Covid: vaccini e restrizioni, immunologa Viola: “dopo un anno continuiamo a ripetere gli stessi errori”

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Antonella Viola
L'immunologa Antonella Viola in diretta da Padova

Non c’è nulla di più frustrante che osservare il ripetersi degli errori, sempre uguali a se stessi. E invece, a un anno dall’inizio della pandemia, nulla è cambiato nel nostro atteggiamento di fronte al virus e nelle dinamiche disfunzionali che aggravano la tensione. I contagi stanno ricominciando ad aumentare, verosimilmente a causa delle varianti, ma anche perché ormai dovrebbe essere evidente che ogni volta che le nostre restrizioni si fanno meno serrate il virus riprende forza. Non c’è quindi da sorprendersi, non c’è nulla di nuovo rispetto a quanto già visto nei mesi passati, e invece ogni volta sembra che si debba discutere di cosa non ha funzionato e inventare nuove soluzioni. Tra chi invoca lockdown nazionali e chi pretende che si riapra tutto, si fa fatica a ricordarsi che abbiamo scelto un metodo, una strada che ha una sua logica e che, compatibilmente con la situazione grave in cui gran parte del pianeta si trova, ha funzionato.

Gli indicatori che sono utilizzati per decidere colori e chiusure si basano su valutazioni scientifiche e su dati, sebbene spesso questi risultino incompleti. E rappresentano il compromesso necessario tra il tenere bassa la curva dei contagi ed evitare il tracollo completo della società. Ma dopo un anno, non dovrebbe essere necessario ripetere che non si può aprire quando la curva dei contagi sale e non si può chiudere tutto il paese se non è davvero inevitabile. Così come non si dovrebbe ogni volta ricominciare a chiedersi se sia la scuola il motore del contagio. E’ vero che le nuove varianti sono più trasmissibili, ma in assenza di nuovi dati vale ancora quanto abbiamo appreso nei mesi passati, e cioè che la scuola segue il resto della società: non è un luogo sicuro – nel senso che non è asettico e separato dal resto del mondo, e quindi il virus può entrare – ma non è neppure l’untrice che molti dipingono.

Anche le strategie messe in atto per combattere l’epidemia e tornare ad una vita normale continuano a vacillare a causa degli stessi errori del passato. Ricordiamo ancora tutti quando, in estate, si dichiarava che il virus fosse clinicamente morto: lo si gridava in televisione, lo si scriveva sui giornali, si firmavano addirittura manifesti in cui, senza nessuna evidenza scientifica, si voleva convincere la politica a riaprire tutto sulla base delle intuizioni di pochi. E, sempre fidandoci delle intuizioni, avremmo dovuto essere curati con farmaci e protocolli – dall’idrossiclorochina al plasma – che si sono poi dimostrati inefficaci. Intendiamoci: le intuizioni sono molto utili nella scienza. Ma quando si decide di abbandonare il percorso della medicina basata sulle evidenze per quello delle intuizioni, bisognerebbe avvisare la popolazione che si sta portando avanti una scommessa e che, come in tutte le scommesse, si può vincere e si può perdere. Quando non ci sono alternative, spesso questo è accettabile. Lo è molto meno quando le alternative ci sono e si sceglie comunque la strada dell’azzardo. Oggi, di nuovo senza dati alla mano, si sta decidendo di stravolgere il metodo di vaccinazione più efficace che abbiamo, approvato da FDA e EMA, e basato su due dosi di vaccini a mRNA a distanza di 21 o 28 giorni. Certo le ragioni per cui si vorrebbe passare alla somministrazione di una sola dose di vaccino sono più che evidenti e comprensibili; ma avere delle giuste motivazioni non basta. Oggi non sappiamo se una singola dose di Pfizer o Moderna riescano a proteggere per mesi, perché i dati incoraggianti ottenuti in Israele arrivano fino alla somministrazione della seconda dose. E non sappiamo se una singola dose possa ridurre drammaticamente l’efficacia di questi vaccini nei confronti delle varianti. Basti pensare che Moderna sta valutando di passare a tre dosi per riuscire a proteggere anche dalle varianti che presentano la spike mutata. Possiamo quindi permetterci di rischiare e sprecare questi vaccini somministrandoli in modo inappropriato? Cosa accadrebbe se la protezione data da una dose durasse solo un mese? Forse, prima di scommettere, sarebbe bene aspettare di avere più informazioni, analizzare i possibili scenari, pesare rischi e benefici. E magari puntare sul vaccino a singola dose – Johnson&Johnson – già approvato negli USA e che dovrebbe essere approvato in tempi rapidissimi anche in Europa.

Antonella Viola sul Corriere della Sera