Coronavirus, come sarà la ripresa e cosa fare? Ce lo dice Tommaso Maniscalco, Direttore dipartimento salute mentale Ulss 7

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Tommaso Maniscalco, Direttore del dipartimento di salute mentale Ulss 7
Tommaso Maniscalco, Direttore del dipartimento di salute mentale Ulss 7

Come sarà l’impatto dell’emergenza coronavirus sulle nostre relazioni sociali?Lo abbiamo domandato al dottor Tommaso Maniscalco, Direttore del dipartimento di salute mentale Ulss7 Pedemontana:

L’emergenza è percepita in modo anomalo: le persone hanno la sensazione di un evento inconcepibile, inatteso; in realtà non è un fatto nuovo nella storia dell’umanità la comparsa di nuovi patogeni per trasmissione da animale ad uomo, ad esempiogià quasi 10.000 anni fa, quando l’ uomo iniziò ad allevare gli animali, i bovini, per il proprio fabbisogno alimentare si  crearono le condizioni per il passaggio della peste bovina all’uomo determinando una patologia con cui conviviamo da allora: il morbillo. 

La differenza sta nel modo di vivere: nella preistoria ci si muoveva a piedi, i nuclei abitati erano piccoli, oggi invece, a causa della globalizzazione tutto si muove più in fretta, anche i virus. La vera novità pertanto è rappresentata non dal nuovo patogeno in sè, ma dall’emergenza appunto della rapidissima diffusione del virus, che determina ricadute di tipo organizzativo sanitario di gestione molto difficoltosa. La percezione “totalizzante” relativa al coronavirus, che la stessa comunicazione mediatica induce, sta favorendo nelle persone la scotomizzazione di tutte le altre malattie gravi.

La gente continua ad ammalarsi, infarti, ictus, tumori, incidenti.. continuano ad esistere, ma la gente non ne ha quasi più percezione, le altre malattie sembrano quasi scomparse, ridimensionate.

In Veneto mediamente c’è un numero di persone ricoverate di circa 8000 pazienti, attualmente ce ne sono circa 2000 in più a causa del coronavirus.

Per questo motivo il contenimento è necessario, anche attraverso misure importanti.

Qual è il vero obiettivo da raggiungere in questa emergenza?

L’obiettivo è capire che sarà necessario convivere col nuovo patogeno, come già facciamo con gli altri virus, per i quali siamo già attrezzati; questo avverrà anche per il covid-19, quando lo conosceremo meglio, in relazione alla individuazione di metodiche, diagnosi e screening efficaci, di cura e di protezione preventiva mediante vaccinazione. Lo psichiatra tuttavia deve essere anche molto preoccupato per i rischi derivanti  dalla forzata limitazione alla socializzazione, che avviene normalmente negli ambienti culturali, ricreativi, sportivi, ludici.., fondamentale  per la maturazione dei giovani e per il benessere psicosociale delle persone.

E’ necessario prepararsi mentalmente ed attrezzarsi ad una convivenza con il virus come già avviene normalmente con molti patogeni (virali e batterici) anche molto gravi come lo sono ad esempio la meningite, la tubercolosi, il tetano ecc..e non alimentare aspettative magiche che si possano declinare in metafore belliche per cui in un certo giorno verrà dichiarata vinta la guerra e tutto sarà dimenticato se non rimosso!

Il rischio è quello di un sovradimensionamento delle aspettative legate ad una scorretta percezione della situazione. I patogeni appartengono alla nostra vita e non bisogna averne eccessivo timore una volta individuate le adeguate contromisure.

Stare bene dipende anche dalla nostra percezione interna, una volta che le misure prescritte dalle autorità sanitarie governative avranno permesso di dichiarare esaurita la fase emergenziale, è necessario mantenere il proprio stile di vita, indipendentemente dalla convivenza forzata con il nuovo patogeno evitando che questo nuovo virus cambi il nostro personale modo di essere.

Dovremo continuare ad usare le mascherine, anche in una fase successiva?

 Le mascherine chirurgiche diminuiscono la possibilità di contagio in caso di persone infette che riducano eccessivamente la distanza dagli altri. Le misure più importanti restano tuttavia quelle di carattere igienico-sanitario e sono sostanzialmente tre: la distanza per proteggersi dalle goccioline (droplet) e 1 metro è sufficiente, lavarsi bene e spesso le mani, non toccarsi la bocca, il naso e gli occhi con le mani sporche.

In una fase successiva alla fine della fase emergenziale c’è il rischio che l’utilizzo inopportuno e superfluo delle mascherine nella popolazione possa alimentare una barriera sociale dall’altro: ricordiamoci che la comunicazione non è mai solo verbale, ma anche non verbale e para-verbale e queste ultime possono risultarne fortemente limitate. In fin dei conti, in genere, nessuno si è mai sognato di mettere la mascherina per ridurre la trasmissione dell’influenza!


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