Crac Popolare di Bari, arrestati padre e figlio a capo della banca Marco e Gianluca Jacobini: “Falso in bilancio e ostacolo vigilanza”

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Jacobini padre e figlio
Jacobini padre e figlio

Padre e figlio ai domiciliari. Decisivo un testimone che ha svelato come gli Jacobini continuassero a controllare ogni scelta della banca nonostante avessero formalmente perso ogni carica. Fino a spostare 5 milioni dai propri conti

di CARLO BONINI e GIULIANO FOSCHINI da laRepubblica

Era ragionevole pensare che accadesse. Ed è accaduto. La parabola catastrofica di Marco e Gianluca Jacobini, il padre e il figlio (ex presidente ed ex numero 2), per mezzo secolo padroni della Banca popolare di Bari, il più grande istituto creditizio del Mezzogiorno, e del suo crac da 2 miliardi di euro raccontato da Repubblica tra il luglio e il dicembre scorsi, ha il suo epilogo in un’alba di arresti. Il gip Francesco Pellecchia – accogliendo le richieste del Procuratore aggiunto Roberto Rossi e del sostituto Federico Perrone Capano – ha disposto gli arresti domiciliari dell’ex presidente della banca, Marco Jacobini e del figlio Gianluca, già vicedirettore generale e condirettore. Con loro finisce agli arresti domiciliari anche Elia Circelli, ex responsabile della Funzione bilancio e amministrazione della Direzione operations.

Di più. Cade anche l’uomo che ha scritto alcuni dei capitoli più controversi della storia della finanza italiana, Vincenzo Figarola De Bustis, già Banca 121, Mps, Deutsche Bank e, naturalmente, Popolare di Bari, di cui è stato prima direttore generale e poi, fino al giorno del commissariamento ordinato nel dicembre scorso da Bankitalia, amministratore delegato. Per lui il gip ha infatti disposto la misura cautelare dell’interdizione per un anno dalle funzioni bancarie e dalla dirigenza di società. 

n un’inchiesta condotta dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Bari, che di indagati ne conta dieci, i quattro manager per i quali il gip ha disposto le misure cautelari sono accusati, a diverso titolo, di falso in bilancio e ostacolo alla vigilanza, per le false comunicazioni inviate alla Consob e alla Banca d’Italia. Insieme a loro – come si legge negli atti dell’inchiesta – sono indagati anche l’altro figlio di Marco Jacobini, Luigi; Giorgio Papa, ex amministratore delegato; Roberto Pirola e Alberto Longo, ex presidenti del Collegio sindacale; Giuseppe Marella, ex Responsabile dell’Internal Audit della BPB.

Tutti legati a un medesimo destino processuale costruito intorno a un macroscopico capo di accusa in cui sono contestati 13 episodi di falso in bilancio, commessi negli anni tra il 2014 e il 2018; un episodio di falso in prospetto relativo alla vendita delle azioni; sei di ostacolo alla vigilanza, ai danni di Consob e Banca d’Italia; maltrattamenti e estorsioni nei confronti di Luca Sabetta, ex chief risk officer, il whistleblower di questa vicenda, che il crac aveva avvistato per primo e per questo, dopo essere stato mobbizzato, aveva deciso di collaborare con la Procura. 

La testimonianza di Sabetta – che è stato in grado di documentare grazie a una serie di registrazioni clandestine durante i suoi incontri con De Bustis i momenti chiave e le scelte sciagurate della governance che portarono al crac – non è tuttavia la sola. Negli atti dell’inchiesta si dà conto della collaborazione altrettanto decisiva (cominciata il giorno successivo alla pubblicazione delle puntate del 15 e 16 dicembre scorsi dell’inchiesta di Repubblica sulla Popolare di Bari) di Benedetto Maggi.

Il manager, all’epoca vice responsabile della Direzione crediti, il 17 dicembre 2019, di fronte ai pubblici ministeri, conferma infatti come gli Jacobini continuassero a controllare ogni scelta della banca nonostante avessero formalmente perso ogni carica. Anche dopo, dunque, l’estate del 2019, quando l’allora governo giallo-verde si era speso perchè il management facesse un passo indietro, consegnando la guida della banca a Vincenzo De Bustis. E a un nuovo presidente: il professor Gianvito Giannelli, nipote di Marco Jacobini.

Ai pubblici ministeri, Maggi illumina infatti la catena di anomalie che aveva continuato a strangolare ogni tentativo di ripristinare pratiche bancarie corrette, come pure l’istituto aveva continuato a ripetere per rassicurare investitori, risparmiatori e la stessa Banca d’Italia. Spiega, per dire, che mentre i piccoli azionisti (pensionati, agricoltori, casalinghe, non esattamente speculatori di borsa) tentavano invano di rientrare almeno in parte di un patrimonio che si era già drammaticamente svalutato con il crollo del prezzo delle azioni in cui era stato investito, i grandi debitori, diciamo pure gli “amici” della banca, continuavano a godere di nuove linee di credito.

Succede al gruppo Fusillo (di recente dichiarato fallito). E succede a tanti altri per i quali garantivano Marco e Gianluca Jacobini, regolarmente presenti, senza averne alcun diritto (e senza che la loro presenza venisse verbalizzata) al comitato crediti della Banca che quei prestiti erogava. Non c’era bisogno di parlare, di scrivere mail o di telefonare. “Marco governava la banca con uno sguardo” ha raccontato Maggi agli investigatori.

Del resto, Marco e suo figlio Gianluca potevano fare e avrebbero continuato a fare ciò che volevano fino alla fine. Come spostare il 20 dicembre 2019 i propri depositi (5 milioni di euro il solo Marco) dalla Banca Popolare di Bari alla Banca Popolare pugliese attraverso un conto di passaggio della Banca Sella. L’ultima operazione. Quella che gli è costata l’arresto.