Covid e comunicazione politica: il lockdown sa di ‘dittatura’, il ‘coprifuoco’ ci carica nella guerra al virus

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La guerra Covid
La guerra Covid

Le parole sono importanti. Ce lo hanno spiegato filosofi occidentali (Focault) e orientali (Confucio), oltre che cineasti italiani (Nanni Moretti). Avendo stilettato coloro che parlano di dittatura per le misure di contenimento del Coronavirus, per par condicio va anche fatta una riflessione sul linguaggio usato dal governo e dai colleghi della stampa. Se a marzo si è parlato, poi attuandolo, di lockdown, ora ricorre il termine coprifuoco, in attesa del nuovo decreto del premier Conte che dovrebbe arrivare stasera o domani e prevedere nuove restrizioni per contenere i contagi che di giorno in giorno stanno risalendo la china (ieri 10975, secondo Crisanti presto si arriverà a 15 mila).

Lockdown era uno di quei termini inglesi che sembrano cool perché vengono dalla patria del beat e del rock moderno, ma che spesso possono avere lo sgradevole effetto dell’ombrello di Altan, come Welfare, Spending review, Jobs Act, navigator. Ma gli italiani, che quando vogliono studiano, hanno colto dietro il termine lock la clausura coatta, la prigionia, la privazione della libertà. Inoltre c’è il dato, evidente, crudo, non mascherabile con l’inglese, del danno economico e sociale che ha creato e quindi oggi non si vuole neanche parlare di un altro lockdown.

Allora si parla di coprifuoco. Concretamente, è un male minore rispetto alle chiusure, da un punto di vista economico è più accettabile per tutti. Ma la forza di questa parola pare sfuggirci. È una parola che viene dalla legge marziale, che ci riporta ai tempi della guerra, la cui memoria teniamo viva con giornate celebrative come il 25 aprile. E che quindi non dovrebbe essere usata con leggerezza. Guerra tra l’altro c’è ancora in molte parti del mondo, guerra che implica spese militari, soldi che magari potevano essere investiti nella Sanità.

Ma d’altronde infondere l’idea che siamo tutti in guerra contro un nemico comune, il virus, è una strategia comunicativa efficace per chi governa, perché da un punto di vista psicologico ci spinge a lottare per una causa, a fare dei sacrifici, piccoli, per ritornare poi alla libertà. Un ragionamento che funziona soprattutto per i più giovani, che non hanno mai vissuto una guerra e che per la prima volta si trovano a vivere una situazione drammatica tutti insieme. Ma le emergenze sanitarie potrebbero ripetersi ancora in futuro, soprattutto in un mondo così inquinato. E quindi,punto primo, sarebbe bene non abiturarsi troppo alla privazione della libertà e lo si può fare anche misurando le parole, punto secondo, c’è un’altra parola che usiamo in maniera errata e che può avere conseguenze, anche a livello subliminale, pericolose per la nostra libertà ed è governare. Le bestie si governano. I politici invece, dovrebbero essere visti come amministratori, non come governanti. Amministratori della res publica, del bene comune, dei soldi delle nostre tasse, da usare in questo caso per la ricerca e la sanità, contro il nemico comune, il Covid, invece che mandare noi in guerra. Noi che ovviamente dobbiamo mettere sempre la mascherina, noi che non possiamo pensare che a livello di cure e di gestione sanitaria la situazione sia la stessa di marzo, quando il virus ci ha colti alla sprovvista. Un provvedimento si fa in una notte, ma dopo 7 mesi chi amministra la cosa pubblica, chi studia, chi fa ricerca, chi lavora in ospedale, dovrebbe essere più preparato e meno spaventato.

In Francia, ci dicono, la situazione dei contagi è peggiore che in Itaia. Scrive il quotidiano Le Figaro alla fine di un recente articolo: “… sembrerebbe che il coprifuoco sia davvero una misura efficace nel senso che contribuisce, in una certa misura di scala, alla riduzione della circolazione del virus. L’istituzione di un coprifuoco consentirebbe quindi di evitare determinati raggruppamenti, compresi e in particolare i raduni serali. Ma il coprifuoco resta soprattutto una misura complementare alla mascherina e alle misure di allontanamento sociale. Quindi, secondo il presidente dell’Accademia di medicina Jean-François Mattéi, perché il coprifuoco sia realmente efficace, si tratta soprattutto di combinare il “lockdown individuale” (la mascherina), con il “lockdown parziale” (per città al di sopra della soglia di allerta) e “lockdown notturno”, un termine “meno bellicoso e meno violento” per significare “coprifuoco”.

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