Castello Cini a Monselice: una sovrapposizione di epoche, armi.. e camini!

1770
Castello Cini; credits: pagina Facebook ufficiale del castello

Un’accozzaglia di edifici di tipologie ed epoche diverse convivono in uno stessa stessa struttura: è così che Castello Cini offre al visitatore un storia che si snoda dal buio del Medioevo alla luce del Rinascimento. Il merito del restauro di questo gioiello Veneto si deve al conte Vittorio Cini che lo riarreda per sette anni a partire dal 1935; il castello era infatti stato svuotato dall’esercito italiano durante la Prima Guerra Mondiale.

Il suo intento era ricreare l’atmosfera tipica di ogni epoca storica e per questo acquista collezioni di mobili, armature ed armi originali. In particolare, il conte riallestisce una sala d’armi a piano terra e tutta la parte residenziale ai piani superiori per poi stabilirsi qui e farne una residenza di rappresentanza (vennero in visita anche i reali inglesi). Questa struttura viene ceduta alla fondazione Cini da lui stesso istituita e passa alla Regione Veneto nel 1981. Ora è museo regionale.

La visita guidata inizia dalla Torre di Ezzelino III da Romano, celebre tiranno e vicario di Federico di Svevia. Si tratta di una struttura medievale risalente al XIII secolo costruita in trachite, la pietra locale, estratta proprio dalla cava della Rocca. Si prosegue quindi nella sala d’armi che i Carraresi, iniziando a trasformare il castello in abitazione a partire dal 1318, suddivisero in tre stanze più piccole.

A testimonianza della Signoria rimangono le mura a scacchi rossi e bianchi, i colori di Padova. Attira l’attenzione, per la precoce lungimiranza ingegneristica, il camino, unico per funzionalità e genere: è infatti costituito da due cappe, una esterna decorata e l’altra interna per far uscire il fumo, tra le quali è sistemata una sacca di sabbia a fine refrattario, per rilasciare tepore anche a fuoco spento. Inoltre, insieme a un secondo camino in marmo rosso di Verona al piano superiore, è una della uniche forme autentiche trecentesche.

La visita all’armeria, la seconda più fornita del Veneto, permette di ammirare collezioni di balestre, armi in asta e da fuoco e armature complete. In particolare, lo sguardo è catalizzato dalle spade risalenti al 900 (una viene identificata addiritttura come antecedente, un pezzo longobardo) e da due forzieri del 1500 con 12 e 24 catenacci a molla che venivano azionati contemporaneamente da una chiave e che sono ancora oggi perfettamente funzionanti.

Parlando invece di armi di armi da fuoco, le spingardone venivano issate tra il 1600 e il 1700 sulla prua di una barca per andare a caccia di anatre, mentre le schiavone venete, risalenti al 1400-1500, erano destinate agli “schiavoni”, i soldati mercenari dell’esercito veneziano. Tra le altre, le spade prodotte nel bellunese, bacino di maestri spadai tra ‘500 e inizio ‘600 e le lame di Toledo del secolo successivo, più sottili, elastiche e lunghe per l’aggiunta al ferro dell’acciaio e molto più simili ai fioretti. Tra le armi anche un fucile da donna, con un intarsio in avorio e madreperla, la raffigurazione di Diana, dea della caccia e un rientro per attutire il contraccolpo.

castello Cini
Armeria Castello Cini; credits: pagina Facebook ufficiale del castello

In mezzo alle armature, attira invece l’attenzione la più pesante, 28kg, “la Massimiliana”, che richiama l’armatura indossata dall’imperatore Massimiliano d’Asburgo agli inizi del ‘500. Si tratta di un’armatura da torneo data la presenza di un supporto per la lancia, da cui il modo di dire “partire lancia in resta”, ossia “essere pronti”. Infine, si possono ammirare anche i pugnali misericordia, usati dalle confraternite misericordia incaricate di dare il colpo di grazia a feriti che giacevano moribondi sui campi battaglia, ma anche dalle donne, per la loro difesa personale; da qui il detto “arrivare ai ferri corti”, all’epilogo già scritto.

L’edificio adiacente è Ca’ Marcello, edificata nel XV secolo dai Marcello, nobile famiglia veneziana dalla storia millenaria arrivata a Monselice nel 1405; lo stesso castello è spesso indicato come “Ca’ Marcello”. Curiosamente ilare lo stemma dei Marcello: si tratta dell’ onda della laguna, la linea d’orizzonte che divide il mare dal cielo quindi “Mar-C(i)elo”. Il soffitto a cassettoni, del XVII secolo, rappresenta una sorta di enciclopedia delle specie animali (in origine vi erano dipinte 289 specie di animali diversi).

Al secondo piano si dischiude una sala mansardata, dove gli ospiti attendevano che si aprissero le porte del Salone delle Feste. Alle pareti è appesa una collezione di arazzi fiamminghi che ritraggono le fasi principali di una battaglia e sono firmati da un certo Cornelius Mattens, grande razziere vissuto in zona Bruxelles Brabant a cavallo tra il 1500 e il 1600 e riconoscibile per la sua firma con la raffigurazione di piccole tartarughe in ogni sua opera. All’esterno non si può non sostare nel campiello veneziano, tipico cortile dove al centro trova spazio il pozzo e luogo adatto anche a concerti e rappresentazioni teatrali.

Ca’ Marcello; credits: pagina Facebook ufficiale del castello

Prima di concludere la visita merita uno sguardo la cappella privata della famiglia, con una pala d’altare di un allievo della scuola del Tiepolo e la cucina medievale all’interno della casa romana dell’XI secolo. La pavimentazione è in terra battuta e questo giustifica la presenza di sgabelli a tre gambe che si adattavano meglio e di madie rialzate affinché l’umidità non intaccasse il contenuto. Insomma, andate metaforicamente a scaldarvi al Castello Cini se volete ascoltare una storia a più voci!