Covid-19, Fondazione San Bortolo dona 50 mila euro a progetto di Crisanti

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San Bortolo Crisanti

Due Fondazioni vicentine, con finalità diverse ma accomunate dalla centralità della salute delle persone, fanno rete per sconfiggere il Covid-19 giocando la carta vincente della ricerca scientifica. Fondazione San Bortolo, infatti, ha scelto di destinare 50mila euro, raccolti
tramite la campagna “AiutiAMO Vicenza” per l’emergenza Coronavirus, al progetto immunologico sostenuto da Fondazione Città della Speranza, in corso di svolgimento in Istituto di Ricerca Pediatrica a Padova.

L’importante studio, coordinato dalla professoressa Antonella Viola e dal professor Andrea Crisanti, mira a comprendere specificamente quale sia il comportamento del sistema immunitario nei pazienti, per contribuire ad aggiungere conoscenze alla ricerca internazionale, suggerire nuovi approcci terapeutici e favorire lo sviluppo di un vaccino.

“Ringrazio il Presidente e tutto il Comitato Esecutivo della Fondazione San Bortolo, con particolare riguardo il consigliere Dino Menarin per l’impegno profuso, per aver aderito a questa progettualità che va a beneficio di tutta la comunità – afferma in un comunicato Franco Masello, fondatore di Città della Speranza –. Auspico che questo passo apra le porte ad altre future collaborazioni a Vicenza, soprattutto in campo pediatrico e oncoematologico
dove, in passato, siamo già stati impegnati con la realizzazione del pronto soccorso e del day hospital pediatrici proprio all’Ospedale San Bortolo”.

“Il nostro contributo potrebbe apparire modesto rispetto alla grande portata del progetto scientifico, ma l’unione di intenti delle due organizzazioni va nella direzione di dare risposte concrete alle tante persone che le aspettano – aggiunge Franco Scanagatta, presidente della
Fondazione San Bortolo –. Mi auguro che i nostri donatori, così generosi nel far fronte all’emergenza Coronavirus, comprendano la bontà dell’iniziativa perché, oltre a fornire mezzi materiali, è indispensabile aiutare anche la ricerca”.

Uno dei grandi problemi legati all’infezione da SARS-CoV-2 è la mancanza di informazioni riguardo al tipo di immunità che il virus genera. Alcune persone risultano asintomatiche o presentano sintomi lievi (febbre, cefalea, tosse) perché il loro sistema immunitario ha reagito ed eliminato il virus. In una percentuale che va dal 10% al 20%, tuttavia, l’infezione ha un decorso complesso, talora addirittura infausto. In questi casi, i pazienti presentano un quadro di infiammazione generalizzata poiché il sistema immunitario non è stato in grado di attivare da subito una risposta corretta, consentendo al virus di replicarsi pur rimanendo localizzato a
livello polmonare. Di qui l’esigenza di approfondire l’analisi dell’infiltrato polmonare e il microambiente citochinico.

Diversamente da quanto accade per la popolazione adulta, invece, nei bambini l’infezione ha un decorso piuttosto leggero, con sintomi quali febbre, flogosi delle alte vie (rinite, otite, faringite) e più raramente delle basse vie respiratorie (bronchite, bronchiolite, polmonite). Quali siano le cause della maggiore resistenza dei bambini non è chiaro, ma comprenderne i meccanismi potrebbe fornire un’importante chiave di lettura per lo sviluppo di terapie mirate. Le ipotesi più solide a livello scientifico fanno riferimento ad un sistema immunitario più “giovane” rispetto a quello dell’adulto e alla presenza di una immunità parziale
dovuta all’esposizione ad altri virus o ai vaccini.

Il progetto scientifico in corso presso l’Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza punta a dare risposte più precise in merito alla risposta immunitaria, facendo leva su una tecnologia altamente innovativa: la trascrittomica a singola cellula. Essa permette di individuare il profilo
immunologico delle singole cellule prelevate dal sangue dei pazienti asintomatici, pauci-sintomatici e sintomatici.

Le competenze acquisite con questa nuova tecnica potranno essere traslate anche all’oncologia pediatrica per studiare il comportamento delle cellule tumorali “una ad una” e identificare, così, le più aggressive.