Coronavirus… senza logica alcuna

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In questo periodo di quarantena è giusto aver preso la decisione di chiudere le aziende che non producono beni o servizi essenziali. Certo, può essere un grande sacrificio per chi vive del proprio lavoro e, soprattutto, per chi ha contratti precari e a termina il futuro diventa molto incerto. Per questi lavoratori lo Stato dovrà dare tutte le garanzie necessarie perché l’incertezza non si trasformi in un dramma vero e proprio. Prima di tutto, comunque, bisogna salvaguardare, per quanto possibile, la salute e la vita delle persone.

Ma, allora, perché a Cameri (Novara) da lunedì si è ricominciato a lavorare per produrre i cacciabombardieri F35? È, forse, una produzione essenziale? Servono a combattere la pandemia di Covid-19? Sono necessari a dare un seppur minimo sollievo all’umanità?

Si fatica a capire quale sia la logica che viene seguita. Si capirebbe se in quella fabbrica si producessero strumenti utili come respiratori o parti di essi, se si fosse attuata o si stesse facendo una riconversione produttiva. Invece no, si costruiscono apparecchi che servono a portare morte in giro per il mondo. Fanno lo stesso lavoro del virus, solo che sono molto più grandi e possono produrre molta più distruzione.

Alla fine si capisce che la logica è sempre la stessa, quella di fare profitto ad ogni costo. Le armi di distruzione (e non solo) sono molto remunerative. Servono a imporre l’ordine che vuole chi le possiede. Servono a uccidere, a radere al suolo paesi interi, a sottomettere i popoli, a conquistare le fonti di energia rubandole a chi le possiede. Servono ad avere il potere necessario per quella che è la “fase suprema del capitalismo”: l’imperialismo.

E, allora, nel sistema spaventoso nel quale stiamo vivendo e al quale ci siamo progressivamente adeguati) produrre armi è essenziale. Forse questa è la logica che fa si che la produzione degli F35 debba continuare. Ma è una logica inumana, assurda, sbagliata, talmente atroce che deve essere ripudiata da ognuno.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.