La FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) ha diffuso, oggi, il suo Rapporto sull’insicurezza alimentare mondiale (SOFI, The State of Food Security and Nutrition). Il documento non lascia spazio a interpretazioni di sorta: la fame continua a crescere per il quinto anno consecutivo; fino a 811 milioni di persone nel mondo, allo stato attuale, ne soffrono.
Azione contro la Fame, in vista del “prevertice” del Food Systems Summit (26 al 28 luglio) e del vertice finale del G20 (30 e 31 ottobre), che si terranno in Italia, chiede ai governi e, in particolare, all’Esecutivo italiano, di promuovere e adottare, nell’occasione, misure efficaci per affrontare la situazione: l’agroecologia ma anche la valorizzazione dei sistemi alimentari locali e sostenibili devono avere la priorità; allo stesso modo, devono essere intraprese con urgenza le misure più utili per prevenire le crisi alimentari, con l’obiettivo di arginare l’aumento del numero di persone affamate.
D’altra parte, il rapporto dimostra, ancora una volta, che la fame sia un flagello tristemente contemporaneo. Già in aumento dal 2014, l’insicurezza alimentare è esplosa nell’ultimo anno. Fino a 811 milioni di persone nel mondo, infatti, sono affamate (161 milioni in più rispetto al 2019); inoltre, circa 660 milioni potrebbero essere ancora affamate nel 2030, in parte anche a causa degli effetti duraturi del Covid-19; tre miliardi di persone, infine, non hanno accesso a una dieta sana, soprattutto per ragioni di carattere economico.
I conflitti sono ancora una delle cause principali della malnutrizione e dell’insicurezza alimentare acuta. Tra gli altri, Burkina Faso, Yemen, Nigeria, Sudan del Sud ed Etiopia sono considerati dalle Nazioni Unite come i Paesi a rischio carestia. Le popolazioni che vivono in queste zone vedono regolarmente violati i loro diritti. Azione contro la Fame ricorda che in queste situazioni di conflitto, uomini, donne e bambini devono avere accesso agli aiuti umanitari. La capacità degli attori umanitari di accedere in queste aree e di rispondere ai bisogni delle popolazioni non deve essere ostacolata da vincoli amministrativi o di sicurezza.
L’organizzazione, che insieme con il suo network opera in quasi 50 Paesi del mondo, è stata testimone del deterioramento delle condizioni legate alla sicurezza alimentare delle popolazioni. A causa della pandemia, i sistemi alimentari di tutto il mondo sono stati fortemente colpiti. Le misure di contenimento necessarie per proteggere le popolazioni hanno determinato la perdita dei raccolti, l’impossibilità di percepire un reddito e hanno fatto precipitare milioni di persone in uno stato di precarietà. Azione contro la Fame, per queste ragioni, invita i decisori e i Governi a prendere misure adeguate alla situazione contingente: nel Nord come nel Sud, è urgente invertire la tendenza trasformando radicalmente i sistemi alimentari per renderli sostenibili, resilienti e più equi.
“È giunto il momento di affrontare, seriamente, i fattori che causano l’insicurezza alimentare: mi riferisco, in particolare, al cambiamento climatico, ai conflitti e alle disuguaglianze economiche che generano questi livelli di fame – dichiara in un comunicato Simone Garroni, direttore generale di Azione contro la Fame -. Se da un lato è necessario sostenere, il più rapidamente possibile, le vittime delle crisi alimentari attuali, per evitare morti evitabili, le lezioni da trarre dalla pandemia sono chiare: è necessario investire sulla resilienza delle popolazioni vulnerabili, puntando su sistemi innovativi e di successo, come l’agroecologia, e sulla valorizzazione sistemi alimentari locali, che devono essere al centro di una trasformazione sostenibile ed equa. Ecco cosa chiediamo ai due vertici internazionali che a luglio e a ottobre si terranno in Italia, nella speranza che alle parole, in questo caso, seguano fatti concreti e un interesse per l’altro che sia pari a quello che vedo sul campo attraverso l’impegno dei nostri operatori”.
Il primo vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari avrà luogo nel settembre 2021 ma un prevertice si terrà a Roma già alla fine del mese.
In questa occasione, sarà necessario ribadire il ruolo essenziale dell’agroecologia contadina nel rispondere alle sfide sociali, alimentari e ambientali. Tuttavia, abbiamo la sensazione che gli organizzatori del summit promuovano quasi esclusivamente un’agricoltura “high-tech”, incentrata su soluzioni non sufficientemente rispettose del clima, dell’ambiente e delle popolazioni e che non si adattano ai piccoli produttori.
L’organizzazione ritiene che non sia più possibile sostenere e promuovere due modelli agricoli contraddittori. L’agricoltura industriale e l’agroecologia sono agli antipodi, non sono affatto complementari. In tal senso, in occasione del vertice, Azione contro la Fame chiede un ripensamento globale, radicale ed equo dei sistemi alimentari a favore dell’agroecologia contadina. È essenziale che gli Stati comincino adesso a promuovere dei cambiamenti fondamentali che siano all’altezza della situazione e smettano di abdicare ai giganti dell’agribusiness.