Cile (qualcosa di personale): eletto presidente della repubblica Gabriel Boric della sinistra (vera), sconfitto ultraconservatore José Antonio Kast

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Cile festeggia presidente della repubblica Gabriel Boric
Cile festeggia presidente della repubblica Gabriel Boric

Capita che uno si sveglia un lunedì mattina presto, molto presto, e guarda qualche notizia per passare il tempo. Ne cerca una in particolare e, quando la trova, legge che in Cile è stato eletto presidente della repubblica Gabriel Boric, esponente della sinistra (vera) che ha sconfitto quello che viene definito l’ultraconservatore José Antonio Kast, un vero è proprio erede di Pinochet al quale si riferisce spesso. Insomma, forse sarebbe giusto definirlo un fascista. Capita, non frequentemente, ma capita. E, così, la giornata inizia bene, con un sorriso e qualche ricordo indelebile.

Sì, perché quando 51 anni fa Allende diventò presidente, io ero in Perù e ricordo l’entusiasmo con il quale il generale progressista Juan Velasco Alvarado salutò il nuovo presidente socialista che aveva vinto le elezioni in Cile.

Una festa che ricordo ancora. Come ricordo ancora mio padre che andava spesso, per lavoro, in Cile e quando tornava ci raccontava di cosa stava facendo il governo di Allende. Ci diceva della fatica di uscire dal giogo statunitense, delle difficoltà dovute all’aggressione imperialista che iniziava a farsi sentire sempre più violenta con l’attacco economico, il crollo  del prezzo del rame, gli attentati. E ci raccontava dei compagni che stavano lottando nelle Istituzioni e nelle piazze per affermare la giustezza del corso socialista che aveva iniziato a percorrere il nuovo Cile. Della cultura che invadeva le strade. Un’aria nuova, felice, piena di speranza.

E poi quell'11 settembre del 1973, il colpo di stato di Pinochet, gli ordini crudeli e sanguinari che gli Stati Uniti gli avevano dato, gli stadi di calcio trasformati in lager, le decine di migliaia di morti, i sorrisi di Kissinger, i desaparecidos"… gli esuli che riuscivano a scappare da quel Cile che non era più un paese ma una prigione.

Sì, gli esuli … ricordo i volti di quelli che trovarono, seppur breve, rifugio a casa mia, i loro racconti, i loro sorrisi, la tristezza che arrivava improvvisa a ricordare loro che, molto probabilmente, non sarebbero mai più tornati in Patria. Passavano, diretti nei paesi dell’Est Europa che li accoglievano. Persone semplici, mai dome, che spiegavano a me e mio fratello l’importanza di continuare a credere negli ideali di solidarietà e libertà, di lottare per il socialismo.

E poi, Wojtyla con Pinochet, l’incontro vergognoso del papa con il dittatore fascista … Ricordo e bene quando Pinochet fu sconfitto al referendum. E ricordo che pochi hanno pagato per i massacri compiuti. Ricordo anche la recente repressione violenta del potere di destra contro i  lavoratori e gli studenti, le decine di accecati dalle pallottole dei “carabineros” … Ricordo.

Ed è per tutto questo che oggi è, per me, una bella giornata. Meravigliosa. E non perché fuori sta albeggiando e si alza un pallido sole che prelude a quella limpidezza invernale che fa vedere lontano. Lo è perché la notizia che arriva dal Cile è di quelle che muovono a una “felice commozione” forse romantica ma assolutamente sincera.

Perché qualcosa cambia, si trasforma, imbocca il verso giusto di un percorso lungo e faticoso, forse, ma luminoso.

Continua l’onda progressista in quell’America Latina che tanto amo. Perché rivivo l’entusiasmo della mia giovinezza, il sapere che si può ancora vincere.

Perché ho voglia di abbracciare il popolo cileno, di rivolgere a tutti loro un semplice grazie per un risultato così bello e grande che non ha prezzo.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.