Tre tiri in porta. Questo il dato che emerge nelle statistiche di Vicenza-Monza a proposito delle conclusioni dei biancorossi nello specchio della porta difesa da Di Gregorio. Pochine per sperare di battere un avversario come la squadra di Berlusconi e di Galliani, riconosciutamente superiore per qualità tecnica, organico e risultati. Che, comunque, di tiri finiti nel perimetro dei pali del Lane ne ha fatti solo cinque e, complessivamente, uno in più dei vicentini (14 contro 13). Ma i tre punti se li è presi tutti.
Contro le più forti come contro le più deboli del campionato, il problema del Vicenza è sempre lo stesso: l’attacco. Lo riconoscono tutti, giornalisti commentatori e tifosi, non la società per ovvi motivi di non incorrere in autolesionismo.
Questo problema deriva dalla mancanza in rosa di un attaccante con consolidate doti di marcatore. Dalla Serie C erano stati portati giocatori come Guerra e Marotta, inadeguati al salto di categoria. Nel calciomercato estivo gli acquisti erano stati quattro, ma nessuno di questi aveva riempito il vuoto nel ruolo. Gori troppo giovane, Meggiorini il contrario, e non parliamo di Jallow e Longo, gli arrivi dell’ultimo momento, approdati a Vicenza senza preparazione e comunque improduttivi anche una volta in condizione. A febbraio Guerra e Marotta erano stati ceduti e, ancora una volta in extremis, c’era stato l’acquisto di Lanzafame, non proprio un profilo da bomber.
Di Carlo ha provato tutte le combinazioni possibili con gli attaccanti che ha a disposizione, ma non ha mai finora trovato la coppia giusta. Forse, questa insistenza nel turn over non ha contribuito a formare un duo di punta titolare perché, per cementarlo, serve affinare l’intesa giocando insieme. Fatto sta che, nelle 22 partite giocate dal Lane, gli attaccanti hanno segnato in tutto solo 13 dei 28 gol della squadra e cioè meno della metà.
Può darsi che questo rendimento sia sufficiente per centrare l’obbiettivo della salvezza, il target stagionale ormai ammesso anche dalla dirigenza, ma resta un handicap mica da poco soprattutto nei confronti con le concorrenti in zona rossa, che mica aspettano i biancorossi a braccia aperte e porta spalancata.
C’è, giusto riconoscerlo all’allenatore, la attitudine dei difensori e dei centrocampisti a funzionare anche come tiratori, non per niente due dei primi (Cappelletti e Padella) hanno firmato cinque centri e altrettanti midfilder (Da Riva, Dalmonte, Giacomelli, Rigoni e Zonta) ben nove. Ed è probabile che, con il ritorno in campo di Da Riva e Dalmonte, che hanno all’attivo tre reti a testa, questa peculiarità del Vicenza in zona gol torni in futuro ad avere il suo peso tattico e la sua influenza sul risultato.
Rapportando questo deficit strutturale della squadra alla partita persa con il Monza, è sicuramente consolatorio constatare che, per gran parte del match, le due squadre abbiano giocato alla pari ma questa equivalenza alla fine non è servita a nulla perché il Vicenza ha fatto registrare ben poche conclusioni all’attivo e, per di più, le ha sbagliate quasi tutte.
Il gol del nuovo arrivato Lanzafame è stato molto apprezzato, ma non è stato merito particolare del giocatore: gli è arrivata sui piedi una corta respinta in area e il suo tiro è finito con un po’ di fortuna in porta passando tra le gambe dei difensori e del portiere. Aspettiamo di rivederlo in azione, magari dall’inizio, per formulare un giudizio più preciso e motivato.
Oltre a quella di Lanzafame, le palle-gol del Lane anche stavolta sono partite dai piedi di centrocampisti (Giacomelli e Agazzi), mentre gli altri tre attaccanti schierati da Di Carlo hanno prodotto ben poco: Longo non ha ripetuto la prova promettente di Pordenone, Jallow non sarebbe nemmeno più da considerare una punta visto il tipo di gioco che fa, di Meggiorini non si ricordano tiri.
Buona, invece, la prova dei tre centrocampisti biancorossi sia nella fase difensiva che in quella di impostazione. Vero è che l’opposto reparto monzese ha giocato senza particolare pressing e badando più alla costruzione del gioco, caratteristica – questa – della squadra allenata da Brocchi. Qualche affanno però c’è stato, come dimostrano le due ammonizioni ricevute da Rigoni e da Agazzi.
Più in difficoltà è sembrata invece la difesa contro una prima linea che è, effettivamente, la migliore del campionato. Beruatto ha fatto fatica a confronto con l’ottimo Diaw (ma perché non l’ha preso il Vicenza la scorsa estate?), Bruscagin ha confermato i limiti di velocità già visti, Pasini e Cappelletti hanno arginato spesso con efficacia gli attacchi monzesi ma non è bastato. Bravo il portiere Grandi, salvatore della patria in un paio di occasioni.
I due gol incassati dal Vicenza hanno riprodotto situazioni già vissute in passato. La vulnerabilità dei biancorossi sui colpi di testa è una costante e la ripartenza avversaria sulla destra è un punto debole già acclarato. Il Monza ha approfittato di questi deficit, che ormai sono ben conosciuti dagli avversari del Lane, e ha così sparigliato lo 0-0 senza nemmeno dover fare delle prodezze.
Pur dopo la seconda sconfitta in casa, la classifica resta tranquillizzante anche se si sono ridotti a tre i punti di distacco dalla zona play out. È davvero curioso, infine, il rendimento interno del Vicenza, che al Menti ha vinto appena una volta in 11 gare. E gli otto pareggi interni sono record del girone.