I sindacati dei pensionati del Veneto intervengono con un comunicato congiunto alla luce della “tempesta perfetta” che si sta già abbattendo sui centri servizi per anziani e chiedono alla Regione di convocare i tavoli già aperti con le parti sociali, perché la riforma del settore non è più procrastinabile. “Un intervento sull’addizionale Irpef regionale garantirebbe quelle risorse in più di cui la sanità e la gestione della non autosufficienza hanno bisogno”, sostengono nel loro appello Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil.
Rette alle stelle, carenza di impegnative di residenzialità, crescita continua dell’offerta privata, aumento degli anziani non autosufficienti, invecchiamento progressivo della popolazione. La “tempesta perfetta” si sta già abbattendo contro un settore fondamentale per l’assistenza sociosanitaria degli anziani veneti, quello dei centri servizi per anziani (case di riposo). Per questo i sindacati dei pensionati di Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil del Veneto lanciano il proprio grido d’allarme chiedendo alla Regione di dare un’accelerata al tavolo di confronto coi sindacati dedicato alle case di riposo, e di intervenire con nuove risorse per contenere le nefaste conseguenze dell’inflazione.
Come sempre, sono i numeri a descrivere in modo chiaro la drammatica situazione. A causa dei rincari esplosi nel 2022 il costo medio delle rette nei centri servizi per anziani in Veneto si è attestato in media fra i 1.600 euro al mese per chi ha l’impegnativa di residenzialità, ai circa 2.400 euro per chi ne è sprovvisto e deve pagare l’intero importo senza contributo regionale. Ma la cifra può superare i 3mila euro nel caso di stanza singola. Nel 2024 si prevedono nuovi aumenti, che potrebbero aggirarsi attorno al 5%, trainati soprattutto dalle spese energetiche, dal costo dei prodotti alimentari e dei prodotti igienici. Tutto ciò rischia di mettere in ginocchio molte famiglie venete alcune delle quali, già ora, sono state costrette a togliere il proprio caro dalla struttura non potendo più sostenere la quota spettante all’ospite. Di contro, però, molti anziani sono in lista d’attesa per trovare un posto disponibile in qualche centro servizi. Non solo. Anche le impegnative di residenzialità scarseggiano tanto da essere addirittura terminate in alcune Ulss della nostra regione.
Contemporaneamente, i sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil pongono l’accento sulla crescita sempre più rilevante delle case di riposo private: il depotenziamento dei centri servizi pubblici è evidente e rende ancora più urgente mettere una volta per tutte mano alla riforma delle Ipab. In Veneto (anno 2020) i centri servizi per anziani sono 339, di cui 133 pubblici e 206 privati. Nel pubblico i posti autorizzati sono 18.210 mentre quelli accreditati sfiorano quota 17.200. Nel privato troviamo 19.483 posti autorizzati e 17.019 accreditati. In generale, dunque, fra strutture pubbliche e strutture private, circa 3.500 ospiti non usufruiscono del contributo regionale. Ma il bisogno di assistenza crescerà: secondo la relazione sociosanitaria della Regione Veneto, gli anziani con una forma di non autosufficienza sono 328mila, e si prevede che in 10 anni aumentino del 25% gli ultra80enni, che più probabilmente sviluppano la non autosufficienza in forma grave.
«Il quadro è davvero drammatico e preoccupante – commentano le segretarie generali dei sindacati veneti dei pensionati Nicoletta Biancardi (Spi Cgil), Tina Cupani (Fnp Cisl) e Debora Rocco (Uilp Uil) – tanto più considerando che i fondi per la non autosufficienza sono rimasti invariati. Nemmeno il pur necessario DDL Anziani, di cui stanno arrivando finalmente i primi decreti legislativi attuativi, prevede nuove risorse ma solo la riorganizzazione delle attuali. Per questo chiediamo alla Regione un atto di buon senso che vada al di là della propaganda elettorale. Per recuperare risorse è necessario introdurre per i redditi più alti l’addizionale regionale che consentirebbe di incassare decine di milioni di euro per finanziare la sanità: parte dei quali potrebbero essere destinati proprio alla gestione della non autosufficienza, anche per attenuare ulteriormente l’effetto del caro rette nelle case di riposo».