una volta superata l’emergenza, prevedono misure mirate in sostituzione dei bonus generalizzati. Tuttavia, Meritocrazia Italia chiede di considerare l’opportunità di introdurre un’accisa mobile, ovvero una variazione al ribasso, ma in compensazione e proporzionale alle maggiori entrate dell’Iva. Auspica altresì che si mettano in atto tutti i controlli e i meccanismi correttivi di una speculazione globale e che opera nell’ambito delle complesse dinamiche finanziarie che riguardano oggi l’intero settore dell’energia tradizionale, e che si lavori per una razionalizzazione della distribuzione dei carburanti.
Si operi per la rivoluzione di un sistema obsoleto, nel quale la frammentazione dei punti vendita consente ai gestori dei margini bassi di guadagno, che rendono insostenibili quegli investimenti in tecnologie e innovazioni che migliorerebbero il servizio all’utenza e avrebbero effetti positivi anche sui prezzi.