A margine della manovra economica varata in questi giorni, non può che esprimersi apprezzamento per lo sforzo fatto sul taglio del cuneo fiscale, sia pure misura non davvero sufficiente ad alleggerire le pressioni della spinta inflazionistica.
Il taglio, nella misura massima del 2% per talune categorie, e del 3% per i c.dd. fragili, costerà 4 milioni di euro sotto forma di integrazione contributiva, ma porterà un aumento di disponibilità minimo nelle tasche dei lavoratori, risultando un mero palliativo e non una misura di respiro effettiva per le famiglie.
Ci si attendeva maggiore attenzione per problemi del mondo del lavoro cronici e insoluti da sempre.
Un tassello fondamentale per una riforma completa e di sistema resta, ad esempio, un intervento deciso sulla contrattazione collettiva, ferma da troppi anni in troppi settori, per definire i giusti equilibri tra forze datoriali e lavoratori, con un incremento, defiscalizzato, degli effettivi aumenti profusi.
Lo stato di sofferenza dell’intero sistema meriterebbe maggiore coraggio e logiche tese sia ad aumentare l’effettiva capacità di spesa delle famiglie, attraverso il lavoro, sia a favorire i necessari aumenti, non sostenibili da interi settori economici.
Si pone poi la questione di quei lavori che in determinate aree geografiche sono divenuti poco attrattivi a causa del caro vita. Si pensi alle criticità dell’insegnamento, con posti vacanti in determinate aree geografiche per via dell’inadeguato livello di retribuzione. La mera detassazione non produrrà gli effetti desiderati se non si interviene con un incremento sostanziale degli stipendi.
Serve, ancora, tornare a ragionare in una logica di filiera localizzata, oggi decentrata verso Paesi a più basso costo di manodopera, con pregiudizio significativo per il mercato del lavoro nel suo complesso. Il Made in Italy resta un punto di forza non valorizzato.
Meritocrazia Italia invoca il ripristino degli equilibri sociali, mediante una migliore distribuzione delle risorse. Occorre definire nuovi margini di azione, per superare la logica dei sussidi a favore di strategie inclusive, anche per il tramite di
– linee di credito agevolate a supporto di nuove iniziative produttive, con la collaborazione anche degli istituti bancari, che dovrebbero perdere la logica del finanziamento sotto garanzia per abbracciare la logica del finanziamento a progetto;
– incentivazione del lavoro giovanile e detassazione all’assunzione da parte di quelle imprese che favoriscono l’inclusione lavorative delle categorie in condizione di maggiore fragilità;
– la riapertura dei tavoli di contrattazione collettiva, con allineamento dei livelli retributivi agli attuali standard economici.