La settimana passata ho scritto un articolo (https://investire.aduc.it/editoriale/tesla+perche+azienda+azione+unica+parte+prima_33352.php) illustrando le ragioni per le quali ritengo che Tesla sia un’azienda unica. Nei giorni successivi, l’azienda ha comunicato risultati finanziari eccezionali, relativi al terzo trimestre. Tali risultati erano stati preceduti da un notevole aumento del prezzo dell’azione il quale, prima della divulgazione, si era portato molto vicino ai massimi storici. Dopo l’annuncio ha sfondato il precedente massimo di 900 dollari. Per chi conosce i meccanismi tipici dei mercati finanziari, questo è un segno di grande forza (1) – afferma nel comunicato che pubblichiamo Alessandro Pedone, responsabile Tutela del Risparmio per l’associazione Aduc (qui altre note Associazione per i diritti degli utenti e consumatori su ViPiu.it, ndr).
Ieri (25 Novembre 2021) sono uscite due notizie che hanno spinto la capitalizzazione totale di Tesla oltre il trilione di dollari, facendola entrare nell’élite delle 5 aziende al mondo con una capitalizzazione superiore al trilione di dollari.
Questo dovrebbe mettere in guardia gli investitori che pensano di investire adesso in Tesla. Per poter guadagnare, non è sufficiente che l’azienda faccia le cose eccezionali (in termini di produzione e vendita di auto) che già è previsto che faccia. E’ necessario che faccia cose molto più importanti, come quelle che ho riportato nel precedente articolo (: https://investire.aduc.it/editoriale/tesla+perche+azienda+azione+unica+parte+prima_33352.php). Questo richiede anni, non mesi.
Per chi pensasse di investire in Tesla, specialmente in questa fase, è fondamentale comprendere che sta iniziando un viaggio il quale vedrà tante curve, tante salite, ma anche tante violente discese. Sottolineo: violente, discese.
Se non si prepara ad affrontarle potrebbe non arrivare “sano e salvo” a destinazione.
In questo articolo desidero introdurre le basi teoriche per rispondere alle domande tipiche che si pongono gli investitori: quando investire, quanto investire, quale strategia seguire?
Fornirò alcuni punti di vista poco diffusi fra i cosiddetti “esperti” dei mercati finanziari ed in particolare mi concentrerò sul concetto di “euristica essenziale”.
Il primo articolo (https://www.aduc.it/editoriale/investimenti+cosa+puo+insegnarci+folle+corsa+della_30612.php) che scrissi su Tesla, il 4 Febbraio 2020, pur parlando a lungo dell’azienda e motivando le prospettive eccezionali che vedevo, voleva ribadire l’importanza di fondare le strategie d’investimento sugli obiettivi. Per “obiettivi” non intendiamo il rendimento, ma “il perché investiamo oltre al rendimento”. In altre parole a cosa ci serve il rendimento al quale aneliamo.
Nell’articolo proposi una strategia volta ad acquistare una macchina Tesla “spendendo” la metà. Ovvero, investendo la metà del suo prezzo in azioni e “attendendo” che l’altra metà ce la mettessero i mercati finanziari. Appariva una cosa impossibile, ma ad oggi, chi avesse seguito le indicazioni dell’articolo, non avrebbe solo la metà della del prezzo, ma l’intero prezzo pagato dai mercati finanziari! Sia chiaro, non ci vogliamo prendere meriti che non ci competono. Io stesso, che ho scritto l’articolo, non mi sarei mai aspettato un risultato del genere. Ciò che però invece trovo utile sottolineare è che solo la combinazione di un obiettivo molto stimolante (per coloro ovviamente che lo trovano tale) ed una strategia sensata, avrebbe messo l’ipotetico investitore nelle condizioni di cogliere questa pazzesca opportunità che è stata generata dai mercati finanziari.
Così come quel primo articolo voleva ribadire l’importanza degli obiettivi, il presente – ed il prossimo, che entrerà più nei dettagli pratici – vuole partire dal clamore del caso Tesla per sottolineare l’importanza delle euristiche essenziali in finanza, argomento di cui si parla pochissimo, sebbene – sotto, sotto – molti utilizzano euristiche senza farlo sapere troppo in giro. Lo scopo è far comprendere perché, in molti casi, questo approccio sia di gran lunga preferibile, specialmente per gli investitori non professionali.
Nel prossimo articolo entreremo nei dettagli estremamente pratici e presenterò un foglio di calcolo che paragona alcune euristiche sui dati riferiti ad azioni e periodi di riferimento a scelta dell’utente, naturalmente partendo dal caso di Tesla (ma l’utente può mettere l’azione che preferisce, scegliendole fra le migliaia quotate in USA).
Condividerò questo foglio di calcolo con chi lo richiede, presentandosi sul mio profilo LinkedIn e motivando le ragioni per le quali è interessato ad utilizzare questo strumento. Partiamo!
Il processo per la presa delle decisioni in finanza
Prendere una decisione finanziaria, in ultima istanza, significa rispondere a tre domande:
Cosa compro (o vendo)?
Quanto compro (o vendo)?
Quando lo faccio?
L’investitore non esperto (e – tristemente – anche la maggioranza dei cosiddetti esperti) si focalizza solo su queste cose, dando per scontato tutta una serie di concetti alla base che non solo non sono per niente scontati, ma sono proprio diversi da quelli che intuitivamente si tende a pensare.
Ipotizziamo che la risposta a “cosa compro?” sia proprio: Tesla.
Se l’investitore non risponde prima, in modo non scontato, alla domanda “Perché voglio investire in Tesla?” qualunque risposta alle domande successive rischia fortemente di portare a risultati deludenti.
Ciò che comunemente si da per scontato, sbagliando, è che la sola ragione per la quale si investe è “ottenere un rendimento”. Questo è scontato, ma parziale.
La scelta di investire i propri soldi in un modo o nell’altro ha una quantità enorme di collegamenti con la nostra psiche e le nostre emozioni sui quali è importantissimo fare luce. Possiamo scegliere di investire in Tesla perché:
abbiamo paura di perdere un’occasione
abbiamo delle minusvalenze da recuperare che ci fanno stare male
crediamo nell’azienda
ci fa sentire più intelligenti
ci piace parlarne nella nostra cerchia di conoscenti
vogliamo sentirci parte di una rivoluzione tecnologica in atto
si adatta bene, per alcune caratteristiche, alla nostra strategia/piano
vogliamo lasciare le azioni a nostro figlio
vorremmo comprare una Tesla, per sfizio, ma non abbiamo abbastanza soldi
vogliamo poter aver il “sogno” di arricchirsi
ecc., ecc. ecc.
Questi sono solo alcuni dei motivi per i quali si decide di investire in Tesla che si aggiungono al motivo più scontato: “si spera che il titolo possa salire in un imprecisato futuro, il più breve possibile”.
Quasi nessuno si domanda, seriamente, perché investe. Si ferma alla risposta scontata (per guadagnare), perdendo così la parte più qualificante dell’informazione che serve per impostare una strategia/piano d’investimento veramente adatta al suo caso specifico.
Se si comprende che individuare questo “perché” più complessivo è importante, allora siamo già a buon punto, anche se non è facile essere onesti con sé stessi e scoprirlo da soli. L’ideale sarebbe potersi servire di un professionista che sia formato a questo scopo e sappia farci le domande giuste. In assenza, una buona tecnica che puoi provare ad utilizzare è quella della “catena dei perché”. Ovvero interrogarsi, un po’ come fanno i bambini, sui “perché delle risposte ai perché”.
Se hai scelto che vuoi investire in Tesla, prendi un foglio e scrivi tutte le ragioni per le quali vuoi farlo. Per ciascuna di queste chiediti: “perchè lo credo?” e/o “perché lo voglio?”
Ad esempio: se riconosci che vuoi investire in Tesla perché pensi che crescerà molto di più di tutte le altre aziende, domandati: perché voglio investire in un titolo che penso possa molto di più di tutte le altre aziende? Potresti rispondere “perché voglio guadagnare tantissimo”. Allora domandati: perché voglio guadagnare tantissimo?
Cerca di essere onesto con te stesso, scava in profondità. Se lo farai correttamente vedrai che è l’esercizio più utile che tu abbia mai fatto in relazione agli investimenti finanziari.
Partire dai perché, cioè dai veri obiettivi d’investimento è sicuramente la cosa più importante in un corretto processo che porti a prendere scelte d’investimento veramente utili per l’investitore. Una volta chiariti gli obiettivi ed identificati gli strumenti (che si ritiene essere) in grado di raggiungerli, si può passare al resto del processo, ovvero definire le risposte alle domande: quanto investire, quando investire e come farlo.
Per poter rispondere a queste domande è necessario prima soffermarci ancora un po’ su un altro concetto di base.
Decisioni in condizioni d’incertezza
C’è una profonda differenza fra un contesto di rischio ed un contesto di incertezza.
Ricordiamo brevemente la differenza fondamentale tra i due termini, ne abbiamo parlato a lungo qui (https://avvertenze.aduc.it/articolo/decisioni+probabilita+investimenti+finanziari_29203.php).
C’è rischio se non si conosce un evento futuro, ma si conoscono le probabilità associate con una ragionevole accuratezza. C’è incertezza se non solo non si conosce l’evento futuro, ma non si conoscono neppure le probabilità associate. Per capire velocemente, si usa fare l’esempio del gioco degli scacchi contro il gioco del poker.
Nel gioco degli scacchi non sappiamo cosa giocherà l’avversario, ma conosciamo tutte le possibilità (e quindi possiamo fare tantissimi calcoli).
Nel gioco del poker, non solo non sappiamo quali carte ha in mano l’avversario ma non c’è modo di sapere se sta bluffando o meno.
Nella teoria delle decisioni si dice che gli scacchi sono un gioco ad informazione completa, il poker ad informazione incompleta. La finanza è un gioco ad informazione fortemente incompleta, cioè è dominato dall’incertezza.
Fra gli esperti di finanza è una consuetudine parlare di incertezza dei mercati finanziari, ma poi praticamente tutti continuano ad usare strumenti utili in un contesto di rischio.
Quando prendono le scelte – di fatto – ignorano che le probabilità future non sono note e approssimano le probabilità future con una versione più o meno semplificata di quelle passate. Questo è quello che fanno praticamente tutti gli esperti di finanza, la tua banca, il tuo intermediario finanziario, quasi certamente il tuo consulente, se ne hai uno.
Perché lo fanno? Sono tutti sciocchi? No, lo fanno per due ragioni.
La prima è ché per una larga parte del tempo è una approssimazione abbastanza ragionevole, nelle poche volte che non funziona, crea disastri ma – come si dice – “mal comune mezzo gaudio”. Quindi è preferibile sbagliare in tanti che rischiare molto per avere ragione da solo.
La seconda ragione è che l’alternativa, cioè usare le euristiche essenziali, porta pochi vantaggi economici agli intermediari, come si capirà meglio nel prossimo paragrafo.
Che cos’è una euristica essenziale?
Il termine “euristica” deriva dal greco e significa “scoprire” o “trovare”. In filosofia il termine risale a Kant (ma il concetto è molto precedente) e si riferisce a quell’insieme di strategie, tecniche e procedimenti inventivi usati dalla scienza per risolvere un problema.
In psicologia, invece, le euristiche sono delle regole semplici che spiegano come gli esseri umani prendono decisioni in situazioni complesse ed incerte, senza poter calcolare tutte le ipotesi come farebbe un algoritmo eseguito da un computer.
L’euristica che sta a fondamento di tutte le altre euristiche è la seguente: “prova, sbaglia, fai una prova diversa e ripeti fino a quando non trovi il modo giusto, poi usa sempre il modo che continua a funzionare”.
Detto in modo meno pomposo ed accademico, l’euristica è la banale applicazione dell’esperienza e del buonsenso alle decisioni.
Personalmente, considero Gerd Gigerenzer lo psicologo che maggiormente ha contribuito a fare chiarezza sull’importanza delle euristiche nelle scelte in condizioni d’incertezza. Lo scienziato tedesco ha teorizzato il concetto di euristica “fast-and-frugal” (traducibile come “essenziale”), dimostrando come in tutti i contesti nei quali vi è incertezza e complessità (due concetti distinti, ma nella pratica spesso associati) è molto più efficace e resiliente utilizzare le euristiche essenziali, rispetto alle regole matematiche, algoritmi tradizionali (2) e più in generale rispetto a tutte le forme di calcolo puntuale.
Questo avviene perché in condizioni di incertezza e di complessità, più si tenta di calcolare e più stiamo facendo assunzioni implicite sul futuro. Ma più assunzioni sul futuro facciamo e maggiori sono i fattori che possono rendere inutili o dannosi quegli stessi calcoli.
Gli esseri umani sono abituati ad usare le euristiche e questo, al contrario di quanto una certa finanza comportamentale – in una prima fase – ha cercato di sostenere, non è affatto un male. Le euristiche sono un prezioso frutto della nostra evoluzione, che ci consente di prendere decisioni molto difficili, con un consumo estremamente ridotto di energie.
Naturalmente possono sbagliare, ma più spesso sono i presunti esperti che le criticano a sbagliare!
Lo scopo più importante dell’euristica non è quello di massimizzare lo specifico risultato, ma quello di ottenere un accettabile bilanciamento tra tutti i risultati importanti per il decisore, il primo dei quali è la sopravvivenza.
Gli algoritmi tradizionali, in genere, sono dei super-ottimizzatori di uno specifico risultato che funzionano egregiamente fino a quando le assunzioni con i quali sono stati programmati continuano ad essere validi, quando il contesto cambia, in genere, falliscono miseramente, spesso facendo pagare carissimamente i vantaggi precedentemente offerti.
Conclusioni
Riassumiamo i due concetti chiave che vorrei fossero ben chiari per poter affrontare il prossimo articolo che pubblicheremo martedì prossimo e che entrerà nei dettagli molto pratici, nei numeri.
Primo. Per poter rispondere alle domande pratiche come: dove, quanto, quando e come acquistare o vendere un certo titolo finanziario, la cosa più importante è fare grandissima chiarezza sul complesso caleidoscopio di motivazioni che stanno alla base della volontà di investire il proprio denaro (in particolare quando la scelta è molto specifica come investire in un singolo titolo).
Secondo. Poiché i mercati finanziari sono dominati dall’incertezza e non dal rischio, le decisioni devono essere fondate su euristiche e non su formule matematiche. Dal momento che “i perché” a fondamento delle scelte sono variegati, le euristiche non devono ottimizzare solo il rapporto rischio/rendimento atteso, ma tutta una serie di bisogni dell’investitore (spesso non esplicitati neppure a se stesso).
Con tutto questo ben in mente, nel prossimo articolo ci possiamo tuffare nei numeri! A martedì prossimo!
Note
In finanza, in genere, quando una notizia – ragionevolmente attesa dal mercato – viene confermata il prezzo scende. Che Tesla avesse fatto un trimestre eccezionale era cosa nota, anche perché una settimana prima erano stati rilasciati i dati sul numero di auto vendute e tutti i target finanziari erano stati innalzati dagli analisti. Esiste un detto che in italiano recita più o meno così: compra le voci, vendi le notizie (buy the rumors, sell the news). I mercati finanziari cercano costantemente di anticipare gli eventi. I prezzi non riflettono certo ciò che è stato, ma neppure ciò che sappiamo adesso. Riflettono ciò che potrebbe essere il futuro. Il fatto che Tesla abbia avuto questo terzo trimestre fantastico, era già incluso nella crescita che il titolo ha avuto prima che i dati fossero resi noti, dopo che sono stati diffusi al mercato il titolo ha continuato la sua crescita (francamente eccessiva) e questo significa che vi sono aspettative ancora più positive rispetto a quelle – già incredibili – che sono state diffuse.
E’ discutibile se i nuovi algoritmi che fanno uso delle reti neurali artificiali possano essere preferibili, nei mercati finanziari, rispetto alle euristiche umane. In questo caso, di fatto, l’apprendimento di una rete neurale artificiale può essere vista come la costruzione di una nuova euristica. Al momento in cui scrivo, però, le reti neurali programmate per fare investimenti finanziari nascono per fare trading e quindi sono ottimizzate esclusivamente per gli obiettivi monetari. Non conosco progetti di reti neurali artificiali programmate per ottimizzare gli aspetti psicologici degli investimenti, cosa che sarebbe veramente molto interessante. Il costo dell’apprendimento di reti artificiali sta diminuendo al ritmo del 70% all’anno. Fra 5 o 6 anni ci saranno reti neurali per moltissime cose che oggi ci sembrano impensabili. La domanda, per me, resta aperta.
Alessandro Pedone, responsabile Aduc Tutela del Risparmio