Analisi del sangue in zona arancione: con l’apertura della Regione un cartello di associazioni chiede che vengano rese gratuite.
A farsi protavoce di questa richiesta sono Mamme No Pfas, E qui Stiamo, Rete GAS Vicentina, Monastero del bene Comune, Cittadini Zero Pfas, Isde, Greenpeace, Acqua bene Comune Veronese.
La richiesta muove da – lo ricordiamo – la decisione della Regione Veneto (leggi qui) di concedere anche ai cittadini residenti nei comuni veneti dell’Area Arancione, quasi tutti vicentini, di effettuare il dosaggio dei PFAS nel sangue. Ma a pagamento.
“Finalmente – si legge in un comunicato stampa delle associazioni -, per stessa ammissione della Regione con comunicato stampa dell’11 gennaio scorso, i cittadini della zona arancione sono riconosciuti a rischio. Ciononostante dovrebbero sobbarcarsi una spesa di 90 euro per conoscere il proprio stato di contaminazione per un avvelenamento di cui non sono minimamente responsabili.
La sorveglianza sanitaria e il monitoraggio non devono e non possono essere a carico del cittadino. Non è uno sfizio o un privilegio per pochi conoscere i propri livelli di PFAS nel sangue. È un diritto, tanto più che ai cittadini della zona rossa e ai cittadini del comune di Trissino è permesso di analizzare il proprio sangue gratuitamente. Perché i cittadini della zona arancione dovrebbero pagare? Un laboratorio tedesco certificato per le analisi sui PFAS nel sangue, prevede una spesa di 80 euro a persona in regime privato. È inaccettabile pagare per un servizio erogato dalla Regione in regime di convenzione più di quanto è richiesto all’estero in regime privato.
Crediamo che la questione dei fondi per effettuare le analisi in zona arancione si potrebbe facilmente bypassare tenendo conto che, come si evince dal ‘Piano di sorveglianza sanitaria sulla popolazione esposta a PFAS’ n. 16 pubblicato a novembre 2022 dalla Regione Veneto, solamente il 60% circa dei cittadini che hanno ricevuto l’invito a partecipare allo screening nella zona rossa ha aderito. Il che significa che resta un 40% circa di disponibilità per effettuare ulteriori analisi per i quali la Regione ha già stanziato i fondi a copertura sia dell’utilizzo dei macchinari, sia del personale necessario allo svolgimento delle operazioni di screening”.
Gli esami per i livelli di Pfas nel sangue – ha informato la Regione Veneto – potranno essere effettuati, volontariamente, presso il laboratorio autorizzato di Arpav in regime di compartecipazione della spesa, entro 90 giorni dall’adozione della deliberazione, tempo necessario all’adeguamento dei flussi informativi e alla definizione delle misure organizzative.
“La tariffa astrattamente applicabile a questa prestazione – ancora dalla Regione – è Determinazione sostanze organiche fluorurate (PFAS), codice 4.2.00.115, costo: 130 euro, di cui al tariffario Arpav, approvato con D.G.R. n. 46 del 25/1/2022. Tuttavia gli interessati potranno usufruire delle prestazioni in regime di compartecipazione alla spesa ad una tariffa calmierata di 90 euro (per maggiori informazioni la deliberazione n. 1752 del 30 dicembre 2022 sarà visionabile nel Bollettino ufficiale del prossimo venerdì 13 gennaio).
Laddove gli esiti dei dosaggi effettuati volontariamente dai cittadini rilevino valori sierici di PFAS superiori ai limiti di riferimento già stabiliti con D.G.R. n. 2133/2022 gli interessati potranno effettuare gratuitamente gli esami ematochimici previsti dalle disposizioni contenute nella medesima deliberazione. Per coloro che dovessero presentare valori significativi di bioaccumulo di PFAS ed esami ematochimici con valori alterati, essi potranno eseguire gratuitamente attraverso il medico di medicina generale il programma di presa in carico sanitaria, come previsto dalle disposizioni contenute nelle deliberazioni della Giunta Regionale n. 2133 del 23 dicembre 2016 e n. 691 del 21 maggio 2018″.
Le associazioni interessate alla vicenda dei Pfas aggiungono: “Chiediamo inoltre chiarimenti rispetto al termine dei 90 giorni laddove si scrive che l’effettuazione dei dosaggi ematici sarà possibile per 90 giorni dall’adozione del provvedimento, quando invece è più verosimile che il servizio sarà operativo a partire da 90 giorni dopo la pubblicazione della delibera stessa.
Rispetto a quanto affermato nella delibera sul tema dell’acqua erogata dal servizio acquedottistico in zona arancione vogliamo infine ricordare che:
– Nei Comuni di Arzignano, Montecchio, Chiampo, Montorso da molti anni viene erogata acqua con decine di nanogrammi di PFAS per litro. Sebbene non vengano superati i valori di performance fissati dalla Regione per le acque destinate al consumo umano, ricordiamo che i PFAS sono sostanze bioaccumulabili e che i suddetti valori di performance non garantiscono alcuna sicurezza per la salute dei cittadini e non hanno riscontro né nei limiti proposti da EFSA (Autorità Europea per la Salute Alimentare) né dalla EPA (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente degli Usa).
Infatti all’estero, e più precisamente in Danimarca, nel giugno 2021 sono stati ristretti i limiti per l’acqua potabile a 2 nanogrammi/litro come sommatoria di 4 PFAS. Siamo molto lontani dai 390 nanogrammi ammessi in Regione Veneto come somma di Pfas e 90 nanogrammi ammessi per la somma di solamente due PFAS (PFOS e PFOA).
– Nei Comuni di Vicenza e limitrofi fino al 2013 una parte dell’acqua erogata veniva attinta al pozzo Scaligeri. Questo pozzo è stato chiuso tempestivamente nel 2013 a causa degli altissimi livelli di PFAS rilevati. Ne consegue che anche questi cittadini sono stati esposti a valori sconosciuti, ma potenzialmente e verosimilmente elevati, di contaminazione.
Pur nella soddisfazione di assistere a questa apertura istituzionale – concludono le associazioni -, ci aspettiamo che a breve la Regione apporti le opportune modifiche rispetto a quanto espresso nella succitata delibera e la adegui a una democratica modalità di effettuazione delle analisi e di esercizio di un diritto di tutta la cittadinanza del Veneto”.