Considerazioni da Bruxelles

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Quando il treno aveva passato la Svizzera, i più mattinieri cominciavano ad occupare i corridoi; poi, dopo Metz o Thionville, prima di entrare nel Lussemburgo, il fumo delle carrozze fumatori appestava l’aria. Gli operai erano tanti e stavano per conto loro; i pochi impiegati gradivano la compagnia dei giovani che andavano alla scoperta del mondo. A me una volta era toccato uno della Comunità Europea che criticava il sistema scolastico italiano: “Questi conoscono almeno tre lingue, sono tutti laureati in ingegneria o economia, mentre noi arriviamo all’estero con Dante e la Divina Commedia.”
Dentro il Berlaymont, o in uno dei palazzoni avveniristici di rue de la Loi, l’impiegato era a disagio: “Quando te la devi sbrigare in mezzo a loro, tra gente pratica, quando ti chiedono soluzioni, Dante, serve a poco.”

Questi furono i miei primi contatti col mondo del lavoro, con le difficoltà del collocamento, della carriera. Avevo già lavorato, ma fare il manovale o il cameriere per qualche mese ed essere però riconosciuto come uno che sapeva di greco e di latino, era un’altra cosa. Gli operai mi scusavano, mi proteggevano, poiché la mistica dello studente lavoratore era sbilanciata a favore del primo, e in tutta Europa non c’era un posto dove non si rispettasse uno con le mani callose che faceva esami all’università. Poi, lentamente, gli anni ’70 passarono, ed è passata anche quell’età di mezzo tra la rivoluzione antiborghese del ’68 e la caduta del muro di Berlino del ’89, un’età in cui, complice la politica, sono state liberate tutte le energie del Capitale finanziario e distrutti gli anticorpi sociali.

La virata nella vita del Capitale internazionale ha prodotto un aumento nel rapporto Capitale/Reddito e un conseguente disprezzo del lavoro, del lavoro dipendente e di quello manuale soprattutto. Una condizione di disprezzo sempre più inaccettabile per il cittadino europeo, frutto delle costituzioni democratiche e delle legislazioni garantiste sul lavoro, che col tempo ha tacitamente appaltato alcuni servizi a diverse etnie. Qui ad esempio, i poliziotti e i tramvieri sono polacchi, le marocchine sono addette alle pulizie, i neri fanno i manovali, la ristorazione, che aveva negli italiani i suoi migliori artefici, ha subappaltato i servizi più umili ai pakistani, etc. Sicché, quando il bus che viene dall’aeroporto mi ferma a Schumann sotto la Commissione Europea, il paesaggio antropico è cambiato, i colori sono diversi da quelli di 40 anni fa, diventando in tutto e per tutto un Nord-America in cui è fiorita quest’attuale etica dei soldi.

E’ indubitabile che la nostra società si scontra con una contraddizione possente proprio attraverso una delle sue conquiste più alte, l’istruzione pubblica per tutti. Ed è un conflitto difficilmente superabile poiché qui cozzano la democrazia dell’accesso e la divisione del lavoro, la pariteticità dell’orgoglio della conoscenza e le disuguaglianze del collocamento e del reddito. Insomma, chi ha studiato Tasso e Ariosto fosse anche superficialmente, acquisisce una superficiale sensibilità e un superficiale orgoglio che gli impediscono di riconoscersi totalmente in chi per mestiere o per vocazione debba pulire i cessi. Peggio ancora sarà la consapevolezza di chi è stato allevato nel sogno capitalistico in cui tutti possono arricchire, nel momento in cui avverte che proprio il lavoro, e il lavoro umile, gli impedirà per sempre questa realizzazione. Una società siffatta non potrà fare altro che sanare una contraddizione con un’altra: importare cioè una disperazione e una speranza di riscatto presenti solo tra popolazioni che soffrono contrasti ben più grandi. Ecco come Juncker e Boldrini continuano a sostenere che l’Europa ha bisogno di manodopera straniera, mentre nessuno si adopera a cambiare le condizioni del lavoro e i suoi redditi, poiché bisogna garantire alla ricchezza di essere inattaccabile dal lavoro, bisogna far continuare a salire il rapporto Capitale/Reddito.

Così, i “Fiori italiani” come li avrebbe chiamati Luigi Meneghello, (la paideia greca, la raison illuministica e la Bildung romantica, come ammonisce Diego Fusaro), sono l’unica forma di resistenza al “cretinismo economico” propugnato dal capitale finanziario e dai suoi accoliti, dalla riduzione di un essere umano a soggetto economico e dalla ragione calcolatoria che pretendono di essere la sola sorgente di senso. “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.