Con il protocollo sottoscritto martedì 17 marzo tra le parti sociali, si legge nella posizione ufficiale del Partito Comunista Italiano a firma del suo segretario nazionale Mauro Alboresi, tutte le aziende che vogliono continuare a produrre, anche nelle realtà nelle quali più è forte l’incidenza dell’epidemia da coronavirus, anche se non riconducibili ai beni e servizi essenziali garantiti nel contesto delle misure di contrasto adottate dal governo, lo potranno fare. Per chi come noi si è espresso contro tale ipotesi, non è una buona notizia.
Restiamo convinti di ciò anche dopo una attenta lettura di tale intesa. Da essa, infatti, emerge un quadro di non adeguate garanzie per coloro che sono chiamati a lavorare comunque, anche se non necessario.
Poco o nulla vi è di prescrittivo, di realmente vincolante, e le forme di controllo previste sono assolutamente insufficienti. Siamo sostanzialmente di fronte ad un insieme di raccomandazioni. In altre parole i lavoratori restano esposti alla volontà di questo o quel datore di lavoro, nella speranza che tutto vada bene. Noi insistiamo: tutte le attività non essenziali è necessario, prima ancora che opportuno, che vengano sospese per il periodo di quarantena necessario ad isolare il virus.
Sono in gioco la salute, la vita dei lavoratori, e ciò, per noi, viene prima di ogni altra considerazione.
Mauro Alboresi, Segretario Nazionale PCI