Le condanne di ieri a 26 esponenti del C.L.N. Veneto rappresentano un duro colpo ai venetisti inflitto dal tribunale di Vicenza, anche se siamo ancora al primo grado. Nell’interessante discussione tra gli avvocati delle difese Tapparo e Fogliata e il pm Blattner, oltre a battute sui Visigoti e sul fatto che il popolo e il territorio veneto non esisterebbero perché esiste solo quello italiano, si è parlato anche del referendum del 2017 sull’autonomia del Veneto e del residuo fiscale (la differenza tra quanto si dà in tasse e quanto si riceve in servizi).
Un decreto del presidente della Repubblica del ’47 introduce il concetto di istigazione a “ritardare, sospendere e non effettuare il pagamento delle imposte”. Istigazione che, come l’apologia di fascismo, se fatta in gruppo viene considerata pericolosa dallo Stato e punibile fino a 5 anni. Una legge mai cambiata, nemmeno dai governi di Berlusconi, in cui c’era anche la Lega. Il leader di Forza Italia nel processo Mediaset è stato condannato a 4 anni per una frode fiscale da 7,3 milioni di euro. Interessante il contesto in cui è nata la legge del ’47: era pericoloso parlare di non pagare le tasse così come era pericoloso parlare bene del regime fascista.
Erano anni in cui non c’era ancora stato il disarmo totale, in cui il Partito Comunista avrebbe potuto rovesciare il tavolo facendo diventare l’Italia terreno di scontro tra USA e URSS: avremmo potuto avere una situazione come quella della Germania divisa, quando invece abbiamo avuto la possibilità di libere elezioni. Erano anche anni in cui gli obiettori di coscienza finivano in carcere, in cui bisognava ricostruire, blindare ad ogni costo la ritrovata democrazia.
Ma oggi? Il Covid equivale al nazifascismo e il Recovery Fund al piano Marshall? Il paragone, più o meno direttamente, è stato fatto dallo stesso Blattner, pm che ha sostenuto le accuse ai venetisti dopo le indagini del 2017 di Cappelleri. La nuova emergenza durerà per altri 75 anni? Se così fosse allora la sentenza di ieri sui venetisti suonerebbe, come hanno sostenuto le difese, come un ammonimento politico.
In un contesto in cui il virus porta a discutere e ridiscutere di gestione nazionale o regionale della sanità, lo Stato non può permettersi la diffusione di idee autonomiste. Con buona pace di Zaia e del referendum del 2017 il quale a questo punto sembra più uno spot elettorale dei leghisti da usare contro “Roma ladrona” per continuare a prendere voti, piuttosto che un passo concreto verso il federalismo. Tanto più che la Lega oggi è al governo e potrebbe sia mettere mano alla legge del ’47, sia concedere al Veneto la tanto agognata autonomia. Ma c’è il Covid e non è il momento giusto per parlare di queste cose. Del resto, basti vedere come sia stata snobbata dai leghisti la campagna per il riconoscimento della lingua veneta. E si sa, un popolo non è tale senza una lingua.
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