Nuovo dpcm anti-Covid, quella norma che non piace a sindaci e assessori

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Ieri sera il premier italiano Giuseppe Conte ha firmato il nuovo decreto con ulteriori misure di contenimento dei contagi da Coronavirus in vigore fino al 13 novembre, in vista della stagione invernale e del picco delle influenze, per evitare il caos negli ospedali, con il tanto annunciato e discusso coprifuoco, previsto alle 21. A molti sindaci però non è piaciuta in particolare una norma.

Lascia perplessi la norma che, di fatto, scarica sui Sindaci la responsabilità della chiusura di vie e piazze alle ore 21 aprendo, fra l’altro, una serie infinita di interrogativi – afferma Mario Conte, sindaco di Treviso e presidente dell’Anci Veneto -. Sta di fatto che, alla luce delle nuove disposizioni, ci aspettano mesi complicati e, proprio per questo motivo, mi affido alla capacità di fare quadrato di tutti voi.  La sfida che ci attende è quella di vivere la quotidianità rispettando con ancora più attenzione e rigore il distanziamento, l’uso della mascherina e il divieto di assembramenti. Il virus c’è e probabilmente ha rialzato la testa. Noi, però, dovremo essere bravi a tenerlo sotto controllo perché, come si suol dire, il miglior attacco è la difesa“.

I sindaci non sono stati ascoltati – afferma Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia -. Il nuovo Dpcm è confusionario. Si stanno togliendo libertà costituzionali senza alcun voto del Parlamento. Continueremo con una leale collaborazione ma chiediamo altrettanto al Governo: che vengano coinvolti i primi cittadini e le imprese. Dobbiamo collaborare tutti assieme, chiediamo grande responsabilità ma non vogliamo interrompere la vita è le attività delle persone“.

Per mesi abbiamo chiesto di poter decidere a livello locale alcune misure su come governare l’emergenza covid – aggiunge Jacopo Massaro, sindaco di Bellunoautonomia di spesa e di assunzione per poter disporre del personale adeguato alla gestione dell’emergenza (educatrici degli asili nido, assistenti di sociali, polizia locale, etc.). Nulla di tutto questo ci è stato consentito, abbiamo i bilanci in rosso, ma abbiamo comunque continuato a partecipare alle riunioni con governo e regioni sulla gestione dell’emergenza. Ieri sera, nonostante la mattina avessimo partecipato ad una riunone col Governo durante la quale non ne è stato fatto cenno, il Presidente del Consiglio annuncia che i sindaci potranno chiuderanno vie e piazze affollate dalle 21. Una misura non concordata, assurda: se ci fosse stato chiesto un’opinione, avremmo spiegato che è una misura totalmente inapplicabile e che rappresenterebbe un coprifuoco nazionale mascherato da coprifuoco comunale. Come chiuderemo le piazze? Ma poi, se chiudo piazza del Erbe, non è che la gente si sposta in piazza del duomo accalcandosi ancora di più?“.

Come faremo con ristoratori e baristi (e loro clienti) che possono comunque tenere aperto dopo le 21, ma si trovano nelle strade e nelle piazze chiuse dal Sindaco? Come ci giustificheremo davanti ai TAR quando ci faranno ricorso o ci chiederanno i danni visto che in contemporanea noi sindaci dovremo impedire l’accesso a piazze e strade e consentire l’accesso ai clienti nei locali che vi insistono? Come faremo a far entrare nelle strade chiuse i residenti e, sopratutto, coloro che sono domiciliati, ma non residenti? Ma soprattutto: chi controllerà sulle strade chiuse dato che da anni lo Stato ci impedisce di assumere agenti di polizia locale e ci impedisce di pagare loro straordinari e indennità notturne? Come sindaci siamo sempre pronti ad assumerci le nostre responsabilità (lo facciamo tutti i giorni!) e a collaborare con atteggiamento istituzionale per gestire l’emergenza. Ma abbiamo bisogno che chi sta nel quartier generale concordi le misure con chi sta in prima linea e dia gli strumenti per attuare le scelte. Ci chiedono di fare i chirurghi con cacciavite e carta vetrata – conclude Massaro -. Ecco perché siamo arrabbiati“.

Più sintetico, ma sempre critico, è Federico Sboarina, sindaco di Verona: “nelle intenzioni del governo le decisioni più scomode sono demandate ai sindaci. Come è già successo altre volte nei mesi scorsi, i Dpcm che devono dare le regole brillano per genericità“.

A Vicenza è l’assessore Silvio Giovine a commentare alacremente e in maniera anche fortemente polemica verso il governo, di un colore opposto al suo, il decreto: “siamo arrivati agli ultimatum. Si, “le palestre hanno una settimana di tempo…” Si da per acquisito con grande naturalezza il divieto di bersi una birra dopo una certa ora, in pieno stile Chicago anni 30. Si chiede ai Sindaci di blindare le piazze. A cena solo in sei altrimenti sono guai e pazienza se il mio amico Franco dell’associazione famiglie numerose dovrà estrarre a sorte i figli con cui andare a mangiarsi una pizza. Vietate le competizioni dilettantistiche. Alle aziende si impone lo smart working con conseguenti ricadute sul commercio… A me pare che questi, totalmente incapaci nel governare e disciplinare la sfera pubblica (trasporti e scuola in primis), si divertano a limitare quella privata (sport, cene e tempo libero) scaricando le responsabilità sulle amministrazioni locali. Il tutto riprendendo la pantomima delle conferenze della domenica sera col duo vanesio Conte/Casalino“.

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