Anche il presidente della Regione Veneto è intervenuto oggi sui Cpr, i Centri di permanenza per il rimpatrio, che hanno fatto discutere in questi giorni, soprattutto per la possibilità per i richiedenti asilo di pagare una cauzione di circa 5 mila euro per evitare la detenzione in un Cpr italiano.
La misura è prevista dal decreto del 14 settembre 2023 a firma del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di concerto con i ministri di Giustizia ed Economia, Carlo Nordio e Giancarlo Giorgetti e che in queste ore è sotto esame da parte della Commissione Ue che – riferisce Ansa – è “in contatto con le autorità nazionali per capire di più” sulla norma messa a punto.
“Cpr? Non serve a nulla per bloccare i flussi migratori – ha risposto ai cronisti oggi il governatore veneto -, visto che quest’anno chiuderemo un bilancio da 200 mila persone, di cui sappiamo che solo l’8 percento avrà lo stato di rifugiato e il 30% circa avrà diversi livelli di protezione. Questo vuol dire che 140 mila persone circa dovranno tornarsene a casa. Ma il livello di rimpatrio oggi in Italia non supera le 3.700-4000 persone all’anno – ha ribadito Luca Zaia -.
Il Cpr – ha poi aggiunto il leghista – è un luogo di detenzione amministrativa per il rimpatrio e la detenzione può durare un massimo di 18 mesi. Quindi io dico: fa parte della filiera dell’immigrazione, ma non serve a bloccare i flussi.
Ad oggi non so nulla di un CPR in Veneto, ma da anni si dice che ogni regione dovrà averne uno. Le forze dell’ordine ne avrebbero un punto di appoggio per i soggetti che non possono circolare liberamente. Bisogna però aggiungere che stiamo parlando di una situazione che deve prevedere una struttura dalla quale non si esce. Non è un centro di accoglienza, dal quale si entra ed esce”.