Coronavirus, fabbriche aperte ma otto lavoratori denunciati a Carpi: manifestavano per collega morto sul lavoro. E’ il capitalismo, bellezza …

158
Il capitalismo... in tempi di coronavirus
Il capitalismo... in tempi di coronavirus

Mentre l’emergenza coronavirus (qui la situazione ora per ora sul Coronavirusqui tutte le nostre notizie sull’argomento, ndr) è argomento di discussione generale questa è la notizia (fonte www.tp24.it) che ci balza agli occhi: “Si sono radunati a Carpi, in provincia di Modena, per protestare dopo la morte di un collega, avvenuta martedì sera, quando un 41enne è rimasto incastrato in un macchinario presso l’azienda dove lavorava. Per questo sono stati denunciati dalla Polizia.

Radunandosi e dando vita alla manifestazione, gli operai non hanno rispettato le restrizioni in atto per il contenimento della diffusione del Coronavirus Covid-19. Gli otto operai denunciati appartengono alla sigla sindacale ‘Si-Cobas’. Il fatto è accaduto nello stabilimento di macellazione carni ‘Opas’ dove martedì sera è morto un operaio di 41 anni rimasto incastrato in un macchinario.

Sconcertante.

Si colpiscono i lavoratori perché protestano per l’ennesimo lavoratore morto nei luoghi di lavoro (sono 102 da inizio anno, 219 considerando i decessi in itinere).

Lo si fa mentre i lavoratori vengono “invitati” (“comandati”) a continuare il loro lavoro (e non solo nelle aziende che producono/distribuiscono generi di prima necessità o utili a combattere l’epidemia) spesso senza le tutele e le protezioni necessarie, mentre i padroni (si, chiamiamoli con il loro vero nome) anche in questa occasione si dimostrano legati in maniera morbosa (una vera e propria malattia da debellare) solo al loro profitto.

Tanto che insistevano (fino alla recentissima notizia della firma di un protocollo sicurezza lavoratori tra governo, sindacati e confindustria … comunque riserviamoci di leggerlo prima di esprimere qualche giudizio) su un non meglio precisato “codice di autoregolamentazione” che non prevedeva sanzioni né l’obbligo dell’uso di mascherine se non “per chi è malato o che ha un malato in casa” (da repubblica.it).

Confindustria voleva una sorta di “raccomandazione” a prestare attenzione e un appello al “buon cuore” dei padroni. Sono posizioni e richieste, comunque, indegne di un paese civile.

Al solito i padroni vorrebbero che le leggi si fermassero fuori dai cancelli delle fabbriche. Dentro, chi lavora deve sottostare alle regole che lorsignori vogliono imporre per garantirsi sempre maggiori profitti (la famigerata autoregolamentazione ossia la “generosa benevolenza” della distribuzione delle briciole).

Le regole che tutelano il lavoro e la salute sono sempre considerate, da lorsignori, intralci, lacci e laccioli che possono e devono essere ignorate.

Qualcuno potrebbe affermare che “è il capitalismo, bellezza … e tu non puoi farci niente“, ma noi diciamo che è barbarie, nient’altro che una pericolosa e indegna barbarie. E che, con la lotta e l’unità di chi lavora, si può fare tanto.

Articolo precedenteCoronavirus a Vicenza, Colombara chiede a Rucco pulizia e sanificazione straordinarie di strade, piazze e luoghi pubblici
Articolo successivoCoronavirus, Polizia locale: due le persone denunciate a Vicenza
Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.