Perché? Per tre ragioni. Innanzitutto, rispondono pressoché all’unisono gli esperti, perché noi cerchiamo i contagiati. I numeri sembrano dimostrarlo: in Francia sono stati eseguiti a oggi 300 test per cercare il coronavirus e le sue tracce sul nostro sistema immunitario, in Italia oltre 3000. E poi, come ha denunciato nei giorni scorsi Walter Ricciardi, esperto indiscusso e nominato ieri dal ministro Roberto Speranza consigliere per le relazioni dell’Italia con gli organismi sanitari internazionali: paghiamo oggi il fatto di aver chiuso le rotte con la Cina senza impedire che i passeggeri facessero scalo da qualche parte in Europa e poi venissero qui; Francia, Germania e Regno Unito hanno invece seguito le indicazioni dell’Oms, non hanno bloccato i voli così hanno potuto tracciare e mettere in quarantena i soggetti a rischio. Infine: molti contagi si sono registrati in ospedale dove la trasmissione avviene più rapidamente.
Cominciamo dalla prima ragione: i test sul coronavirus che noi facciamo a ruota libera e di cui, invece, gli altri Paesi Ue sono più parchi. Detta così sembrerebbe una nota di merito per le nostre strutture sanitarie, ma, invece, è l’inizio di un cortocircuito nel quale sembriamo esserci avvitati e che ha un’origine molto precisa: regioni e Asl che procedono in ordine sparso facendo ognuna quello che ritiene più opportuno. Seguendo il cuore, l’opportunità politica, le indicazioni di illustri quanto scoordinati professori locali.
E questo è un guaio perché testare tutti “a casaccio”, come ci ha detto un superesperto che non vuole essere citato, significa trovare tanti falsi positivi; significa intasare le strutture sanitarie seminando il panico e distraendo dall’unica cosa utile da fare in questo momento: tracciare i sospetti e limitarne i movimenti per evitare che vadano in giro ad infettare altri. Certo, il test è anche un business e, mentre Maria Elena Boschi e Vito De Filippo di Italia Viva chiedono di estendere anche ai laboratori privati la possibilità di eseguirlo, cresce la preoccupazione che diventi uno di quegli eccessi di atti medici che alimentano caos e ansia a carico del Sistema sanitario nazionale.
Resta, però, che i contagi ci sono stati. Nonostante la misura draconiana di bloccare i voli dalla Cina. Appariscente ma bucata ogni giorno dai passeggeri che triangolavano su Londra, Zurigo, Parigi, Francoforte. Col risultato che nessuno sa chi e quando è arrivato in realtà dalla Cina. I contatti commerciali sono infiniti, i colletti bianchi che dalla Lombardia e dal Veneto vanno e vengono da Pechino, Shanghai, e anche Wuhan centinaia. E oggi è difficilissimo rintracciare i movimenti delle persone contagiate alla ricerca del cosiddetto paziente zero. La componente Cina, concordano gli esperti, non ha più impatto: i contagi sono avvenuti in Italia, per secondo, terzo o anche quarto contatto.
Chissà quando, nelle settimane se non nei mesi scorsi, Covid 19 è entrato in Italia, molte persone si sono contagiate, ammalate e guarite, ma hanno sparso il virus… Dicono i virologi che era il tempo dell’influenza e i sintomi sono stati confusi. L’influenza ora ha fatto il suo decorso, ha colpito gli anziani e le persone a rischio come sempre fa. E oggi se ne sta andando lasciandoci in eredità Covid-19. Con una conseguenza grave: le persone immunodepresse, malate o anziane, che potrebbero guarire bene da un’influenza, di fronte a Covid-19 rischiano di soccombere. Ma tutti gli italiani sono esposti a un virus sconosciuto e quindi dalle conseguenze imprevedibili anche per una persona sana, come dimostra il paziente 1, il trentottenne del basso lodigiano ancora in rianimazione. Si poteva evitare? Ci si poteva almeno provare, rispettando alla lettera le indicazioni dell’Oms in tutto il Paese, senza fughe in avanti. Speranza ha nominato Ricciardi per coordinare la gestione italiana con le indicazioni delle autorità internazionali. Resta però, intangibile, la sovranità delle regioni in materia di sanità.
Piero Angela “Fidiamoci degli esperti senza cambiare vita”
«Mia madre da ragazza, subito dopo la Prima guerra mondiale, si ammalò di Spagnola, la terribile influenza che avrebbe fatto milioni di morti. Ma lei fu tra coloro che guarirono». Piero Angela, classe 1928, è testimone di un secolo di avvenimenti e di cinquant’anni di scienza raccontata in libri e celebri programmi tv, da SuperQuark a La macchina meravigliosa, alla scoperta del corpo umano. Eppure scene come quelle a cui stiamo assistendo in queste ore in Lombardia e Veneto non le aveva mai viste. «No, non mi era mai capitato niente del genere.
Sembra un film di fantascienza».
Piero Angela, lei è preoccupato?
«La cosa personalmente non mi spaventa, non mi fa paura. Anche se penso che sia una cosa seria».
Lei viaggia molto per incontri e conferenze. Cambierà abitudini a causa del Covid-19?
«In realtà la chiusura delle università torinesi ha fatto saltare una manifestazione a cui avrei dovuto partecipare nei prossimi giorni. Quindi sì: il coronavirus sta incidendo anche sulla mia attività.
Però io non rinuncio a fare ciò che ho sempre fatto, compreso viaggiare.
Certo, d’ora in poi lo farò seguendo le indicazioni delle autorità sanitarie: se mi dicono di indossare mascherina e guanti li indosserò. Non posso giudicare se sono misure eccessive o no, mi fido di quello che mi dicono gli esperti».
È razionale la paura che circola in queste ore in Italia?
«Microrganismi molto aggressivi ci sono sempre stati nella storia dell’umanità e hanno fatto vere e proprie stragi, anche in epoche relativamente recenti. Si pensi al vaiolo, debellato nel 1977 ma che fino ad allora aveva fatto 500 milioni di morti. O alla già citata Spagnola, o ancora all’Hiv, che secondo l’Oms dall’inizio dell’epidemia ha fatto 32 milioni di morti».
Ha contribuito anche il blocco dei voli diretti senza però intervenire sulle rotte secondarie
Laboratorio
di Luca Fraioli, da la Repubblica