Il Glasgow climate pact, l’accordo sul clima uscito dal summit della Cop26, poteva essere un accordo storico, invece rispecchia il presente, fatto di interessi e altre priorità dei governi rispetto alla lotta contro i cambiamenti climatici. Ieri, appena terminata la plenaria, le agenzie hanno battuto: “Glasgow, approvato accordo sul clima: sì da tutti i 197 Paesi dell’Onu”. Poi, pian piano si scopre che non c’è il fondo per i Paesi in via di sviluppo, già promesso 12 anni fa. E ancora: all’ultimo minuto India e Cina hanno ottenuto la cancellazione della clausola sull’eliminazione del carbone. (qui tutti gli articoli della nostra rubrica “Il costo della transizione ecologica”)
India e Cina vs Paesi piccoli
Lo ha comunicato ieri sera il segretario generale dell’Onu, António Guterres: “Il risultato della #COP26 è un compromesso che riflette interessi, contraddizioni e lo stato del potere politico oggi nel mondo”. Un accordo, per molti, «annacquato». Il punto che più di tutti ha fatto discutere riguarda il riferimento all’eliminazione del carbone come fonte di energia. Nel testo finale è stato sostituito il termine “eliminazione” con “riduzione graduale del carbone”, senza riferimenti a date precise. Rimane l’accordo europeo di abbattere le emissioni del 45% entro il 2030.
La Svizzera è il paese che più di tutti è insorto contro questo “colpo di mano”. Il presidente del vertice sul clima delle Nazioni Unite, Alok Sharma, ha dovuto dire davanti ai delegati degli altri paesi di essere “profondamente dispiaciuto”. Era chiaro che India e Cina avevano vinto il braccio di ferro sul clima. Delegati di Paesi più piccoli come Isole Marshall e delle Isole Fiji si sono lamentati di non aver potuto riaprire la bozza del testo.
Il fondo per i paesi in via di sviluppo
L’accordo ha scontentato anche i Paesi in via di sviluppo. A loro era stato promesso di ricevere 100 miliardi all’anno per favorire la transizione ecologica con l’accordo preso ancora nel 2015 a Parigi. Ma i soldi che finora sono arrivati non hanno mia raggiunto quota 100 miliardi. E nel testo finale della Cop26 non sarebbero presenti impegni a garantire questo finanziamento da parte dei Paesi ricchi.
Manca anche il riferimento al fondo destinato ai luoghi più esposti al cambiamento climatico per mitigare danni e perdite dovuti ad eventi estremi. Tra i Paesi più colpiti ci sono Ciad, Bangladesh, Niger, Haiti e la Repubblica centro-africana. “Il documento finale della Cop26, che sta per essere votato nell’assemblea plenaria, sancisce la vittoria delle lobby delle fonti fossili”, ha dichiarato il co-portavoce nazionale di Europa Verde, Angelo Bonelli.
L’Italia
Anche l’Italia, organizzatrice del vertice insieme al Regno Unito, ha mancato alcuni appuntamenti importanti. I delegati italiani non hanno infatti firmato l’accordo globale per fermare entro il 2035 il commercio di auto inquinanti. Paesi come Cina, Germania e Stati Uniti, e importanti case automobilistiche come Ford, General Motors, Volo e Mercedes Benz, hanno aderito all’Accordo di Glasgow sulle emissioni zero dei veicoli. Tra i firmatari figurano 31 Paesi, 11 aziende automobilistiche e 38 Regioni e città. Tra chi non ha firmato, invece, oltre a Bmw, c’è l’Italia.
Molti si sono detti stupiti, visto che è tra i paesi più “motorizzati”, con 655 auto ogni 1000 abitanti. Inoltre il settore dei trasporti italiano incide per il 25% sulle emissioni del Paese. Il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha definito l’accordo sulle auto a zero emissioni entro il 2035 «trappola ideologica», e per questo l’Italia non avrebbe firmato.
Anche l’entrata dell’Italia nell’alleanza «Boga», Beyond oil and gas è stata cauta. Tra i livelli di adesione “core member”, “associate” e “friend”, il nostro Paese preferisce restare amico. Ma almeno è tra i pochi ad averci aderito, visto che sono solo 11 i peasi firmatari che intendono abbandonare le fonti fossili. “Arrivare al 2030 con il 70% di energia elettrica pulita” è il piano che ha annunciato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani.