Crisi di governo. Ecco i nodi da sciogliere

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Con la richiesta della Lega di andare subito in Parlamento per verificare la fine della maggioranza e di tornare velocemente al voto, si è aperta la crisi del governo Conte. Non è comunque automatico che si vada ad elezioni anticipate, ad appena un anno e mezzo dalle precedenti politiche. Il Capo dello Stato deve infatti verificare l’esistenza o meno di una maggioranza alternativa in Parlamento. Verifica che può essere effettuata attraverso le “consultazioni” dei gruppi parlamentari, sempre che dal passaggio in Parlamento per certificare la fine del governo non emergano già indicazioni sufficienti ed univoche. Il Presidente della Repubblica potrebbe altresì dare un nuovo incarico (anche allo stesso Giuseppe Conte) per tentare di costituire un altro esecutivo con l’obiettivo prioritario di varare la legge di bilancio e, comunque, di gestire la fase elettorale.
Il nodo della legge di bilancio è cruciale nelle valutazioni intorno alle elezioni anticipate. Si tratta infatti di una legge fondamentale da cui dipende il finanziamento di tutte le attività dello Stato.
Tale legge deve essere presentata in Parlamento e in Europa nel mese di ottobre, ma la data più pesante è quella del 31 dicembre. Se infatti la legge di bilancio non venisse approvata entro la fine dell’anno scatterebbe l’esercizio provvisorio che può durare al massimo quattro mesi. Con l’esercizio provvisorio viene tutto congelato: il governo può spendere ogni mese soltanto un dodicesimo del bilancio dell’anno precedente. In astratto non è un’eventualità catastrofica, nei primi vent’anni della Repubblica è stato praticamente la regola, ma nel frattempo il quadro normativo ed economico interno e internazionale è profondamente cambiato e se è dal 1987-88 che si è fatto di tutto per evitarlo ci sarà ben un motivo. In generale, sarebbe un segnale di enorme debolezza da parte dello Stato ed esporrebbe il Paese alla speculazione finanziaria più spietata. Nella situazione attuale, poi, la mancanza di interventi correttivi, possibili solo con la legge di bilancio, farebbe attivare l’aumento delle aliquote Iva che l’Italia ha dato “in pegno” alla Ue come garanzia nei confronti degli impegni sui conti pubblici. Se si trattasse di un esercizio provvisorio molto breve (un mese) si potrebbe tentare di negoziare una proroga, ma anche solo questo elemento specifico di primaria importanza dovrebbe indurre a ricordare che il nostro Paese non è una monade isolata dal mondo e il contesto internazionale è una variabile che non si può trascurare in una fase politico-istituzionale così grave.

Ma perché il tema delle elezioni anticipate porta dritto a quello della legge di bilancio? E’ una questione di tempi. Da un eventuale scioglimento delle Camere al voto devono passare da 45 a 70 giorni (realisticamente due mesi) dopo di che il Parlamento si deve insediare e deve essere formato un nuovo governo, che avrà il compito di elaborare e far approvare la legge di bilancio. Anche se le Camere venissero sciolte a Ferragosto, basterebbe prendere in mano il calendario per accorgersi che il rischio dell’esercizio provvisorio è molto più di un rischio.

Per completare lo scenario bisogna tenere conto di un’altra scadenza. A settembre, alla metà del mese o poco prima, ci sarà il quarto e definitivo voto sulla riforma costituzionale che riduce drasticamente il numero di deputati e senatori. Dopo quattro voti conformi del Parlamento sarebbe una follia chiamare gli italiani alle urne per eleggere deputati e senatori nel numero previsto in precedenza e non è difficile immaginare che il Capo dello Stato userà tutti i poteri che la Costituzione gli attribuisce per evitare una simile insensatezza. Tanto più che quella controversa riforma richiederà probabilmente una modifica della legge elettorale per evitare che si determini una compressione abnorme della rappresentanza parlamentare. Insomma, se si arrivasse a metà settembre, le eventuali elezioni anticipate non si svolgerebbero prima del marzo 2020 in quanto, dopo i quattro voti in Parlamento, devono necessariamente trascorrere tre mesi per l’eventuale richiesta di un referendum confermativo e due mesi per l’applicazione della riforma (è il termine previsto dalla riforma stessa). Viceversa, se le Camere venissero sciolte prima di quel fatidico quarto voto di settembre, la riduzione del numero dei parlamentari salterebbe.