Pfas: PM chiede archiviazione per i danni ai lavoratori e la Cgil di Vicenza si oppone. Il terzo filone di indagini rischia la prescrizione

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Pfas, da sinistra l'avvocato Edoardo Bortolotto, il segretario generale CGIL di Vicenza Giampaolo Zanni, il segretario della Cgil del Veneto Paolo Righetti, la responsabile dell'INCA provinciale di Vicenza Valeria Baù e la responsabile dell'INCA di Valdagno Giordana Ruzzolini
da sinistra l'avvocato Edoardo Bortolotto, il segretario generale CGIL di Vicenza Giampaolo Zanni, il segretario della Cgil del Veneto Paolo Righetti, la responsabile dell'INCA provinciale di Vicenza Valeria Baù e la responsabile dell'INCA di Valdagno Giordana Ruzzolini

La PM chiede l’archiviazione ma la Cgil non ci sta e si oppone. Si parla ancora di Pfas ma non a proposito del processo in corso sulla contaminazione dell’acqua e sui conseguenti danni alla popolazione provocati dalle emissioni tossiche della Rimar (Ricerche Marzotto, poi diventata Miteni), bensì dell’esposto presentato nel gennaio del 2019 in tema di danni subiti dai lavoratori dell’azienda per patologie collegate a valori elevatissimi nel sangue di sostante perfluoro alchiliche.

Giampaolo Zanni, segretario generale della Cgil di Vicenza e Paolo Righetti. segretario della Cgil del Veneto, affiancati da Valeria Baù, responsabile dell’Inca provinciale, da Giordana Ruzzolini, responsabile di quella di Valdagno, e dall’avvocato Edoardo Bortolotto, hanno incontrato la stampa nella sede di via Vaccari per annunciare il deposito della opposizione e i contenuti della stessa.

L’avvocata Lucia Rupolo del Foro di Padova – ha esordito Zanni – il 1° settembre ha depositato in Tribunale, a nome della Cgil e della Fictem Cgil di Vicenza, opposizione alla richiesta d’archiviazione delle indagini avanzata al Giudice per le Indagini Preliminari dal Pubblico Ministero Alessia La Placa sul tema dei danni subiti dai lavoratori a causa della esposizione alle sostanze Pfas lavorate e prodotte alla Rimar/Miteni di Trissino.

Sono state concluse – ha proseguito Zanni – le indagini sul terzo filone. Erano iniziate nell’agosto del 2020 dopo il nostro esposto in cui lamentavamo la presenza di lavoratori con valori elevatissimi e che secondo noi, a causa di ciò avevano subìto un danno, il bioaccumulo di queste sostanze. Letteratura e studi svolti e in corso stanno, infatti, evidenziando una correlazione tra la esposizione a queste sostanze e una serie di patologie.

“Chiedevamo – ha precisato il segretario provinciale – che si indagasse sulle responsabilità aziendali visto che la Rimar/Miteni, dal 2000 in poi, aveva sempre commissionato gli esami sui lavoratori e da questi dati aziendali, che erano stati trasmessi allo Spisal, risultavano certi valori. C’era già stato un precedente negli Usa e degli studi avevano rivelato la correlazione con i Pfas.

Dopo la richiesta di archiviazione il sindacato ha depositato opposizione su cui il Gip Roberto Venditti dovrà esprimersi.

L’archiviazione ci sembra una cosa ingiusta e negativa – ha sottolineato Zanni – di fronte alla tragedia subita da questo territorio e mentre è in corso un processo per avvelenamento delle acque e i medici riferiscono le patologie subite dalla popolazione nelle zone colpite. Faccio notare che sono persone con livelli nemmeno paragonabili a quelli, stratosferici, dei lavoratori rilevati a suo tempo con strumenti che avevano dei limiti e quindi non sappiamo se i valori fossero ancora maggiori e comunque sono i più elevati al mondo.

Il sindacato ha presentato l’esposto dopo la relazione del Noe, da cui risultava che l’azienda sapeva dell’inquinamento perché aveva commissionato degli studi, sapeva dei valori del Pfas del sangue e non poteva non essere a conoscenza degli studi americani e, dopo, di quelli del dottor Merler sui valori nei lavoratori e sulla loro mortalità.

Quali sono i motivi della opposizione? “Contestiamo – ha spiegato Zanni – la richiesta d’archiviazione per ragioni di merito ed anche per una ragione più generale. Nel merito contestiamo una «sostanziale incompletezza e lacunosità della consulenza tecnica» di cui si è avvalsa la PM, perché rileviamo la mancata presa in considerazione, o erronea interpretazione, di numerosi studi scientifici di assoluto valore sul tema Pfas e danni alla salute. Lamentiamo poi l’assenza di commento e di approfondimento della problematica dei tumori renali e della presenza nei lavoratori di valori che non hanno uguali in tutto il mondo. E, ancora, la carenza sostanziale delle conclusioni dei consulenti rispetto alla problematica dell’ipertensione arteriosa e di altre patologie correlate all’esposizione alle sostanze Pfas e, infine, l’inadeguata valutazione della correlazione tra due tumori insorti in un lavoratore e la sua esposizione alle sostanze.”

In linea generale, secondo il segretario provinciale, c’è la necessità di proseguire le indagini perché i lavoratori in primis e anche tutta la popolazione contaminata hanno il diritto di conoscere i possibili danni alla salute che potrebbero aver subito o subire e di avere risposte circa le eventuali responsabilità di quanto accaduto.

Giordana Ruzzolini, che ha, per conto dell’Inca di Valdagno, raccolto le pratiche dei lavoratori, ha spiegato un altro profilo della attività della Cgil a tutela dei lavoratori: “abbiamo inviato un questionario a circa centodieci lavoratori e i medici, che hanno poi studiato i documenti compilati, hanno individuato la possibilità di segnalare all’Inail quarantadue casi. Sono state presentate altrettante denunce di malattie professionali e, di queste, venti sono state accolte, altre diciassette non ancora evase. Merita evidenza che, a tutte le venti accolte, è stato riconosciuto un 2% che, da un punto di vista economico, è un sotto limite e quindi, di fatto, al lavoratore non è riconosciuto nulla. Ma questa percentuale è molto significativa perché parliamo di lavoratori che non hanno sviluppato ad oggi alcuna patologia. L’Inail, insomma, ha riconosciuto il 2% solo per la esposizione al rischio e per gli elevati valori nel sangue, cosa che non è, nel procedere dell’Inail locale, cosa molto comune.

L’avvocato Bortolotto ha aggiunto alcune puntualizzazioni di natura legale e procedurale. “Preciso, prima di tutto, che la richiesta di archiviazione è motivata dal PM con la prescrizione. C’è, poi, un’altra sottolineatura importante: i due periti dottor La Pira e dottor Di Bello hanno dichiarato che sicuramente le patologie sono state causate dall’esposizione al Pfas e questo sarebbe già un motivo per andare a processo secondo quella che è la giurisdizione della Cassazione. Il problema è che è scattata la prescrizione perché la dottoressa La Placa ha dato al caso una impostazione di lesioni colpose gravi, che ha un termine prescrizionale di sei anni e sei mesi, e, poiché quasi tutte le patologie nei lavoratori si sono manifestate agli inizi del nuovo secolo, la prescrizione è scattata già nel 2006-2007.

Nell’atto di archiviazione del PM – ha proseguito Bortolotto – c’è un pesante accusa nei confronti dei vertici della società e del medico competente perché, dalla relazione dello Spisal 3, incaricato dal magistrato delle indagini, emergono gravi lacune nella gestione dell’impianto, nella manutenzione, di come il professor Costa, un luminare consulente dell’azienda, trattava gli aspetti sanitari del lavoro.

Abbiamo, quindi, chiesto – ha concluso il difensore – anche la modifica dei capi d’imputazione con l’estensione di questi all’art. 437 del Codice Penale, che prevede la rimozione dolosa – e non colposa come sostiene la PM – delle sicurezze a tutela della igiene e della sicurezza sul lavoro e che da essa derivi un disastro o degli infortuni. Secondo noi, infatti, da parte della dirigenza aziendale c’è stata una volontaria non ottemperanza alle normative sul lavoro.”.

E l’accettazione di questa tesi allungherebbe i termini della prescrizione…

 

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Gianni Poggi
Gianni Poggi risiede e lavora come avvocato a Vicenza. È iscritto all’Ordine dei giornalisti come pubblicista. Le sue principali esperienze giornalistiche sono nel settore radiotelevisivo. È stato il primo redattore della emittente televisiva vicentina TVA Vicenza, con cui ha lavorato per news e speciali ideando e producendo programmi sportivi come le telecronache delle partite nei campionati del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi, i dopo partita ed il talk show «Assist». Come produttore di programmi e giornalista sportivo ha collaborato con televisioni locali (Tva Vicenza, TeleAltoVeneto), radio nazionali (Radio Capital) e locali (Radio Star, Radio Vicenza International, Rca). Ha scritto di sport e di politica per media nazionali e locali ed ha gestito l’ufficio stampa di manifestazioni ed eventi anche internazionali. È stato autore, produttore e conduttore di «Uno contro uno» talk show con i grandi vicentini della cultura, dell’industria, dello spettacolo, delle professioni e dello sport trasmesso da TVA Vicenza. Ha collaborato con la testata on line Vvox per cui curava la rubrica settimanale di sport «Zero tituli». Nel 2014 ha pubblicato «Dante e Renzo» (Cierre Editore), dvd contenente le video interviste esclusive a Dante Caneva e Renzo Ghiotto, due “piccoli maestri” del libro omonimo di Luigi Meneghello. Nel 2017 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza il documentario «Vicenza una favola Real» che racconta la storia del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi e G.B. Fabbri, distribuito in 30.000 copie con il quotidiano. Nel 2018 ha pubblicato il libro «Da Nobile Provinciale a Nobile Decaduta» (Ronzani Editore) sul fallimento del Vicenza Calcio e «No Dal Molin – La sfida americana» (Ronzani Editore), libro e documentario sulla storia del Movimento No Dal Molin. Nel 2019 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza e Videomedia il documentario «Magico Vicenza, Re di Coppe» sul Vicenza di Pieraldo Dalle Carbonare e Francesco Guidolin che ha vinto nel 1997 la Coppa Italia. Dal 9 settembre è la "firma" della rubrica BiancoRosso per il network ViPiù, di cui cura anche rubriche di cultura e storia.