Carenza di personale sociosanitario per Covid o per mancanza di vaccinazione, criticità nel garantire sostenibilità economica, difficoltà nel reperimento di specifiche figure professionali, dimissioni degli operatori in “fuga” verso le strutture sanitarie pubbliche o verso altre professioni: sono i fattori che stanno oggi mettendo in ginocchio l’organizzazione del lavoro in molte delle oltre 320 Rsa (residenze sanitarie assistenziali) per anziani del Veneto, che accolgono circa 28mila ospiti.
“Ma la verità è che da lungo tempo queste strutture sono in sofferenza – spiega in un comunicato Cinzia Bonan, segretaria di Cisl Veneto con delega alle politiche sociali e sanitarie – e che la straordinaria emergenza sanitaria ha acuito le numerose debolezze già preesistenti nel sistema della residenzialità e della domiciliarità, rendendole ancor più evidenti e preoccupanti. Perciò riteniamo sia urgente individuare puntualmente le criticità del sistema e le priorità di intervento, definendo al contempo i livelli assistenziali che garantiscono da un lato qualità del servizio, sostegno alle persone e alle famiglie in situazioni di fragilità, dall’altro la valorizzazione e la tutela dell’occupazione”.
«Sappiamo bene come la qualità dei servizi e delle prestazioni sia strettamente connessa a quella del lavoro, poiché rappresentiamo e vogliamo tutelare insieme i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, dei pensionati e delle pensionate, come le condizioni degli ospiti delle strutture residenziali. E miriamo a che ciò possa realizzarsi senza ricadute sui costi sostenuti dalle famiglie» continua Bonan, che aggiunge ancora: «Certo è in capo ai soggetti istituzionali, e in particolare alla Regione del Veneto per quanto riguarda il nostro territorio, la presa in carico delle diverse problematiche come l’attivazione degli interventi necessari. Ma governance, obbiettivi e operatività chiedono una stretta condivisione tra tutti i soggetti coinvolti e le loro rappresentanze, e oggi più che mai implicano percorsi di coprogettazione. Per questo chiediamo con urgenza la costituzione di un tavolo regionale per avviare una riflessione congiunta, come proposto da tempo. Serve, infatti, un adeguamento complessivo delle politiche sociosanitarie per assicurare risposte efficaci ai bisogni crescenti di una popolazione con un’età media sempre più elevata».
Ma è anche fondamentale adoperarsi perché siano valorizzati professionalmente le lavoratrici e i lavoratori dei servizi sociosanitari, di assistenza e di cura degli anziani, settore che oggi risulta sempre meno attrattivo per la pesantezza dell’impegno richiesto e il basso riconoscimento economico corrisposto. «La questione economica, e in particolare l’equilibrio tra finanziamenti regionali e rette, non possono continuare a pesare sulle spalle dei lavoratori – rimarca Marj Pallaro, segretaria generale di FP Cisl Veneto –. I contratti da applicare devono essere appetibili dal punto di vista sia della tutela dei diritti che della retribuzione. Da molto tempo, come categoria della Funzione pubblica di Cisl, sosteniamo che anche nelle Ipab debba essere applicato il contratto della sanità, soprattutto per il personale sanitario e sociosanitario, e sia necessario prevedere una sua gestione integrata con le Ulss locali».
«C’è un ampio spazio possibile di azione comune – evidenzia ancora Giovanni Battista Comiati, segretario di Fisascat Cisl Veneto, che rappresenta i lavoratori delle Rsa a gestione privata – in cui le aziende e le associazioni di categoria, se lo vorranno, potranno cogliere nuove opportunità dal confronto con le organizzazioni sindacali, pattuendo insieme migliori condizioni economiche (non sempre onerose), utilizzando anche i principi, e quindi i benefici, della normativa sulla detassazione, la partecipazione e la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro. Protagonisti potranno essere anche nuovi modelli contrattati di welfare aziendale, particolarmente efficaci e apprezzati da lavoratrici e lavoratori».
«Gli anziani ospiti nelle case di riposo più di ogni altro hanno subito le conseguenze della pandemia – conclude Tina Cupani, segretaria generale della Fnp Veneto, i pensionati di Cisl –. Quando il virus è entrato la prima volta nelle case di riposo, è stata una strage. Quando, grazie alla scienza, sono arrivati i vaccini e proprio gli anziani nelle Rsa sono stati tutelati per primi, a gran fatica è stato loro concesso di ritrovare la socialità per mesi negata. E cioè visite dei famigliari e attività ricreative, che in questa quarta ondata ancora una volta avvengono a singhiozzi. Proprio la pandemia, però, ha evidenziato come tutto il sistema vada riformato: con un invecchiamento della popolazione che vedrà nel 2050 raddoppiare il numero di over 85, e quindi raddoppiare il numero di anziani non autosufficienti, alle case di riposo si chiede di fornire molti più servizi di tipo sanitario».