Ciu(c)a Matta, ovvero la cucina rabbiosa del riciclo

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Cucina del riciclo
Cucina del riciclo

(Articolo sulla cucina del riciclo da VicenzaPiù Viva n. 12sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

Per pigra abitudine i semplici ma evidentemente irrinunciabili du’ spaghi oppure porte aperte alla dispensa e alla… fantasia.

Come tutto ciò che nasce spontaneo, che fa eco alla tradizione popolare e che incarna innanzitutto un sentimento, non è dato sapere come si scriva esattamente Ciu(c)ca Matta. Se la dicitura esatta sia ciuca, con una sola C, o ciucca con due C. Nel primo caso chiamerebbe in causa la femmina dell’asino, nel secondo una sbornia, ma il nostro simpatico neologismo non ha a che fare con nessuna delle due. O forse si. In effetti, a ben vedere, la storia che vado a raccontare si riconduce in qualche modo all’asinità e anche ai fumi, se non dell’alcol, quelli che escono dalle orecchie. Nessun dubbio su Matta: è proprio una storia di matti, che fanno diventar matti. Una storia che però ha il suo lieto (e gustoso) fine: il ritrovato senno, se non altro rispetto allo spreco alimentare.

Cucina del riciclo
Cucina del riciclo

Ok, vi ho confusi abbastanza e prima che impazziate anche voi, comincio a raccontare.
C’era una volta una famiglia molto formale in visita semi-formale, di più giorni, a una famiglia (la nostra) molto rispettosa della forma, ma nemica della formalità. Siccome a casa nostra l’ospite è sacro e la tavola ancora di più, partì con giorni di anticipo la giostra del che-cosa-cucino-che-cosa-gradiranno- mangiare. Una questione tutt’altro che amletica chez nous, visto che -tra fantasia e scioltezza ai fornelli- la risposta non si è mai fatta attendere, anzi è sempre arrivata fulminea, oltre che profumata e invitante.
Ahinoi però, quella volta è stato l’oste a fare i conti senza avventori. O almeno senza quel tipo di avventori. Ogni pasto amorevolmente preparato veniva infatti puntualmente rifiutato, con fare non abbastanza formale da camuffare la sostanziale maleducazione, invocando dei semplici, anonimi ma evidentemente irrinunciabili… du’ spaghi.
Spaghi dopo spaghi, nel frigo si accumulavano gli avanzi (si potranno poi chiamare avanzi, se proprio non sono stati nemmeno assaggiati?), ma soprattutto nell’animo si accumulava la rabbia.
Finché un mattino, vagando tra le bancarelle del mercato, ecco -in un colpo solo- la fulminazione e l’ispirazione. Da una cassetta di ortaggi verdi non meglio definiti emergeva precario un cartello con scritto a mano, in maniera non perfettamente decifrabile, qualcosa che il destino volle interpretassimo come, appunto, Ciu(c)a Matta. Come questo abbia automaticamente portato a concepire il piano diabolico -che vado subito a svelare- resta un mistero, ma è probabile che quel Matta ci abbia fatto definitivamente ammattire, appunto: messa a dura prova per giorni, la nostra pazienza e anche il nostro atavico e proverbiale senso dell’ospitalità, abbiamo perso ogni freno inibitorio e meditato vendetta. Che nel nostro caso sarebbe stato un piatto (davvero, senza metafore) servito ben caldo, altro che freddo. La nostra personale interpretazione di Ciuc(c)a Matta, appunto.

cucina
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Si, perché, una volta rientrate sul luogo del delitto (quello di disdegnare i nostri manicaretti), abbiamo versato in un’ampia casseruola tutto il banchetto “cortesemente” rispedito al mittente durante la settimana e relegato tristemente in frigo, abbiamo aggiunto acqua, insaporito, regolato di sale e spezie -nonché condito idealmente con un sano pizzico di rivalsa- e, infine, abbiamo frullato tutto per bene con la miglior invenzione dell’uomo, prima della friggitrice ad aria: il Minipimer.
Se gli altri elettrodomestici si possono definire infatti semplici alleati, il Minipimer è un vero complice, senza il quale sarebbe difficile far riuscire la truffa di far mangiare (con gusto) quel che non era gradito. Ma non voglio spoilerare troppo. Proseguiamo la storia. La vellutata originale (e ovviamente irripetibile) che è nata dal forse azzardato ma riuscitissimo remix culinario una volta portata in tavola e spacciata come specialità poco nota, dall’insolito ed enigmatico nome di Ciuc(c)a Matta, non solo ha fatto scordare agli ignari commensali i soliti, venerati du’ spaghi, ma ha incontrato un altissimo gradimento tanto che… non ne è avanzata nemmeno un po’. Ci è stato persino chiesto come poterla replicare e noi: “spiacenti, ma è una ricetta segreta di famiglia”. Mica abbiamo mentito… Dopo anni ne ridiamo ancora e credo ne rida sollevato anche il frigorifero, mai più sovraffollato di cibi disdegnati da chi non è degno.

cucina
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Se la ripicca ha avuto la sua bella parte, la morale della favola no, non è chi la fa l’aspetti, ma piuttosto impara a mangiare bene e vario, fai spazio alla creatività e soprattutto non sprecare il cibo. E oggi che, con una figlia adolescente dimentica di come è stata svezzata e nutrita, il “nemico” non ce l’ho in visita ma “a pensione”, ogni giorno a casa mia la cucina del riciclo si conferma la più sfiziosa, la più fantasiosa e la più apprezzata. Quello che viene mangiato solo sotto minaccia o tenacemente rifiutato dalla donzella, mescolato a quanto avanzato nel frigo, segue la regola del niente muore, tutto si trasforma.
Spaghetti (ancora loro, mannaggia) che tritati finiscono nella frittata, risotto che alimenta pseudo arancini, polpette al sugo che diventano il ripieno di maxi gnocchi di patate, arrosticini di agnello che si fanno protagonisti di couscous con cipolle e menta, indecifrabili ma buonissimi sughi misto tutto per la pasta, polenta a fettine per un pasticcio (ndr: lasagne per i non veneti) sui generis, pane vecchio ingrediente principe di canederli dalle vaghe evocazioni tirolesi (ma molto più buoni)… e naturalmente vellutate a gogo. E la cosa più bella è che non sono solo i commensali a gioire (l’adolescente, ciucca lei si, è riuscita a mangiarsi di gusto una ventina di polpettine Ciuc(c)a Matta!), ma ad avere soddisfazione sono sia la cuoca che l’economia domestica.
Mixate gente, mixate!