Di confusione sul caso Veneto Banca, a danno degli azionisti e degli indagati, uno su tutto Consoli, se ne è fatta tanta fin dall’inizio trasferendo dalla Marca a Roma le indagini senza una reale ragione, che non parrebbe altra che quella di controllarle da uffici vicini a quelli di Banca d’Italia, come, poi, ha confermato la decisione del giudice di Roma di dichiararsi incompetente e rinviare tutto a Treviso.
E di confusione se ne continua a fare e a percepirne i danni leggendo le cronache della stampa, di ieri e di oggi.
Tutti sarebbero stati archiviati (nostro condizionale a fronte dell’indicativo dell’avvocato Fabio Pinelli, quello che a Vicenza difende Samuele Sorato e che ne è certo almeno per il suo cliente montebellunese Flavio Trinca) ma anche no visto che la posizione di Vincenzo Consoli non sarebbe archiviata anche se, leggevano sempre ieri, sarebbe stata attenuata (sarebbe è ancora il nostro condizionale a fronte delle secche affermazioni dei colleghi).
Allora cosa sta succedendo senza informazioni precise da parte del tribunale di Treviso, il cui, forse legittimo ma pericoloso, silenzio insieme ai rumori mediatici sta scatenando gli ex soci azzerati che fanno i giudici contro gli indagati, dimenticando che tra questi parrebbero mancare (odio il condizionale!) almeno i vertici di Banca d’Italia, il controllore, o il regista?, dei comportamenti delle banche vigilate con la continuità delle luci sul tetto della Gazzella della famosa barzelletta sui carabinieri: “adesso sì, adesso no”.
«È già pronto un ricorso in Cassazione – leggiamo su L aTribuna di Treviso – contro le archiviazioni, accolte dal tribunale di Treviso su richiesta della Procura, per l’ex presidente di Veneto Banca, Flavio Trinca, e altre nove persone tra componenti il collegio sindacale e manager dell’ex popolare di Montebelluna. Lo depositerà l’avvocato Luigi Fadalti che rappresenta un centinaio di ex azionisti. «Non mi convince questa ricostruzione secondo la quale il tracollo di Veneto Banca sia dovuto al solo Vincenzo Consoli…».
Allora ecco la situazione che abbiamo provato a ricostruire con i vari interlocutori, tra cui il legale di Consoli, l’avvocato Ermenegildo Costabile, cercando di usare il minor numero possibile di condizionali e parlando genericamente di reati senza scendere nei loro, sia pur importanti, dettagli tecnici che allo stato aggiungerebbero al normale lettore confusione a confusione.
Roma ha “trasferito” a Treviso otto ipotesi di reato, tutte intorno all’aggiotaggio e all’ostacolo alle funzioni di vigilanza di Banca d’Italia, a cui si aggiunge quello di falso in prospetto su cui ha indagato il pm Massimo De Bortoli.
Per quattro reati (due di ostacolo alla vigilanza, uno di aggiotaggio e il quarto, trevigiano, di falso in prospetto) il giudice trevigiano Bruno Casciarri ha archiviato dieci degli undici indagati, convinto evidentemente che Vincenzo Consoli abbia potuto gestire Veneto Banca da solo sia pure con un presidente come Flavio Trinca, che dl banche e finanza è molto competente come dimostra il suo ricco curriculum politico e, soprattutto, professionale.
Gli altri cinque degli otto reati che i pm “romani” avevano addebitato agli undici indagati sono connessi, per i danni economici che avrebbero ingenerato, al sequestro a carico di Consoli ma, semplificando, una perizia richiesta dall’accusa a un esperto indicato da Banca d’Italia (il presunto “ostacolato” nella sua vigilanza) nelle persona del dr. Gaetano Parisi, un direttore del suo servizio di vigilanza, definisce, in ciò concordando col perito di parte prof. Francesco Busato, le anomalie riscontrate “irrilevanti” al fine della determinazione del patrimonio di vigilanza e, quindi, non apportatrici di danni che rendessero giustificato il sequestro.
Per questi cinque reati dieci degli undici indagati, tra cui Trinca a detta di Pinelli, sarebbero stati archiviati, possibilità confermata dall’udienza fissata per oggi solo per Consoli.
Detto che il pm De Bortoli, in vista di questa udienza, che se avesse portato all’archiviazione anche per Consoli avrebbe imposto il dissequestro dei suoi beni, aveva chiesto un’ulteriore perizia di Parisi, che, prodotta, non fa che confermare l’irrilevanza delle anomalie, stupisce il rinvio della decisione al 17 marzo 2020 da parte del giudice Casciarri, tanto più che, all’udienza odierna, oltre alla presentazione perizia scagionante del dirigente di via Nazionale si è registrata l’assenza proprio di Banca d’Italia: perizia e assenza non farebbero pensare ad altro che alla… irrilevanza dei danni soatnziabili nei cinque reati in capo a Consoli.
E usiamo di nuovo il condizioni alla fine di questa nota perché vogliamo usarne un altro, e non l’indicativo, per esplicitare il seguente timore.
Il rinvio di una decisione, che documentalmente parrebbe scontata come a favore di Consoli e del dissequestro dei beni di chi finì agli arresti domiciliari, potrebbe essere correlata alla rabbia di piazza che stanno scatenando l’assenza di informazioni certe e la fuga di rumors non spiegati ufficialmente.
Noi lo dubitiamo pronti, comunque, ad essere smentiti, ma solo dai fatti. non dai media di sistema, anche su quella che da anni è la nostra doppia convinzione.
La volontà di scaricare su Consoli ogni responsabilità (per la banca che aveva reso migliore di BPVi e per l’affossamento anche di questa quando chi lo gestiva ha perso il controllo del “gioco” che copriva ben altre e superiori responsabilità) va di pari passo con l’assenza nelle indagini e nei processi, in corso o annunciati, di un protagonista chiave: Banca d’Italia e il sistema che rappresenta e che ha, questo sì, azzerato centinaia di migliaia di piccoli risparmiatori a vantaggio di chi, grandi imprenditori e alcune “entità” finanziarie, ha raccolto i loro soldi che non potevano sparire ma solo cambiare tasca.