Convenzione tra il tribunale di Vicenza e AMCPS: al via la “messa alla prova” per un modello di giustizia e inclusione sociale da rafforzare

In attesa che i Comuni del Vicentino mancanti all'appello seguano l'esempio di Vicenza sono in via di definizione i criteri per valutare in maniera codificata realtà non pubbliche da inserire nel programma

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Messa alla prova, da sx Angelo Guzzo (pres. AMCPS), Giacomo Possamai (sindaco Vicenza, magistrato delegato Veronica Salvadori, Alessandro Moscatelli (pres. Ordine Avvocati), Luigi Perina (pres. Tribunale) e Lino Giorgio Bruno (procuratore capo)
Messa alla prova, da sx Angelo Guzzo (pres. AMCPS), Giacomo Possamai (sindaco Vicenza, magistrato delegato Veronica Salvadori, Alessandro Moscatelli (pres. Ordine Avvocati), Luigi Perina (pres. Tribunale) e Lino Giorgio Bruno (procuratore capo)

Un nuovo passo verso la deflazione del sistema giudiziario e l’inclusione sociale è stato compiuto ieri, 24 gennaio 2025, con la presentazione ufficiale della convenzione tra il Tribunale di Vicenza e AMCPS, società in house del Comune di Vicenza. L’accordo, che sarà operativo da febbraio, mira a dare piena applicazione all’istituto della “messa alla prova” (MAP, introdotta con la legge 67/2014), consentendo agli imputati per reati di lieve entità di svolgere lavori di pubblica utilità come alternativa alle pene tradizionali.

Alla presentazione, tenutasi presso il tribunale di Vicenza, hanno partecipato il Presidente del Tribunale Luigi Perina (che ha anche simpaticamente scherzato rilevando come vada scritto “messa in prova” senza la maiuscola iniziale che potrebbe far pensare ad altra “funzione”… religiosa), il Procuratore capo Lino Giorgio Bruno, il Magistrato della Sezione Penale Veronica Salvadori, delegata al tema, il presidente dell’ordine degli avvocati Alessandro Moscatelli, il sindaco di Vicenza Giacomo Possamai, e l’amministratore unico di AMCPS Angelo Guzzo., accompagnato dal direttore generale, Andrea Negrin.

Un modello per la giustizia del futuro

Il Presidente del Tribunale Luigi Perina, presentando e accompagnando la conferenza stampa, in cui ha anche sottolineato il tanto, troppo tempo da lui dedicato non alle sue funzioni più tecniche dovendo occuparsi dei tanti problemi logistici e strutturali della sede del tribunale, ha sottolineato come la MAP rappresenti un cambio di paradigma nella gestione dei reati minori: «Firmare una convenzione non basta, bisogna renderla operativa e utile per chi ne ha bisogno. Questo è il nostro impegno: non lasciare indietro nessuno e migliorare il funzionamento del sistema giudiziario».

L’applicazione della MAP richiede, tuttavia, una stretta collaborazione tra istituzioni, come evidenziato dal magistrato Veronica Salvadori, coordinatrice del tavolo permanente per i lavori di pubblica utilità: «La convenzione con AMCPS è un passo avanti significativo, ma il successo dell’iniziativa dipenderà dalla disponibilità di altri enti locali. Lavoriamo affinché ogni comune del territorio vicentino possa offrire opportunità concrete per l’accesso a questo istituto».

La messa alla prova: un istituto riformato dalla legge Cartabia

L’istituto della “messa alla prova”, rafforzato dalla recente riforma Cartabia, consente agli imputati di reati minori, come guida in stato di ebbrezza o piccoli furti, di sospendere il procedimento penale in cambio di lavori socialmente utili. Questo modello punta su rieducazione e reinserimento sociale, riducendo il rischio di recidiva e alleggerendo il carico di lavoro dei tribunali.

«L’obiettivo della MAP – ha spiegato il procuratore capo Lino Giorgio Bruno – è duplice: da un lato, deflazionare il sistema penale concentrandosi sui reati di maggiore allarme sociale; dall’altro, favorire la riabilitazione dell’imputato attraverso attività utili per la collettività».

Il ruolo degli avvocati: criticità e opportunità della messa alla prova

Il presidente dell’ordine degli avvocati, Alessandro Moscatelli, ha sottolineato l’importanza della “messa alla prova” per concentrare l’attenzione della giustizia penale sui reati più gravi, evidenziando però la necessità di ampliare il numero di enti convenzionati, dato che metà dei comuni vicentini non ha ancora aderito. La mancanza di strutture adeguate spesso ostacola l’applicazione dell’istituto, nonostante l’interesse di magistrati e difensori. Moscatelli ha lodato la collaborazione tra istituzioni, rimarcando il valore sociale dei lavori utili alla collettività, come la cura del verde e la pulizia delle strade, che offrono un beneficio tangibile per tutti.

Il ruolo del Comune e di AMCPS

Ad oggi, circa il 50% dei comuni vicentini ha siglato convenzioni simili. Il sindaco Giacomo Possamai ha evidenziato l’importanza di ampliare questa rete: «Il Comune capoluogo ha il dovere di dare l’esempio partendo da questa iniziativa che ci è venuto in mente di attivare in occasione della nostra visita in carcere e che l’AMCPS ha subito raccolto positivamente. Speriamo che questa convenzione stimoli, quindi, anche altri enti locali a fare la propria parte».

Il Comune di Vicenza, tramite AMCPS, si propone come “acceleratore” nella provincia (il 50% dei Comuni sono attesi ad aderire alla MAP), mettendo a disposizione spazi e attività per l’applicazione concreta dell’istituto. Angelo Guzzo, amministratore unico di AMCPS, ha dichiarato: «La nostra missione è prendersi cura della città, ma con questa iniziativa vogliamo dimostrare che prendersi cura delle persone è altrettanto importante. Questo progetto rafforza la rete sociale e costruisce una comunità più coesa a cui ci paice contribuire. Già oggi “lavorano” da noi, piuttosto che girovagare, due richiedenti asilo del Burkina Faso e, quindi, i diue ammessi alla MAP in arrivo a febbraio più i tre che, come mi conferma il dg Negrin sono in attesa di essere inseriti nel programma da noi. Seguire queste persone ci costa un impegno, che, però, è ripagato dallo scopo sociale da raggiungere».

Prime assegnazioni e obiettivi futuri

AMCPS ha già ricevuto le prime richieste per il mese di febbraio, con due incarichi già assegnati e altre domande in fase di valutazione. Guzzo ha sottolineato come le persone coinvolte non siano “sostituti” del personale dipendente, ma collaboratori che integrano il lavoro dell’azienda, fornendo un contributo utile alla comunità.

In chiusura, Possamai ha parlato di un progetto che non solo riduce la recidiva, ma costruisce un ponte tra giustizia e solidarietà: «Questo è solo l’inizio. L’idea è ampliare il progetto ad altre municipalizzate, offrendo sempre più opportunità per un percorso di reinserimento dignitoso».

I requisiti per gli enti e la questione della retribuzione: chiarimenti sul funzionamento della messa alla prova

A fine conferenza stampa abbiamo posto due domande per comprendere meglio l’operatività della “messa alla prova”: quali sono i requisiti necessari per un ente per entrare nel programma e se i “messi alla prova” ricevono una retribuzione per il loro lavoro.

A rispondere è stata la giudice Veronica Salvadori, coordinatrice del tavolo per i lavori di pubblica utilità. «Per quanto riguarda i requisiti, gli enti pubblici sono ammessi automaticamente senza particolari verifiche. Diversamente, per le organizzazioni no profit e private, finora si è fatto un controllo di base, accertandosi che i legali rappresentanti non avessero pendenze giudiziarie o condanne». Tuttavia, ha spiegato la Salvadori, il tavolo di lavoro ha avviato un processo per introdurre criteri più approfonditi, al fine di valutare la meritevolezza e l’idoneità degli enti. Questo include la verifica delle strutture, del numero di posti disponibili e delle attività proposte. Ogni domanda sarà valutata caso per caso.

Per quanto riguarda la retribuzione, Salvadori ha precisato che non è prevista alcuna forma di compenso. Anche il presidente del Tribunale Luigi Perina è intervenuto per ribadire che l’assenza di retribuzione è concettualmente fondamentale per l’istituto, il cui obiettivo è favorire il reinserimento sociale e la dimostrazione delle capacità e della volontà di recupero del “messo alla prova” attraverso attività utili alla comunità. «Non si tratta di un lavoro retribuito, ma di un percorso che mira a riabilitare l’individuo nel contesto sociale», ha evidenziato Perina.

Considerazioni finali

Questa convenzione non è, quindi, solo un traguardo istituzionale, ma un simbolo di collaborazione tra enti pubblici e privati per una giustizia più umana e funzionale. Se applicata su larga scala, la “messa alla prova” potrebbe rappresentare un modello virtuoso, con ricadute positive sulla società e sul sistema giudiziario.