Per scongiurare l’usura
L’accesso ai finanziamenti pubblici è sottoposto a regole che si fanno sempre più stringenti e le imprese sono sempre più penalizzate.
Nelle scorse settimane l’Agenzia delle Entrate preannunciava «un’iniziativa autonoma […] di un sistema di allerta a vantaggio dell’impresa per intercettare possibili situazioni di crisi», «per valutare se ricorrono i presupposti per chiedere l’attivazione della procedura di composizione negoziata».
In pratica, anche un debito modesto (ad esempio un debito Iva che superi i 5.000,00 euro) potrebbe innescare una serie di gravi conseguenze: lo Stato non concede nessun incentivo, le banche chiudono le linee di credito, ove esistenti, e la cessazione delle attività dell’impresa diventa un evento certo.
A rafforzare questo scenario, che in autunno potrebbe essere ancora più drammatico, in un recente studio il Centro Studi della CGIA di Mestre prevede la ‘morte civile’ di 146 mila imprese, che, nei prossimi mesi, si troveranno concretamente a rischio usura. Si tratta prevalentemente di imprese artigiane, esercenti attività commerciali, o piccoli imprenditori che risultano insolventi e che sono stati segnalati alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Questa condizione impedirà di accedere a nuovi prestiti, poiché difficilmente potranno beneficiare di alcun aiuto economico dal sistema bancario, rischiando di chiudere o, peggio ancora, di finire nelle mani degli usurai.
Per affrontare l’emergenza usura, la CGIA suggerisce il potenziamento delle risorse a disposizione del ‘Fondo di prevenzione dell’usura’, che, però, da solo non può dare risposta adeguata al tema dell’accesso al credito.
Occorre, infatti, affrontare tale difficoltà non tenendo conto dei rigidi sistemi di rating utilizzati dal sistema bancario, basati perlopiù su informazioni di tipo quantitativo e che non prendono in considerazione, invece, le variabili di tipo qualitativo che, in molti casi, permetterebbero, a determinate condizioni, di avere prospettive interessanti a prescindere dai numeri contabili.
In un sistema del credito come quello italiano, che richiede almeno due bilanci depositati e garanzie reali, serve introdurre forme inedite di ‘rete’ fra imprese, operatori finanziari e investitori (anche piccoli) al fine di costruire un ecosistema del credito che risponda innanzitutto al bisogno sociale, mettendo al centro la persona.
Negli ultimi anni si sta sviluppando il mercato dell’alternative lending, che tramite l’emissione di mini-bond, mercato secondario di crediti erariali, e altri strumenti di crowdfunding, permette alle imprese non aventi i requisiti per l’accesso al credito tradizionale bancario di sfruttare nuovi strumenti di fundraising.
Alla base di tutto ciò, nuove logiche di determinazione del merito creditizio.
Vari indicatori sia meramente qualitativi sia quantitativi ma slegati in prima battuta dai prospetti del bilancio della IV direttiva CEE potrebbero giovare all’accesso al credito di molte realtà che, trovandosi in difficoltà, a cascata riversano le loro difficoltà sui propri fornitori, sugli stakeholder tutti e sull’intero sistema.
In particolare, conoscere le competenze e l’esperienza delle persone presenti all’interno dell’azienda rappresenterebbe un primo passo per valutare la solvibilità e l’affidabilità di un’iniziativa. Un’analisi di punti di forza, debolezza, opportunità e sfide, che comprenda, quindi, tutti i processi e le relazioni interne ed esterne all’azienda, aiuterebbe a distinguere un’iniziativa da un’altra e a individuare un eventuale vantaggio competitivo.
In Italia, nel contesto delle PMI, delle microimprese e delle start-up in special modo, lo studio approfondito delle variabili qualitative che influenzano il risultato finale aziendale, delle persone che ne fanno parte, delle psicologie di fondo che regolano l’azienda specifica o il settore in esame, permettono già oggi di avere una visione più chiara e libera da distorsioni.
Gli schemi di conto economico e stato patrimoniale, al netto di eventuali politiche di bilancio fantasiose, talvolta non riescono a presentare in maniera corretta e rispondente alla realtà un ciclo produttivo con i suoi risvolti presenti e le sue possibilità future, escludendo in maniera decisiva dalla partecipazione alle risorse finanziarie soggetti che, con il loro sviluppo virtuoso, gioverebbero all’intero sistema imprenditoriale
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Fonte: Costruire un ecosistema del credito