Onorevole Pierantonio Zanettin, la commissione antimafia, di cui lei è un autorevole componente, ha svolto in questi giorni una missione in Veneto. Ce ne vuole spiegare le ragioni?
Nella nostra regione si sono articolate nell’ultimo anno alcune clamorose inchieste che hanno smascherato la presenza di clan della ‘ndrangheta e della camorra, in particolare in provincia di Verona, a Zimella, ed in provincia di Venezia, con il coinvolgimento del sindaco di Eraclea, che è stato arrestato per voto di scambio politico mafioso e si è poi dimesso.
In quella occasione avevo appunto chiesto, insieme al altri, che la Commissione Antimafia svolgesse una missione in Veneto proprio per approfondire le infiltrazioni della criminalità organizzata nella nostra regione.
Cosa è emerso dalle vostre indagini?
In due giorni abbiamo ascoltato le relazioni dei vertici delle forze dell’ordine regionali e dei procuratori della repubblica di Verona e Venezia e del Procuratore Generale dott. Antonio Mura.
È emerso che per anni i nostri territori sono stati infiltrati da esponenti di camorra, ‘ndrangheta e mafia, che erano alla ricerca di territori vergini, in cui riciclare ed investire i proventi delle attività illecite.
Questa infiltrazione ha avuto luogo in silenzio e senza particolari clamori, in quanto gli esponenti della criminalità qui hanno accuratamente evitato violenze alle persone o alle cose, estorsioni ed atti criminali eclatanti.
Si sono inseriti nel tessuto economico, in punta di piedi, approfittando negli ultimi dieci anni anche delle difficoltà finanziarie di tante piccole e medie imprese.
Il fenomeno è stato sottovalutato?
È stato riconosciuto dagli stessi inquirenti che la portata criminale di tali infiltrazioni è stata per anni sottovalutata anche dalle forze dell’ordine, oltre che dalla società civile.
Il carattere camaleontico dei boss, insediatisi nel Veneto, ha consentito loro di mimetizzarsi, tessendo una rete di relazioni anche con molti cittadini autoctoni, che hanno finito per contaminarsi. Penso, ad esempio, a Mirco Mestre, sindaco di Eraclea.
Come ha reagito la società civile veneta?
La società civile non è sempre stata sufficientemente vigile ed attenta.
E’ stata individuata una cosiddetta zona grigia di professionisti ed imprenditori, che non hanno esitato a stabilire contatti con gli intermediari della criminalità organizzata, mettendo a disposizione professionalità e relazioni.
A seguito della crisi bancaria e delle conseguenti difficolta ad accedere al credito bancario, inoltre taluni imprenditori senza scrupoli hanno accettato di riciclare nell’economia reale capitali “sporchi”.
Il contrasto a tali fenomeni criminali viene operato con la necessaria efficacia?
Forze dell’ordine e magistratura operano con proverbiali abnegazione ed impegno.
Tuttavia sappiamo bene che su entrambi i fronti la nostra regione sconta tradizionali carenze di organico.
Mancano agenti di polizia, mancano carabinieri, mancano magistrati per celebrare i processi, mancano cancellieri per depositare le sentenze.
Da anni denunciamo tali carenze, ma anche col “governo del cambiamento” nulla è cambiato.
Per la provincia di Vicenza cosa possiamo dire?
La nostra provincia è stata interessata da tali fenomeni in modo meno significativo di quelle di Venezia e Verona, per lo meno per quanto ad oggi noto.
Ma non possiamo dimenticare che Zimella, dove operava il clan dei Multari, confina con Lonigo.
Non a caso la Commissione Antimafia ha ascoltato anche Luca Restello, sindaco di Lonigo, che ci ha rappresentato le sue preoccupazioni, per una situazione che talvolta appare fuori controllo.
Non possiamo infine dimenticare che a Longare, nel 1992, venne arrestato Piddu Madonia, boss della mafia, che aveva scelto la nostra provincia per la sua latitanza.
Bisogna avere quindi la consapevolezza che anche la nostra terra non è più l’isola felice di un tempo.