Coronavirus 2020 come pandemia Hong Kong del ’68? Un infermiere vicentino di allora: caterve di morti ma non c’era il virus… web e tv

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Nel ventesimo secolo si sono succeduti tre casi di pandemia influenzale nel 1918, 1957, e 1968, identificati comunemente in base alla presunta area di origine come Spagnola, Asiatica e Hong Kong.

Esistono prove scientifiche, secondo quanto riportato dall’Istituto Superiore di Sanità, a favore dell’ipotesi che tutte le pandemie, con modifiche dell’emagglutinina, originino dal riassortimento genetico con virus provenienti dall’influenza degli animali.

La Spagnola durò due anni e si stima che un terzo della popolazione mondiale ne fu colpito con un tasso di letalità del 2,5% e circa 50 milioni di decessi, anche se alcuni ne ipotizzano fino a 100 milioni. Il 99% dei decessi colpirono persone con meno di 65 anni, con un picco di mortalità nelle fasce di età centrali tra 25 e 44 anni.

Negli anni trenta, ricorda sempre l’ISS, furono isolati virus influenzali dai maiali e dagli uomini che, grazie a studi sieroepidemiologici, furono messi in relazione con il virus della pandemia del 1918. Si è visto che i discendenti di questo virus circolano ancora oggi nei maiali. Forse hanno continuato a circolare anche tra gli esseri umani, causando epidemie stagionali fino agli anni ’50, quando si fece strada il nuovo ceppo pandemico A/H2N2 che diede luogo all’Asiatica del 1957.

In quell’anno si sviluppò la nuova pandemia. Il New York Times in un articolo descrisse che aveva già coinvolto circa 250 mila persone in un breve periodo ad Hong Kong. Con l’Asiatica del ’57 fu molto diffuso ed evidente il fenomeno di polmoniti primariamente virali. In contrasto con quanto osservato nel 1918 le morti si verificarono soprattutto nelle persone affette da malattie croniche e meno colpiti furono i soggetti sani.

Il virus dell’Asiatica scomparve dopo 11 anni, soppiantato dal sottotipo A/H3N2 Hong Kong. La terza pandemia del secolo, come le precedenti due, provenne dal Sud Est Asiatico e anche questa volta fu la stampa a dare l’allarme con la notizia di una grande epidemia a Hong Kong data dal Times di Londra.

Nel 1968, come nel ’57, le comunicazioni e in particolare quelle con la Cina continentale erano poco efficienti per cui la velocità del contagio fu lenta. Poiché l’epidemia si diffuse inizialmente in Asia, ci furono importanti differenze con quella precedente: in Giappone le epidemie furono saltuarie, sparse e di limitate dimensioni fino alla fine del ’68.

Il virus arrivò, poi, alla costa occidentale degli USA e fece registrare elevati tassi di mortalità, contrariamente all’esperienza dell’Europa dove l’epidemia non si associò a grandi percentuali di decessi. In Italia il livello di morti attribuibile a polmonite ed influenza associato a questa pandemia fu stimato in circa 20 mila.

In alto vi proponiamo un servizio del telegiornale della Rai del 1970, nel quale vengono descritti gli ospedali pieni, citando anche un proverbio coniato per l’occasione “Quando Mao starnuta il mondo si ammala“. Viene ricordato come da Hong Kong il virus avesse impiegato 18 mesi ad arrivare in Italia, che, nonostante questo, ci colse… impreparati facendo registrare un bilancio pesante. Quindi si cita già al tempo la questione vaccino e il pericolo di ricadute. Infine un accenno finale alla prevenzione: “fra qualche anno il girotondo ricomincia” è la profetica conclusione, quanto mai attuale a distanza di cinquant’anni.

Ma la realtà che viene mostrata dalle immagini del servizio televisivo è di convivenza con la pandemia, come ci conferma anche un infermiere di Vicenza all’epoca alle prime esperienze in ospedale e oggi a 71 anni in pensione costretto anche lui a casa dalla quarentena nel suo appartamento in centro.

“Non sapevamo più dove mettere i morti – è il suo drammatico ricordo dopo aver visto il video – a differenza di allora però oggi ci sono una infinità di tv, media e giornali in più“.

“Medici e infermieri hanno fatto il loro dovere – conclude la sua riflessione – forse meriterebbero solo stipendi e condizioni di lavoro migliori”.

Per il Coronavirus del 2020 a maggio, mentre inizia gradualmente il ritorno alla normalità, si è arrivati a 30 mila decessi nel Belpaese, quasi tutti di persone anziane con patologie pregresse.

All’epoca delle altre pandemie non c’erano però gli spostamenti e i viaggi frequenti di questa era globale che hanno portato ad una rapida diffusione del Covid 19 con relativa “chiusura” di intere Nazioni in tutto il mondo.

Le ricadute sull’economia e, ancor più, sulla vita delle persone sono incalcolabili, anche se, come sempre avviene, c’è anche chi ci ha guadagnato da questa situazione approfittando di nuove opportunità e necessità.

Sperando sempre che nei prossimi mesi non tornino a risalire contagi e vittime, siamo sicuri che potremmo permetterci in futuro un altro simile lockdown?


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