“Una sorta di roulette russa”. Così vengono definiti in un comunicato i vari DPCM da Oliviero Olivieri e Christian Malinverni, rispettivamente presidente dei Pasticceri e dei Ristoratori di Confartigianato Imprese Vicenza, l’ultimo dei quali ha colpito proprio i due settori. “Non capiamo i parametri di riferimento della valutazione del rischio contagi in base ai quali si decide che un’attività deve rimanere aperta e un’altra no. Così prima è toccato al settore benessere (estetisti e parrucchieri) oggi tocca a noi, domani non si sa, secondo una logica che ci sfugge –spiegano i presidenti-. Eppure sia nel caso dei colleghi che nel nostro i profili di rischio sono praticamente nulli. I nostri imprenditori, proprio anche per il tipo di attività, seguivano già protocolli di sicurezza stringenti”.
“A fronte dell’emergenza sanitaria nessuno si è sottratto nell’adottare tutte le misure anti Covid richieste dai diversi provvedimenti nazionali e regionali, procedendo anche con investimenti in DPI a garanzia nostra, dei nostri collaboratori e dei clienti. Allora perché punirci? Per colpa di chi non rispetta le regole? Quali rischi reali rappresentiamo? Se il problema è la movida, cioè la modalità di consumo, si vadano a colpire i comportamenti non le attività”, aggiunge Oliveri.
“Movida è una cosa, convivialità un’altra. Questa è al centro delle nostre attività e nei limiti concessi- prosegue Malinverni-. Gli appuntamenti serali sono la nostra forza, l’apertura all’ora di pranzo serve per coprire parte delle spese, tra l’altro tra smart working e distanziamenti anche in questa fascia oraria le presenze sono crollate dell’80%, e quella della domenica è un mero palliativo”.
La sensazione di Oliveri e Malinverni è che lo Stato, non in grado di presidiare chi non ha rispettato e non rispetta le regole nei locali o per strada (non utilizzando le mascherine), pensi di ‘governare’ il problema della crescita dei contagi agendo a monte e di conseguenza mettendo in difficoltà anche chi le regole le rispetta. Così il rischio concreto ora, per pasticcerie, ristoranti, pizzerie, è un ulteriore calo di fatturato, già compromesso dal lockdown di marzo, con inevitabili ripercussioni anche sull’occupazione.
“A fronte del DPCM ci hanno assicurato che non mancheranno ristori per chi sarà costretto a ridurre la propria attività. Anche in questo caso restiamo senza parole: prima arriva il Decreto e poi le misure economiche a sostegno delle attività? Logica vorrebbe che avvenisse il contrario, o almeno noi imprenditori ragioniamo così – aggiungono i presidenti-. Quanto all’entità di questi ‘ristori’ non crediamo siano sufficienti, e poi come arriveranno? Perché oltre al danno temiamo anche la beffa delle consuete pastoie burocratiche per portare a casa poche centinaia di euro”. “Sempre che arrivino in tempi ragionevoli visto che ancora in tanti attendono la cassaintegrazione”, precisa Olivieri; “per non parlare di alcuni contributi inseriti nel Decreto di Agosto e che non abbiamo ancora visto”, aggiunge Malinverni.
I due presidenti tengono a sottolineare il loro grido di dolore è a nome di tutti: “Perché a turno è penalizzata questa o quella categoria, perché non si può sapere sabato quel che succede lunedì, perché non si può investire e faticare per proseguire l’attività e poi vedere che con due righe tutto questo è stato vano, perché non si può colpevolizzare chi le regole le rispetta per colpa di chi non lo fa e non viene punito. Questo clima di incertezza ha conseguenze che vanno oltre l’immediato sia sugli imprenditori, che faticheranno non poco a risollevarsi, sia sui consumatori, che non azzardano alcun tipo di programma a lungo termine”, concludono i presidenti.