Oggi, venerdì 15 novembre, alle 20.45, la Fondazione Zoé di Vicenza ha fatto da palcoscenico a un evento unico nel suo genere: la conferenza-spettacolo “Cieli arancioni, apocalissi pop“. A condurre l’incontro è stato Jacopo Bulgarini d’Elci, giornalista e critico televisivo di esperienza, nonché direttore del progetto Mondoserie.it. L’evento si colloca nel ciclo di appuntamenti “One Health – Gli orizzonti della salute” (clicca qui), un percorso multidisciplinare che esplora l’interconnessione tra salute umana, animale e ambientale.
Attraverso un’appassionante carrellata di scene tratte da celebri film e serie TV, Bulgarini d’Elci ha raccontato, davanti a una sala piena, attenta e “preoccupata”, come la cultura popolare abbia rappresentato e, in certi casi, anticipato le tematiche del cambiamento climatico e delle crisi ecologiche. Il pubblico è stato guidato in un viaggio tra le narrazioni distopiche che hanno segnato l’immaginario collettivo, partendo da pellicole come The Day After Tomorrow e Mad Max, passando per l’animazione giapponese di La principessa Mononoke, fino a giungere a serie contemporanee come The Last of Us.
Uno dei momenti più intensi della serata è stato l’approfondimento dedicato a Blade Runner 2049, film che ha saputo visualizzare un futuro segnato da disastri ambientali e cieli arancioni. Una visione che si è rivelata tragicamente profetica il 9 settembre 2020, quando la Bay Area di San Francisco si è svegliata sotto un cielo color ruggine, causato dai devastanti incendi in California. “In quel momento, la fantasia si è trasformata in realtà,” ha commentato Bulgarini d’Elci. “Sempre più spesso, nei nostri tempi accelerati, finzione e realtà si scambiano di posto, confondendosi in un intreccio che rende difficile discernere quale influenzi maggiormente l’altra.”
Bulgarini d’Elci ha sottolineato come il cambiamento climatico, da decenni presente nell’immaginario pop, sia spesso stato utilizzato per creare intrattenimento spettacolare. Tuttavia, tali rappresentazioni non sono prive di conseguenze. “Il cinema e la televisione hanno il potere di amplificare i nostri timori” ha spiegato, “ma allo stesso tempo rischiano di banalizzare temi cruciali, trasformando un allarme globale in puro spettacolo.”
Per rafforzare questa idea, ha citato opere come Soylent Green, che immagina un futuro in cui l’umanità si ritrova a consumare risorse prodotte con metodi disumani, o The Road, romanzo e film che rappresentano un mondo devastato da catastrofi ambientali.
La conferenza-spettacolo ha esplorato anche la storia della rappresentazione del climate change nella cultura pop. Dagli anni Sessanta, con il pionieristico libro di Rachel Carson Primavera silenziosa, passando per la fantascienza ecologica di J.G. Ballard, fino a Mad Max negli anni Settanta e The Day After Tomorrow nel nuovo millennio, le narrazioni climatiche hanno tracciato un percorso che riflette la crescente consapevolezza globale sul tema. Particolarmente toccante è stato il riferimento a Carl Sagan, che già nel 1985 metteva in guardia sull’urgenza di agire per contrastare i cambiamenti climatici, ammonendo che “se non interveniamo ora, sarà troppo tardi.”
Jacopo Bulgarini d’Elci ha poi sottolineato come la cultura pop abbia addirittura spesso anticipato, più che seguito, i moniti della scienza. Film come Waterworld o serie come Snowpiercer hanno immaginato mondi trasformati dai cambiamenti climatici molto prima che tali scenari diventassero realtà tangibili. Eppure, ha osservato, “nonostante decenni di avvertimenti, sembriamo incapaci di agire. La nostra tragedia non è quella di Edipo, che agisce senza sapere, ma quella di Amleto, che conosce la verità e resta immobile.”
Un altro tema centrale della serata è stato il rapporto tra narrazioni catastrofiche e inazione collettiva. “La spettacolarizzazione delle crisi ambientali, per quanto utile a sensibilizzare, rischia di alimentare la sfiducia,” ha spiegato Bulgarini d’Elci. “Molti spettatori tendono a relegare questi temi nel regno della finzione, considerandoli meno reali proprio perché troppo drammatici.” Questo paradosso, ha aggiunto, è stato recentemente evidenziato dal film Don’t Look Up, che, con la sua satira, ha raccontato l’inerzia dell’umanità di fronte a una catastrofe imminente.
Non sono mancati accenni a esempi più recenti, come Interstellar di Christopher Nolan, che immagina un futuro in cui l’umanità deve abbandonare la Terra devastata, o Before the Flood, documentario prodotto da Leonardo DiCaprio che denuncia con forza l’urgenza di interventi concreti.
La serata si è conclusa con una riflessione profonda sul ruolo dell’immaginario collettivo: “La cultura pop non è solo uno specchio delle nostre paure, ma può essere un motore di cambiamento,” ha affermato Bulgarini d’Elci. “Siamo stati avvertiti da decenni, e ora non possiamo più ignorare ciò che abbiamo davanti agli occhi. Il cambiamento climatico non è solo uno scenario futuro: è la nostra realtà presente. Sta a noi decidere se continuare a suonare come l’orchestra del Titanic o se iniziare finalmente a cambiare rotta.”
Un messaggio forte, che ha lasciato il pubblico pensieroso e consapevole dell’urgenza di agire mentre sullo schermo erano appena passate le immagini di un Trump, di nuovo Commander in chief della nazione più potente del mondo, azzerare i timori sul Climate change degli scienziati basandosi sull’assunto che grandi cambiamenti climatici siano già avvenuti nelle ere geologiche, con o senza essere umani sulla terra, e che come arrivano così “retrocedono”.
Alla domanda della giornalista Usa che gli chiedeva su quali prove e su chi gliele avesse esibite, Trump rispondeva sicuro: “Lo dice la gente”…
Luci accese e Jacopo Bulgarini d’Elci in piedi: il pubblico applaude senza la forza di fare domande. Preoccupato? Sarebbe il miglior risultato del messaggio del narratore.