La lista civica di centrosinistra Veneto che vogliamo, che ha espresso lo scorso settembre Arturo Lorenzoni come candidato presidente della Regione, interviene in un comunicato sulle case di riposo, un tema esploso con la pandemia Covid ma che secondo i suoi esponenti è stato trascurato dalla Regione anche prima della diffusione del virus.
“Il Covid ci ha dato un brusco risveglio, grazie ai titoli dei giornali che all’improvviso ci parlavano delle case di riposo e delle tragedie che stavano avvenendo al loro interno. E’ esplosa una bomba che però era già stata annunciata dai sindacati e solo da una parte politica” affermano gli esponenti di Veneto che vogliamo Carlo Cunegato e Vania Trolese.
“L’altra parte, quella leghista-zaiana, invece, ha continuato a vivere delle grazie di una stampa favorevole che ha dato ampio spazio agli sproloqui di un Presidente che non sa mai nulla, anche di fronte a dati certi. E dato che veniamo sempre accusati di sapere solo lamentarci e non riconoscere l’aureo splendore del magnifico governo veneto, anche questa volta non vogliamo smentirci, proveremo ad analizzare cosa non ha funzionato per le case di riposo e tenteremo di ipotizzare alcune idee, per dare voce a chi non ha voce e perché è un dovere verso i nostri anziani, che con molta più dignità di chi si lamenta ogni giorno, stanno sopportando stoicamente una reclusione forzata da mesi”.
“E’ ormai evidente che i test rapidi hanno una certa percentuale di insuccesso. Questo scarto ha rappresentato un’invasione del Covid nelle nostre RSA. Più volte e da molti medici, è stato chiesto di eseguire dei tamponi molecolari sul personale sanitario e sugli operatori nelle case di riposo. Ma queste scelte non portano voti e preferenze. C’è un’evidente carenza di personale, attualmente dovuta ai molti contagi tra il personale, oltre che agli ospiti. Ma questa carenza non è una novità per le nostre case di riposo, perché oltre lavorare con standard assistenziali vecchi di oltre venti anni, è stato sbagliato tutto anche nella formazione del personale sanitario determinando così una mancanza di figure necessarie per coprire il fabbisogno”.
“Le case di riposo, durante la pandemia, si sono trasformate in ospedali, senza nemmeno sapere di esserlo. E questo cambiamento non rappresenta neppure una grossa novità, perché gli ospiti presenti in queste strutture non sono più anziani autosufficienti, ma malati cronici con patologie invalidanti che rendono le RSA prolungamenti delle medicine e delle geriatrie, quindi indispensabili al funzionamento del sistema sanitario e al sostegno delle famiglie di queste persone”.
“Ci chiediamo, di fronte a queste carenze, perché nonostante il fallimento dei tamponi rapidi, non ci siano ancora nessuna proposta concreta sul far eseguire almeno un tampone molecolare alla settimana agli operatori. Perché, nonostante le gravi perdite economiche e disagi a causa del Covid, la Regione non decide di affrontare seriamente il problema e iniziare a pagare tutte le rette di residenzialità per cercare di porgere una mano a queste strutture in affanno” proseguono Cunegato e Trolese.
“Su 35.000 ospiti che ne hanno diritto, solo 24.000 godono di questo “privilegio” e gli altri 11.000 sono costretti a pagare rette da capogiro, mettendo a rischio tutti i risparmi di una vita, solamente per la grave colpa di invecchiare ed ammalarsi. Inoltre, Azienda Zero ha da poco terminato il concorso per l’assunzione di Infermieri, stilando una graduatoria abbastanza lunga. Chiediamo l’assunzione in blocco di tutti da parte delle varie ASL di competenza, ma che gli Infermieri che attualmente prestano servizio nelle case di riposo, rimangano a prestare la loro attività in queste strutture, senza creare esodi proprio durante la pandemia.
“Pensiamo anche al post pandemia, nella speranza che tutto questo incubo sia la più presto solo un brutto ricordo. Si ricominci a programmare corsi gratuiti per Operatori Socio Sanitari e rendere ad accesso libero i corsi universitari per Infermieri e Medici. Parifichiamo i contratti del personale sanitario, rendendolo unico, per tutti. Basta differenza tra sanità privata e pubblica. Non sono i diritti mancanti a fare il profitto, semmai creano operatori scontenti e sfiduciati”.
“Torniamo a parlare di sanità di prossimità, ovvero permettere agli anziani di vivere nel proprio domicilio, nella loro quotidianità e assistiti. Siamo convinti che una carezza di un operatore è dolce, ma quella di un figlio a casa propria è anche meglio. Come trattiamo i nostri anziani – concludono – determina il nostro grado di civiltà”.
L’articolo Case di risposo e Covid, Cunegato e Trolese (VcV): “assumere personale e programmare futuro” proviene da Parlaveneto.