Covid, nasce “Schools for Future”: la ‘neo-garibaldina’ Anita ispira la protesta silenziosa degli studenti contro la Dad

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Il comitato Priorità alla scuola lancia il flash-mob Schools for future

Il nome si ispira al movimento ‘Fridays for Future‘ che ha portato gli studenti in piazza, anche a Vicenza di recente, per chiedere ai governi misure serie per fermare l’inquinamento. Il movimento stesso nasce invece dalla protesta istintiva e spontanea di una 12enne con un nome bellissimo, Anita, che ricorda la pasionaria compagna dell’eroe dei due mondi Garibaldi e rimanda a un periodo storico in cui amore, ardore, passione e idee, in due parole vita e anima, si accendevano ed erano forti. In otto città italiane, (perché nessuna del NordEst?), gli studenti sono scesi in piazza in maniera analoga alle proteste del 2008-2009 e 2010 contro i tagli dell’allora governo Berlusconi, e con l’immagine di altre proteste studentesche del passato, con un libro in mano. In alcuni casi con i banchi, per studiare. Per sfamarsi di cultura. Un gesto simbolico molto forte che ovviamente va inserito nel difficilissimo e praticamente inaudito contesto  in cui si trova ad operare oggi il ministro della Pubblica istruzione Lucia Azzolina, cioè quello della pandemia da Covid.

L’iniziativa è figlia di un’altra, cioè la nascita del comitato Priorità alla Scuola, che a partitre da ieri 13 novembre ha lanciato i “venerdì per il futuro degli studenti”. I protagonisti sono stati studentesse e studenti di Roma, Milano, Firenze, Torino, Faenza, Bologna, Ancona, Napoli.
Ragazze e ragazzi in didattica a distanza si sono collegati a un’ora di lezione stando davanti al portone o ai cancelli del proprio istituto scolastico. L’idea è nata dall’iniziativa presa da Anita, la studentessa dodicenne di Torino che da cinque giorni segue le lezioni piazzata davanti alla sua scuola (la media Italo Calvino). “La Dad non è una risposta. Il flash mob intende denunciarne, ancora una volta, i limiti e i problemi che provoca. La Dad resta un problema anche qualora le istituzioni scolastiche garantiscano la fornitura di strumenti informatici e connessioni (e sono ancora almeno 300mila gli studenti senza pc o connessione). Nessun “ristoro” potrà fornire anche una stanza in più (secondo i dati Istat il 40% dei ragazzi vive in spazi esigui), una situazione familiare serena, le opportunità che in troppe case mancano. Persino nei contesti più solidi e avvantaggiati sul piano socio-economico-culturale, la Dad priva i minori di autonomia e socialità, due dimensioni di cui la scuola è componente essenziale. Alle sempre più numerose voci – di pediatri, educatori, psicologi, medici, sociologi – che denunciano i danni provocati dalla chiusura delle scuole, si è aggiunto lo stesso Comitato Tecnico Scientifico – spiegano gli organizzatori della manifestazione -. Il prezzo che la Dad sta facendo pagare alle giovani generazioni è già esorbitante oggi e lo sarà sempre di più: in termini pedagogici, sociali (chi parte svantaggiato, è ancora più svantaggiato), psicologici (isolamento e solitudine sono fonte di ansia, depressione, regressioni) e anche economici (dopo il lockdown di primavera l’Ocse stimava che un terzo di anno scolastico perso può comportare 3% in meno dei guadagni futuri per i giovani ora a studenti).
Le giovani generazioni e la scuola pubblica italiana pretendono il loro futuro adesso: investimenti sulla scuola (spazi, insegnanti, risorse per una pedagogia veramente innovativa), sulla sanità, sui trasporti pubblici”.

Quando l’emergenza Covid finirà, perché prima o poi finirà, si spera che questa rabbia giovane possa fruttare una pars costruens che ricordi a governo, istituzioni e opinione pubblica l’importanza, non solo a parole, dell’istruzione pubblica, così come le proteste e le condizioni del personale sanitario nonché l’emergenza stessa ci hanno ricordato l’importanza di una sanità pubblica gratuita, così come le proteste di esercenti e mondo dello spettacolo e degli eventi ci hanno ricordato che c’è sempre un lavoro dietro qualsiasi attività. Ma dietro, o sopra, il lavoro, c’è anche la vita.


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