Ogni anno, c’è chi tenta di gettare discredito sulla Festa del 25 Aprile, la Festa della Liberazione, ossia la nostra Festa civile più importante, la nostra Festa Nazionale, dicendo che essa è “divisiva”.
John Austin, in una prima formulazione della sua teoria degli “atti linguistici”[1] chiamò “enunciati performativi” quelli che, venendo proferiti, creano la realtà, non la descrivono: per esempio, dicendo «Ti chiedo scusa» oppure dicendo «Ti ringrazio per il tuo aiuto» oppure dicendo «Benvenuto», non sto descrivendo l’azione di scusarmi o di ringraziarti o di darti il benvenuto, ma la sto compiendo, la sto facendo; non sto descrivendo la realtà ma la sto creando, sto compiendo l’azione (linguistica), sto scusandomi o sto ringraziando o sto dando il benvenuto.
E infatti, poiché i tre enunciati non sono descrittivi (sono performativi), non possono essere veri o falsi. L’enunciato «Ti chiedo scusa» non può essere vero o falso; l’enunciato «Ti ringrazio per il tuo aiuto» non può essere vero o falso; l’enunciato «Benvenuto» non può essere vero o falso. A uno che ci dica «Ti ringrazio per il tuo aiuto» non possiamo rispondere dicendo «Vero!» (o «Falso!»), ma semmai dicendo «Prego!»
Bene, analogamente, chi dice che la Festa del 25 Aprile sia divisiva non sta descrivendo una realtà, ma la sta creando: la Festa del 25 Aprile è divisiva perché lui lo dice.
«La Festa del 25 Aprile è divisiva» non è un enunciato descrittivo, è un enunciato performativo: crea la divisione, non la descrive; chi lo dice vuole la divisione, non la sta descrivendo o tantomeno lamentando. A chi dice «La Festa del 25 Aprile è divisiva» non possiamo rispondere «Vero!» (o «Falso!»), ma possiamo solo rispondere: così è finché continui a dirlo.
Detto questo, c’è un senso, solo uno, in cui è vero che la Festa del 25 Aprile è divisiva, c’è un solo senso in cui l’enunciato «La Festa del 25 Aprile è divisiva» risulta vero: nel senso che chi celebra questa festa, chi si riconosce in essa, divide gli antifascisti dai fascisti, mettendo i primi dalla parte della ragione (libertà, giustizia, diritti, pluralismo) e i secondi dalla parte del torto (dittatura, sopraffazione, negazione dei diritti, razzismo, monopartitismo).
Infatti, la Festa del 25 Aprile è quella della liberazione dal nazifascismo. Chi può lamentarsi di questa divisione?
Può lamentarsi di questa divisione chi la ritiene anacronistica, non più attuale; chi pensa che non ci siano più fascisti e pensa quindi che alimentare la divisione tra fascisti e antifascisti sia come alimentare la divisione tra, che ne so, fenici e antifenici; chi pensa che i fascisti siano una invenzione degli antifascisti. Ma si può pensare questo vedendo quello che succede?
Oppure, può lamentarsi di questa divisione chi, avendo simpatia per il fascismo, pensa che non sia vero che l’antifascismo è dalla parte della ragione: ma si può pensare questo conoscendo la storia e riconoscendo la Costituzione?
[1] J.L. Austin, Performativo-Constativo, in Marina Sbisà (a cura di), Gli atti linguistici, Feltrinelli, Milano 1978; J.L. Austin, Come fare cose con le parole, Marietti, Genova 1987.
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