BERLINO, di Tonia Mastrobuoni (la Repubblica), 23 giugno) — Friedrich Mülln è il più famoso animalista tedesco, dirige l’ong “Soko Tierschutz” e non si meraviglia affatto delle fiammate di coronavirus registrate nei macelli tedeschi. Sono i nuovi focolai dell’epidemia e stanno emergendo ovunque. Perché sono luoghi di «schiavi salariati» contro i quali persino la magistratura ha capitolato, racconta. E che tengono volutamente fuori i lavoratori tedeschi. A Rheda- Wiedenbrück, in Nordreno- Westfalia, sono stati scoperti oltre 1.300 casi di coronavirus nello stabilimento Tönnies. In grandissima parte sono lavoratori dell’Est Europa.
Da anni, Mülln vive «come un U-Boot», un sottomarino. Nascosto dalla potente lobby della carne che ha già cercato di farlo fuori, prepara i suoi blitz nei loro inferni. E ogni siluro che tira, ogni filmato che rende pubblico di elettroshock inflitti ai maiali, di oche spiumate e ricucite da vive, di mucche malate trascinate dai trattori, diventa uno scandalo. «Abbiamo fatto chiudere sei mattatoi», racconta al telefono da un posto segreto. «Ma il problema non è il singolo scandalo: è il sistema. Che sfrutta gli uomini fino all’osso e tortura gli animali». Lì a Rheda-Wiedenbrück, dove si è registrata la nuova fiammata di Covid- 19, il re delle carni Tönnies gestisce il più grande macello d’Europa, dove si ammazzano «fino a 30 mila animali al giorno». E dove i lavoratori vengono «sfruttati fino all’osso». Anzitutto c’è il problema di dove vivono: «Dormono in molti in un’unica stanza e si dividono spesso un solo bagno o una sola cucina in 50 o 60. In queste condizioni, distanziamento e igiene non esistono ». Il secondo problema è il trasporto. «Questi schiavi salariati, non hanno auto proprie. Le imprese di subappalto che li impiegano, li portano nei bus, in sei o in otto». Anche lì il distanziamento è zero. Idem negli stabilimenti, dove le misure di sicurezza sono un’utopia come dimostra un video dell’8 aprile: nella mensa i lavoratori mangiavano uno addosso all’altro.
La cosa che sconvolge è l’impunità dei signori della carne. «È un’industria temuta, potentissima. E se dovessero essere applicate le norme di legge, dovrebbe chiudere. Lavorano nell’illegalità e nello sfruttamento alla luce del sole. E non assumono tedeschi, ma solo stranieri. Perché temono infiltrati. Ma anche per razzismo. Quando uno dei nostri ha fatto domanda in un mattatoto gli hanno risposto: “perché si candida? Lei è tedesco!”. Oppure gli hanno detto “si lavora con sostanze chimiche molto pesanti, glielo sconsigliamo”. E non credo lo dicano ai rumeni. Peraltro, questi lavoratori vengono truffati. A Dueren abbiamo denunciato che il capo del reparto, aveva tutti i cartellini dei lavoratori e li timbrava lui per nascondere gli orari veri, molto più lunghi. Alla fine del mese ai lavoratori davano 700 euro. E sa cos’è successo dopo la denuncia? Niente».
Un’altra denuncia andata a vuoto riguarda Osi, il fornitore di Mc-Donald’s. Nel mattatoio di Tauberbischofsheim, Mülln è riuscito a registrare torture con elettroshock contro animali che avvenivano davanti a veterinari statali. Ebbene: la Procura generale di Karlsruhe ha deciso di non condannarli perché «lo Stato non si può imporre nei mattatoi. Se non è una totale capitolazione dello Stato davanti allo strapotere dell’industria della carne questa…». Il punto di questi gruppi industriali così influenti — Toennies, Westfleisch, Danish Crown — è che con la minaccia di andare via dalla Germania o di aumentare i prezzi tengono sotto scacco la politica. «Come dico sempre: quello che per gli americani è il diritto ad avere le loro armi, per i tedeschi è il diritto ad avere la loro schnitzel. In Germania chi tocca la carne, si brucia».
Mülln vive in un luogo nascosto: hanno cercato di ammazzarlo «perché insieme a pochi altri sono uno dei loro principali nemici. Sanno che se riusciamo a entrare in un mattatoio, sono guai. Ma quello che faccio io dovrebbe farlo lo Stato e non un ong. Trattano gli scandali che scopriamo come singoli casi. Ma è un sistema».