Si è svolta stamani, avanti al Giudice monocratico del Tribunale di Vicenza, dott.ssa Veronica Salvadori, la seconda udienza del processo penale che vede come imputato il direttore di VicenzaPiù.com Giovanni Coviello e come querelanti l’assessore regionale alla formazione Elena Donazzan, il dirigente Santo Romano e diversi altri dirigenti e collaboratori esterni della Regione Veneto.
L’accusa è quella di avere diffamato i querelanti nell’ambito di una serie di articoli su VicenzaPiu.com che riferivano di un’inchiesta svolta e ancora non finalizzata dalla Guardia di Finanza e dalla Procura di Venezia sui fondi regionali stanziati per la formazione professionale ed il relativo sistema di assegnazione e controllo.
Ad udienza appena iniziata, il colpo di scena: Coviello, fino ad allora difeso dall’avvocato Marco Ellero del Foro di Vicenza, si alza in piedi e chiede la parola per delle dichiarazioni spontanee, la cui forza e dignità vi lasciamo giudicare senza altri commenti:
Egregio giudice,
in questa udienza di un ennesimo processo intentatomi perché esercito con onestà intellettuale e libertà da ogni condizionamento esterno il mio dovere, prima ancora che diritto, di informare i cittadini lettori che, loro sì, hanno il diritto sacrosanto di essere informati senza i veli di comodo imposti da interessi privati, rilascio questa dichiarazione spontanea leggendola per non farmi trascinare troppo dagli impeti e dalle emozioni che mi caratterizzano personalmente e professionalmente.
I processi e gli attacchi nei confronti miei e dei mezzi VicenzaPiù che ho fondato nel 2006, senza padrini né padroni, e che, dopo esserne stato fin dal primo numero il direttore editoriale, dirigo personalmente e con responsabilità, non solo legale, dal 2009 si sono accentuati negli ultimi anni tanto più quanto più toccavamo nervi scoperti dei poteri economici e delle loro connessioni con quelli politici.
Fin dal 2006 VicenzaPiù ha documentato e, quindi, denunciato, spesso per primo e frequentemente e per lo meno inizialmente da solo, fatti e misfatti come la cementificazione del Vicentino, lo scandalo del project financing dell’Ospedale di Santorso, i rifiuti ferrosi sotto la Valdastico, i conflitti di interesse tra l’amministrazione comunale e poteri giudiziari, il sistema Galan, gli intrecci proprietari che condizionano la residua stampa locale e mi fermo qui per non eccedere in citazioni così numerose che richiederebbero anche che sfogliassi tutti i numeri di VicenzaPiù cartaceo, pubblicato fino al 2015, e le centinaia di migliaia di articoli pubblicati sul nostro mezzo web che dal 2008 è sempre di più diventato una fonte di informazione primaria, non solo locale e soprattutto indipendente.
Già nei primi anni di vita VicenzaPiù ha subito attacchi crescenti concretizzatisi nei primi procedimenti o minacce di procedimenti legali e nelle immediate interdizioni all’accesso al mercato pubblicitario, il cui primo esempio eclatante è la cessazione repentina di un contratto con la Banca Popolare di Vicenza rei come eravamo di aver reso noti ai cittadini lettori gli incroci societari di imprenditori ed aziende locali, la cui Associazione ci cancellò fin da allora addirittura dall’accesso ai suoi comunicati stampa.
Ma, egregio giudice, gli attacchi di ogni tipo contro la mia persona e il network mediatico che dirigo sono cresciuti via via in maniera esponenziale è dal 2010, da quando, cioè, per primi e localmente da soli abbiamo iniziato a scavare in quello che poi sarebbe diventato il crac delle banche venete e in primis della BPVi, oggi sotto processo presso questo tribunale dopo aver azzerato oltre centomila soci risparmiatori con la connivenza, se non altro politica, di una buona parte dei rappresentanti del sistema che nel caso migliore si giravano dall’altra parte impegnati come erano a godere dei vantaggi delle loro relazioni o dei loro interessi spesso non solo pubblici.
Gli attacchi, egregio giudice, e mi avvicino al dunque della mia dichiarazione spontanea, sono aumentati di numero e di intensità secondo la logica e la strategia ben espressa da Lia sartori che, come riporta un noto libro di Renzo Mazzaro, I padroni del Veneto, ebbe a dire sostanzialmente, cito a memoria, questo: “zittire i giornalisti è facile, basta attaccarli legalmente finché non avranno soldi per difendersi” ( citazione esatta a pag.196 “i giornalisti bisogna denunciarli, perché tra l’altro non hanno neanche i soldi per pagarsi l’avvocato”, ndr).
Ebbene io oggi supero quel comprensibile ma inutile pudore che mi frenava nel rivelare la mia povertà, economica e non certo morale, e la conseguente mia incapacità di sostenere le spese delle ora troppe difese dagli innumerevoli ed economicamente insostenibili attacchi che subisco, a mio parere, in totale assenza di motivazioni che non siano, a parte qualche mio passato eccesso verbale, ben poca cosa rispetto agli eccessi fattuali da me e dal mio giornale denunciati, l’aggressione al diritto dovere di informare che caratterizzerebbe uno stato civile, anche se tutti sappiamo che l’Italia si colloca agli ultimi posti nelle classifiche sulla a libertà di stampa.
Supero oggi, dicevo, egregio giudice, il mio pudore nel confermare la mia povertà economica visto che pubblicamente nell’udienza precedente di questo processo e, poi, in una chat indirizzata a decine di suoi colleghi politici, la signorina assessore Elena Donazzan ha rivelato, come se fosse un mio reato, che non è andato a buon fine un suo pignoramento, ottenuto grazie a una sentenza onerosissima, oltre che a mio parere con notevoli profili critici in vari passaggi, che ha imposto una pena pecuniaria complessiva inaffrontabile nei confronti miei (la cifra solo della pena pecuniaria è l’ammontare del mio reddito di due anni) e della società prima editrice di VicenzaPiù, posta in liquidazione, essenzialmente e proprio per la marea di assalti, legali ed economici, fin dal 29 gennaio 2018.
In quella dichiarazione la signorina assessore Donazzan mi definiva “nullatenente” oltre a citare ed esibire a lei, giudice, altre condanne, tre penali e una civile per la verità e tutte non opposte non perché mancassero al mio legale le motivazioni per farlo ma perché mancavano a me anche i soldi per pagare i semplici diritti di opposizione.
Tutto ciò detto e premesso, metto da parte il mio pudore e confermo la mia mancanza di risorse per farmi difendere, documentata dai miei conti a zero e, comunque, pignorati, dalla messa in liquidazione del precedente editore e resa nota dalla signorina assessore Elena Donazzan.
Ogni risorsa che dovessi, non so bene come, reperire la dedicherò da oggi in poi alla mia salute in via di peggioramento in quanto non curata e alla resilienza, anzi resistenza (anche se è un termine non gradito dalla signorina assessore Donazzan), di VicenzaPiù per cui rimetto con effetto il mandato al mio difensore per totale impossibilità di pagare lui e pur anche eventuali difensori d’ufficio a cui, comunque, non avrei diritto gratuitamente perché il mio reddito ufficiale supera le soglie.
In questo caso peraltro io e altri autori degli articoli su VicenzaPiù non abbiamo espresso valutazioni né emesso giudizi personali ma abbiamo solo riportato doverosamente e in via dubitativa valutazioni e giudizi riportati nel dossier in possesso della Guardia di Finanza e della Procura di Venezia con gli interessati interpellati anche pubblicamente ma sempre negatisi a risposte.
Entrare nel merito del dossier, quindi, per me, egregio giudice, è fuorviante dovendosi in questo caso verificare se io da giornalista l’ho riportato correttamente avendone verificata anche la sola verità putativa come da ben noto decalogo della Cassazione del 1984. Valutare ed, eventualmente, giudicare i contenuti del dossier è, infatti, compito esclusivo dell’autorità giudiziaria di Venezia che ad oggi ancora non ha chiuso la vicenda da quanto ancora mi risulta documentalmente.
Non poter riferire del dossier, cosa che di fatto avrebbero voluto i querelanti come anche da loro mail intimidatorie tutte uguali, nonostante le figure e le dipendenze diverse dei mittenti, a me inviate al riguardo e da me prodotte all’epoca all’autorità giudiziaria, sarebbe stato, invece, come se chi ha scritto e indagato sullo scandalo del Mosè non avesse potuto farlo se non a dibattito giudiziario in corso.
Questa mia dichiarazione, che per la parte relativa al difensore, ripeterò negli altri procedimenti in corso ma rispettosa del tribunale, affida a lei, giudice, ogni passo conseguente e ai querelanti la valutazione se continuare ad adeguarsi ai suggerimenti di Lia Sartori o superarli nel nome della libertà di informare correttamente, l’unico dovere a cui sempre ci siamo uniformati.
Grazie
Giovanni Coviello, Direttore responsabile network VicenzaPiù
Alla fine della lettura della memoria il giudice come da procedura ha informato che verrà nominato un difensore d’ufficio, per il quale Coviello ha confermato che ripeterà le sue considerazioni “economiche”, e ha proseguito l’udienza odierna in quanto la remissione del mandato sarà efficace alla fine dell’udienza stessa.
“Il passo da me compiuto – ha commentato il direttore Giovanni Coviello – è motivato oltre che dalle oggettive difficoltà economiche dalla speranza, temo vana, che dal mio caso nasca un’attenzione mediatica e politica su altri, non pochi, casi analoghi che ad oggi sono resi possibili se non facilitati dalla mancata approvazione delle legge contro le liti temerarie ferma da tempo in Parlamento”.
“La questione – ha concluso Coviello – non terminerà con l’assegnazione di un difensore d’ufficio che ugualmente non sarò in condizione di pagare per cui riproporrò in questo e altri procedimenti la mia impossibilità a farmi difendere se non da me stesso. Io non contesto il sistema giudiziario, come in passato hanno fatto altri che chiedevano di auto difendersi, ma intendo farlo senza alcun intermediario finché i colleghi giornalisti nelle stesse o in simili condizioni non verranno tutelati con leggi adeguate dall’arbitrio dei potenti”.