Ciò che è successo in questa regione con il crack delle due banche: Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca racconta una storia di risparmio imbrogliato, fiducia bruciata, suicidi avvenuti tra i risparmiatori traditi. Di chi sono le responsabilità? L’intera filiera di comando a partire dai Presidenti e dai Consigli di Amministrazione dei due Istituti, proseguendo con gli organi di controllo, assenti in termini di efficacia e tempestività delle azioni attivate, in primis Banca d’Italia arrivando e su su fino alla BCE.
Infatti, le due “banche del territorio” di cui i veneti andavano fieri, ancora ad inizio 2017 venivano classificate dalla BCE quali operatori “a rilevanza sistemica”, cioè tali da provocare “forti perturbazioni all’economia del Paese” in caso di crack. Il fallimento venne scongiurato, retrocedendo le stesse banche alla categoria di operatori di importanza regionale, qualcosa di simile alla casse rurali così che queste poterono essere beneficiarie di risorse pubbliche fino a 17 miliardi di euro.
Banca Intesa acquisì per 1 ? le due banche e da subito ricevette dallo Stato 5.2 miliardi per mantenere: i suoi parametri patrimoniali, gestire 4.000 unità di esuberi di personale, ristrutturare le attività. Alla fine della fiera tutti erano stati in qualche modo garantiti: Banca Intesa, dipendenti, correntisti ed obbligazionisti.
Gli unici esclusi sono stati gli azionisti che fino a poco anni prima erano soci delle due banche-cooperative e quando queste hanno iniziato a poter vendere azioni la cui quotazione era stabilita dal CdA della banca stessa, erano stati “invogliati” con linee di credito agevolate, cosiddetto “meccanismo delle baciate”, a comperare altri “prodotti finanziari”, oltre alle azioni derivanti dalla trasformazione delle loro quote sociali. Nei fatti, gli ex-soci ora neo-azionisti, contribuirono a coprire con i loro risparmi veri i buchi di bilancio scoperti dopo, diventando contestualmente debitori verso la banca stessa in caso di azzeramento delle azioni: ciò che è puntualmente accaduto!
Sulla mala gestio del credito e sulle responsabilità personali e specifiche di amministratori e manager aziendali, sta indagando la magistratura, anche se il quadro d’insieme è già stato delineato dall’indagine parlamentare terminata ad inizio anno sui carenti/conflittuali/tardivi controlli da parte di Banca d’Italia e di Consob. Il fallimento evitato alle due banche ed il salvataggio con denaro pubblico, cioè di tutti i cittadini italiani, sono stati portati a termine dal precedente Governo che ha scontato la forte impopolarità della scelta effettuata per l’evidente ingiustizia subita dai risparmiatori ed il vantaggio concesso alla prima banca d’Italia.
Pressato dalle associazioni dei consumatori e dai comitati dei risparmiatori sorti spontaneamente, su proposta del Governo Gentiloni ma apprezzati da tutte le forze politiche sono stati approvati 4 commi della finanziaria per il 2018 con i quali si stabilisce il principio che chi ha subito un danno ingiusto riconosciuto con sentenza del giudice (senza aspettare l’ultimo grado di giudizio) o con pronuncia della camera arbitrale istituita presso ANAC in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza da parte della banca ha diritto a vedersi ristorato per quanto ha perso, seguendo l’ordine cronologico di presentazione delle domande.
La norma vigente non è incorsa nella censura Ue per gli aspetti di violazione delle regole in materia di aiuto di stato o di alterazione di quelle sulla concorrenza nei mercati finanziari, ma non sfugge al lettore attento che una fattispecie è prevedere un risarcimento a chi è stato ingannato e tradito nella fiducia per aver riposto in banca – a suo tempo sotto forma di quote sociali, oggi azioni- il gruzzoletto avuto in eredità dalla famiglia o perché è il frutto dei propri sacrifici e chi, invece, è stato raggirato in modo fraudolento ed illecito per aver acquistato azioni prospettategli portatrici di un forte guadagno, anziché informandolo dell’alto rischio che correva ben sapendo il promotore di vendere merce avariata e taroccata ab imis.
Oggi, la norma come sta e giace nulla dice sul punto e forse è meglio così. Certo che riscrivere la legge, dettagliando e specificando le differenti situazioni anche al fine di includere tutti i potenziali destinatari, da un lato significa perdere oltre un anno di tempo e dall’altro, inevitabilmente, vuol dire rimettersi nelle mani di Bruxelles chiamata a ri-accertare la compatibilità del nuovo impianto rinnovellato con le regole anzidette. Facile prevedere che non sarà una passeggiata. In questo contesto, non si tiene affatto in considerazione che due terzi dei “truffati” sono over 65 anni di età e che dopo tre anni di attesa, tanti di loro si trovano nella situazione di essere talmente assetati che aspettare ancora senza offrigli qui e subito una prima bottiglia d’acqua fresca e refrigerante, vuol dire lasciarli andare al loro amaro e solitario destino. I tempi e le decisioni della politica, purtroppo, non coincidono quasi mai con le necessità dei cittadini in stato di effettivo bisogno ed il seguito della narrazione di questa triste vicenda lo dimostra.
In pratica siamo già a cinque mesi data dalla mancata adozione di un Decreto attuativo che doveva (avrebbe dovuto) essere operativo fin dalla fine del mese di marzo, cosi da erogare i primi risarcimenti. La pratica era seguita dall’allora Sottosegretario On. Le P. Baretta (Pd) che dopo tante riunioni avute con tutti gli interlocutori, dichiarò il 31 marzo 2018 ad un quotidiano nazionale di affari economici “Attuare il decreto è solo una questione tecnica, fa parte dell’ordinaria amministrazione …. a giorni avremo il decreto… C’è solo bisogno di una presa d’atto formale dalle forze politiche uscite vincitrici dalle urne del 4 marzo. “Come si sa, Lega e 5 Stelle hanno vinto il 4 marzo ed investite della questione nella Commissione speciale che vigilava sugli atti del Governo allora in carica, hanno negato l’ok si proceda. È appena il caso di precisare, che tale passaggio non era affatto previsto dall’iter scandito dal comma 1107, poiché il Decreto è frutto di una proposta elaborata dal Ministro dell’Economia, sulla quale si esprime il Consiglio dei Ministri cui segue la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. On. Le Baretta perché non ha terminato il lavoro fino ad allora diligentemente svolto? Perché, trascorsi cinque mesi si tiene nel cassetto la proposta di allora, ammesso che effettivamente esista?
Il 24 maggio, una delegazione di “risparmiatori truffati” è accolta dal premier appena incaricato Prof. Giuseppe Conte in Roma, che assume l’impegno di affrontare il tema prospettatogli quale “uno dei primi atti del Governo del Cambiamento”. Il trascorrere del tempo annotato nel calendario dei giorni, dei mesi e dell’anno corrente testimoniano ed accertano il contrario.
Il 6 agosto il Senato, su iniziativa di Ferrazzi (Pd) accolta dalla competente Commissione e con parere favorevole del Governo, è approvato il differimento dei termini per l’assunzione del Decreto spostandolo in avanti dal 31 marzo al 31 ottobre, fermo restando la legge in vigore. In un Paese normale, si presume che chi fa parte della medesima compagine realizzi l’indirizzo politico pronunciato dal proprio esecutivo. Entrambi i Sottosegretari che oggi si occupano della vicenda “Decreto”, On.li Bitonci (Lega) e Villarosa (5Stelle) , esternano sui media le loro “perplessità” ad assumere l’atto necessario per dare i primi sorsi d’acqua agli assetati e, forti anche di una differente opinione tra le associazioni, invece che mediare tra le parti per risolvere presto e bene l’argomento si baloccano con le “cabine di regia”. Fuor di dubbio che se si vuole avvicinare le posizioni, ciò può essere agevolato dal rendere pubblico ciò che si sta facendo, vale a dire la propria proposta di decreto in elaborazione. Chissà cosa intendono questi Onorevoli quando parlano di trasparenza e magari succede, come è accaduto a Roma il 24 luglio, che in una riunione appositamente convocata con le associazioni ad inizio seduta si invitano i convenuti a parlare dell’argomento ma non degli aspetti economici che lo stesso sottende. Nel caso potrebbero chiedersi se questo loro agire concordi con la volontà pubblicamente espressa dal Governo ed in assenza di riscontro convergente, coerentemente con il loro comportamento, non potranno che chiedere di essere sollevati dalla funzione finora ricoperta.
Le risorse stanziate per il “fondo ristoro” sono di 25 milioni ad anno, per quattro anni, e di queste nell’anno in corso 12 milioni derivano dai conti dormienti, ovvero quei soldi che gli italiani depositano in polizze assicurative, libretti al portare, assegni, depositi bancari e che i diretti interessati o i loro eredi si dimenticano di riscuotere, succede anche questo! Una legge del 2005, voluta dall’allora Ministro G. Tremonti stabili quattro causali di destinazione dei soldi dimenticati, tra queste anche per chi è vittima di “reato finanziario”. A tal proposito il Ministero, in un recente comunicato ufficiale, ha ricordato che a partire dal prossimo mese di novembre verranno prescritti i cosiddetti “conti dormienti”: significa che non saranno più esigibili dai legittimi proprietari o dai loro eredi tutte quelle somme che sono rimaste per dieci anni senza essere movimentate in giacenza presso una banca od altro soggetto abilitato e poi, per altri 10, nelle casse pubbliche senza essere state reclamate. Gli esperti del settore stimano che lo stock di risorse lasciate a dormire sonni tranquilli ed infruttuosi, tranne che per le banche e le assicurazioni che li hanno in deposito, rappresentino una cifra variabile dai 140 a 190 Miliardi di ?, mentre quelli immediatamente spendibili in quanto già incassati dallo Stato al cap. 3382 sono esattamente: 1.574.205.439,98. La cifra è desunta dalla tabella N del rendiconto del Ministero dell’Economia validato al 31.12 2017 ed è al netto dei trasferimenti pari ad ? 34.152.679,45 alla società partecipata dallo stesso Ministero, CONSAP incaricata dei rimborsi per le vittime di truffe e frodi finanziarie. Il gettito derivante dai “rapporti dormienti” ed incamerato nel 2017 è stato pari ad ? 209.750.256,31
Sull’argomento nel mese di settembre dello scorso anno, il Ministero rispondendo ad una precisa interrogazione di un parlamentare dei 5 stelle diede la cifra dell’incassato esistente a quella data – sempre al netto degli esborsi Consap – ed in cassa giacevano poco più di 1 Miliardo e 400 milioni.
Non è chi non veda la distanza abissale tra la somma messa a disposizione con la finanziaria, 100 milioni in quattro anni, ed il fatto assodato della disponibilità di 1 miliardo e 400 milioni (per l’esattezza 1.398.607.863,12 accertati al 31. 12 2016) ed utilizzabili nella finanziaria per il corrente anno.
Chi sapeva?
Certamente gli On.li Baretta e tutto il gruppo dei 5 Stelle, perché costoro non hanno proposto – a dicembre 2017 – la collocazione delle risorse secondo i dettami della legge Tremonti?
Siamo un Paese davvero disgraziato, è operativa una legge che stabilisce un fondo di ristoro per poveri cristi gabbati e mazziati, vi sono soldi a disposizione hic et nunc, ma noi che siamo furbi, ci domandiamo ma il decreto lo faccio o non lo faccio? Chissà, meglio far passare altro tempo e giusto per non decidere né incidere, sai che faccio? Cambio la legge.
di Enzo De Biasi – Team Codacons- Coordinamento per la Difesa dell’Ambiente e dei Consumatori