Sembra non finire mai la vicenda del trasferimento dei dipendenti dei Centri per l’Impiego veneti, che tuttora mantiene incerto il futuro di 400 lavoratori. La proposta dell’assessore Elena Donazzan, che mira a far confluire i dipendenti dalla dipendenza provinciale a quella dell’ente autonomo Veneto Lavoro, vede da febbraio scorso la ferma opposizione del presidente della commissione “Lavoro” del consiglio regionale Sergio Berlato. La controproposta vuole verificare la possibilità di far transitare i lavoratori direttamente alle dipendenze della regione (ora come ora l’assorbimento di personale in regione è in deroga).
Qual è però la posizione dei diretti interessati? I sindacati come si schierano? Su questa questione la posizione dei lavoratori parrebbe chiara: la proposta di Donazzan non piace. La soluzione Veneto Lavoro non sembra assicurare le necessarie garanzie che i lavoratori necessitano. Secondo i dipendenti infatti, il loro lavoro, svolto attraverso due diversi gradi di accoglienza, viene portato avanti, loro malgrado, mediante l’utilizzo di programmi obsoleti che spesso rendono ostica l’attività di sportello e rischiano di causare rallentamenti ed ostilità da parti degli utenti. Il potenziale spostamento alle dipendenze di Veneto Lavoro potrebbe avere l’effetto di aggravare la situazione, rendendo il sistema di assegnazione delle disposizioni inutilmente lento, ancora una volta a discapito dei lavoratori, che per di più non vedrebbero nemmeno la possibilità di una gratificazione salariale.
Secondo il neo eletto con la CGIL per la Rappresentanza Sindacale Unitaria per l’Impiego (RSU) Gianluca Cappellozza, nonché dipendente del Centro per l’Impiego di Vicenza, anche la posizione della CGIL è “contro la proposta dell’assessore Donazzan, tanto che è stato indetto un presidio mercoledì 2 maggio“. Secondo le parole di Cappellozza quella di Donazzan sarebbe una scelta politica, dato che “non si tratta nemmeno di un problema di organici legato all’aumento dei costi. La scelta di Veneto Lavoro, ente che tra il 2011 e il 2014 gestiva la mobilità in deroga, non è una scelta condivisa dai lavoratori, le cui difficoltà non solo resterebbero invariate, ma anzi aumenterebbero, tra pratiche di tirocinio lunghissime e caotiche e la necessità di gestire rapporti diversi a seconda dell’utente“.
Da questo è dipeso il malessere dei lavoratori che, però, vedono il proprio futuro ancora incerto, in un contesto dove il “lavoro narrato” è sempre diverso dal lavoro effettivo.