“Non c’è due senza tre, purtroppo. Ancora una volta il Veneto è la regione d’Italia con il maggior consumo di suolo, 785 ettari in più nel 2019 e così il presidente Zaia si merita il premio ‘Betoniera d’oro’, a cui pare particolarmente affezionato. Con i 500.000 metri quadri per il polo logistico a Casale sul Sile, ha buone possibilità di mantenere il record anche per il prossimo anno. In realtà questi numeri, sono un’altra conferma, ma non serviva, dell’inutilità della legge n. 14 approvata nel 2017, che doveva ridurre drasticamente cemento e asfalto”. Così il consigliere regionale Andrea Zanoni del Partito Democratico e vicepresidente della commissione Ambiente, commenta il rapporto Ispra 2020 su dati 2019, presentato ieri a Roma. “Le chiacchiere se le porta via il vento, mentre i fatti restano: siamo la maglia nera d’Italia, nonostante il calo demografico. Lo scorso anno a livello nazionale, sono stati consumati 57 milioni di chilometri quadrati, due ogni secondo. E il Veneto mette tutti in fila con ben 217.619 ettari. Un aumento di 785 nel giro di dodici mesi, 133 in più della Lombardia, che è al secondo posto e tre province nelle prime dieci posizioni”. In testa alla classifica – prosegue il consigliere – c’è Verona con un incremento di 252,6 ettari, Treviso si posiziona al quarto posto con +181,8 dietro Roma e Brescia e Venezia nona con +139,7. Nel dettaglio: 441 ettari riguardano cantieri, ulteriori 30 per la Pedemontana che arriverà a quota 573, saranno circa 900 ettari a lavori terminati, 198 per edifici, 73 parcheggi e piazzali, 62 ettari strade e 7 per lavori negli aeroporti. Un autentico massacro che si potrebbe fermare con il voto di settembre prossimo venturo – attacca Zanoni – In questi cinque anni di legislatura ho continuamente denunciato il disinteresse della maggioranza a trazione leghista e del presidente Luca Zaia. È stata fatta una legge con l’ambizioso obiettivo del consumo zero entro il 2050, assolutamente inutile perché svuotata da infinte deroghe, il Piano casa e capannoni ‘Veneto 2050’ ha assestato un altro colpo, e meno male che è saltato l’ennesimo provvedimento potenzialmente disastroso, ‘Veneto cantiere veloce’ ritirato all’ultimo momento dalla maggioranza. Occorre invertire rotta, basta asfalto e cemento: le nostre città hanno bisogno di spazi verdi, in estate sono invivibili per il caldo, mentre dall’autunno l’aria è irrespirabile per l’inquinamento atmosferico. Eppure le conseguenze dell’impermiabilizzazione del suolo, sono sotto gli occhi di tutti, a partire dal rischio di inondazioni sempre più frequenti. Nonostante questo, il Veneto è al primo posto anche per la cementificazione nei pressi dei corsi d’acqua. Stiamo distruggendo il paesaggio, cancellando campagne e terreni agricoli, perdendo biodiversità e, soprattutto, non stiamo facendo abbastanza per contrastare i cambiamenti climatici. Come se il tornado del Brenta o l’uragano Vaia non fossero mai esistiti”, conclude Andrea Zanoni.
“Vedere che il Veneto è la peggior regione d’Italia come densità di cementificazione non stupisce, e rattrista”. Così invece la consigliera regionale Erika Baldin del Movimento 5 Stelle e candidata alle prossime elezioni regionali nella circoscrizione di Venezia, che aggiunge: “Non stupisce, perché è il risultato di decenni di consumo del suolo selvaggio, che nemmeno la lieve sterzata nelle ultime normative regionali, citata come giustificazione dal centrodestra leghista, ha stoppato. Dai capannoni spuntati giorno dopo giorno a partire dagli anni passati fino allo sfregio della Pedemontana, il nostro territorio risulta essere sempre più sfruttato, ‘ferito’ e non ultimo ‘maltrattato’”.
“Avere una visione green della nostra Regione – prosegue la consigliera – sembra ad oggi, un’utopia alla luce di questi dati. Ogni giorno, il M5S, s’impegna a supportare i vari comitati dei cittadini, che cercano di difendere il proprio territorio, al fine di bloccare il consumo indiscriminato dello stesso. Come abbiamo visto con Veneto City, un diverso approccio è possibile, anche sulla scorta dei dettami dell’Europa. Se finora le parole ‘Veneto’ e ‘cemento’, hanno fatto rima, ora si dovrà cambiare strada, anche per non sprecare la montagna di Fondi Europei strappati dal premier Conte. Di fatto, tra i punti fermi del Recovery Plan, il piano EU per la ripresa che assegna 209 miliardi di euro dopo la crisi del Covid-19, si punta forte sulla transizione verso un’economia sostenibile, legata al green deal, tutelando il territorio e il patrimonio paesaggistico e culturale. Di qui, passano anche infrastrutture di trasporto e gestione dei rifiuti, temi strettamente collegati al consumo di territorio”.
“Servono poi, grandi passi avanti in agricoltura – conclude Erika Baldin – dove la cementificazione porta inevitabilmente all’impermeabilizzazione del suolo con maggiore rischio di inondazioni, cambiamenti climatici, biodiversità minacciate, mancata mitigazione degli effetti termici. Un tema che intendo approfondire, è quello dell’insediamento di impianti fotovoltaici a terra, nelle aree agricole, su cui serve una salvaguardia maggiore. Sul mercato sono ormai disponibili impianti con pannelli trasparenti o semi-trasparenti, che permettono di realizzare serre per attività agricola, ortofloristica o vivaistica, che alla coltivazione, uniscono la produzione di energia rinnovabile. Un esempio del Veneto green e sostenibile che vogliamo”.
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