La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 525/2024 ha gettato scompiglio nel mondo dei centri servizi anziani (ex case di riposo), poiché ha respinto il ricorso di una struttura, che chiedeva il pagamento della retta per la quota di prestazioni socioassistenziali a carico di una persona ricoverata con Alzheimer.
La Corte, valutando che si trattasse di prestazioni non scindibili da quelle sanitarie, ha invece stabilito che l’intera retta deve essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale. «Questa sentenza conferma l’orientamento di altri tribunali che si sono pronunciati prima, ma dal nostro punto di vista dà valore giuridico a due questioni importanti», commentano le segretarie generali dei sindacati veneti dei pensionati Nicoletta Biancardi (Spi Cgil), Tina Cupani (Fnp Cisl) e Debora Rocco (Uilp Uil), «la prima è che nei centri servizi anziani i pazienti, e non parliamo solo di persone con decadimento cognitivo, arrivano quando le famiglie non riescono più a occuparsi di loro, quindi con un bisogno sociosanitario tale da rendere la distinzione tra prestazione “sanitaria” e “assistenziale” ormai una questione di lana caprina». Ma su questa distinzione si gioca la differenza tra quota sanitaria, coperta da impegnativa, e quota alberghiera, che include le prestazioni assistenziali e prevede la compartecipazione delle famiglie.
La seconda questione riguarda l’occasione irripetibile che è la riforma della gestione della non autosufficienza, prevista dal PNRR e compresa nella Legge Delega Anziani n. 33/2023, che per ora ha visto come decreto attuativo solo il n. 29/2024: nella legge è finalmente scritto nero su bianco un disegno di presa in carico globale e uniforme in tutto il territorio nazionale dell’anziano non autosufficiente, con una forte spinta alla domiciliarietà. «La sentenza della Cassazione e, soprattutto, il clamore che si è creato nel settore – continuano le segretarie – ci danno ragione nel chiedere ancora una volta che la Legge Delega venga finanziata adeguatamente: non si può pensare a riformare la gestione degli anziani non autosufficienti, il cui numero crescerà esponenzialmente a fronte di famiglie sempre meno numerose, semplicemente riorganizzando le risorse già presenti. Servono nuovi fondi».
In Veneto gli anziani non autosufficienti sono circa 328mila, il 28,4% di tutti gli over 65. I centri servizi anziani sono 382, 239 privati (con il 49,7% dei posti letto) e 143 pubblici (50,3% dei posti). Da disposizioni della Regione (le DGR), ci sono circa 32.600 posti letto autorizzabili, incrementabili fino a 36.600 coi Piani di Zona, ma effettivi ce ne sono circa 31.400. La Regione con il 2024 “dovrebbe” raggiungere l’obiettivo di coprire con le impegnative di residenzialità l’87% dei posti letto disponibili (nel 2021 ne copriva il 75%). Questo significa che più del 10% delle famiglie con un anziano in struttura paga interamente la retta (mediamente 85 euro al giorno da una ricognizione fatta da Spi, Fnp, Uilp del Veneto, a fronte dei 62 se l’impegnativa c’è). Ma è altrettanto evidente che la stragrande maggioranza degli anziani non autosufficienti è assistita in casa da caregiver familiari o assistenti familiari (badanti), con il contributo dell’indennità di accompagnamento solo se invalidi al 100%, e un sostegno domiciliare tra la ADI (assistenza domiciliare integrata) gestita dalle Ulss e il SAD (servizio di assistenza domiciliare) gestito dai Comuni, che non raggiungono tutti. Mentre le spese vive e la fatica quotidiane sono scaricate sulle famiglie. «Che si decida di tenere il proprio familiare in casa, o di ricoverarlo in struttura, è ora che il servizio pubblico (Stato, Regioni ed enti locali) pensi non solo a scrivere belle norme, ma trovi e organizzi le risorse per renderle attuabili e dare finalmente risposta alle famiglie», concludono Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil del Veneto.