Il Cristo Redentore di Maratea, in Basilicata, con i suoi circa 21 metri di altezza è la seconda statua più alta d’Italia. È infatti superata soltanto dal Colosso di San Carlo Borromeo ad Arona, in Piemonte, alto 23 metri (35 metri se si conta anche il basamento).
Questa importante scultura è considerata uno dei principali simboli della Basilicata ed è di certo l’emblema della cittadina che la ospita, nota inoltre per la sua valenza paesaggistica e turistica.
Il Cristo è posto all’estremità di Monte San Biagio, da cui si domina la costa sottostante bagnata dal Mar Tirreno. È quotidianamente meta di visitatori di ogni specie per essere un forte simbolo religioso, ma anche perché alla sua ombra è possibile godere di uno dei più bei panorami che si possano immaginare, grazie a un privilegiatissimo punto di osservazione sul campano Golfo di Policastro e sulla calabrese Riviera dei Cedri.
La vetta del monte marateoto, un tempo ospitante una cittadella fortificata di epoca medioevale distrutta dai francesi nel 1806 e di cui oggi restano le rovine, ospita anche la basilica e il santuario di San Biagio, dove sono custodite alcune reliquie del patrono, Biagio di Sebaste, vissuto nel III secolo, vescovo e santo armeno.
La realizzazione dell’opera – Particolari interessanti riguardano la realizzazione della statua, a partire dal padre dell’idea: il Conte Stefano Rivetti di Val Cervo, nobile piemontese originario di Biella.
Quest’ultimo ha segnato profondamente, sin dal suo arrivo in Basilicata nel 1953 per motivi imprenditoriali, la storia di Maratea soprattutto grazie alle imprese nel settore tessile e ricettivo-turistico. Con l’avallo del padre Oreste prese infatti la decisione di operare al Sud Italia, anche per sfruttare le opportunità messe allora a disposizione dagli incentivi della Cassa del Mezzogiorno.
Stabilitosi a Maratea, ebbe lui l’idea di far realizzare la statua sul Monte San Biagio e di donarla quindi alla collettività con quella azione che, anche all’epoca, poteva essere inquadrata a metà strada tra un gesto di profonda fede e una iniziativa di marketing territoriale.
Ottenuto l’ok dall’allora consiglio comunale cittadino, nel 1957 affidò con entusiasmo il progetto all’artista fiorentino Bruno Innocenti, all’epoca dedito soprattutto all’insegnamento presso l’Istituto statale d’arte della sua città, mentre all’ingegnere Luigi Musumeci fu affidato lo studio della parte strutturale dell’opera.
Quest’ultima fu quindi realizzata costruendo uno scheletro portante di calcestruzzo armato con oltre 14 tonnellate di ferro, ancorato a una fondamenta scavata nella roccia nuda e ricoperto da un conglomerato costituito da cemento e scaglie di marmo di Seravezza per delineare il corpo della statua.
La colossale sagoma venne poi scalpellinata a mano in prima persona dallo stesso Innocenti e la statua, dopo due anni complessivi di lavorazione, venne terminata nel 1965.
Sotto l’aspetto iconografico si riscontrano alcune particolarità piuttosto uniche. Tra queste i capelli corti e una barba soltanto accennata. Inoltre la sua posa non è plastica, ma ritrae il Cristo “in movimento” come si intuisce sopratutto dal particolare di un piede in avanti che sbuca dall’orlo della tunica.
Quest’ultimo aspetto, misto all’assenza di un basamento, dà all’osservatore l’impressione che stia camminando direttamente sulla roccia con le braccia aperte a redenzione dell’umanità, come da tradizione, e verso il santuario di San Biagio che gli sta di fronte.
Da Maratea a Rio De Janeiro – Per alcuni la statua di Maratea è stata considerata una “copia” del certamente più noto Cristo Redentore di Rio De Janeiro, sulla cima del Corcovado in Brasile, 30 metri di altezza (più 8 del basamento), progettato dallo scultore francese Paul Landowski e ultimato nel 1931.
Ma con esso il Cristo di Maratea presenta più differenze che somiglianze. Di certo, entrambi condividono l’essere motivo di attrazione tanto per i fedeli cattolici quanto per i turisti e il fatto di sorgere in punti panoramici mozzafiato.
Ma oltre che nell’aspetto le due statue differiscono anche per l’orientamento. Mentre il Cristo brasiliano rivolge lo sguardo alla metropoli sottostante e all’oceano, quello italiano guarda i monti e la Basilica di San Biagio dando le spalle alla cittadina di Maratea e al Mar Tirreno.
Tuttavia i collegamenti tra le due state esistono, eccome. Infatti, nell’ottobre del 2021 è stato sancito il gemellaggio tra il Cristo Redentore di Maratea e quello di Rio de Janeiro, grazie a un accordo di collaborazione tra la Mitra Arcivescovile di Rio de Janeiro e la Città di Maratea.
Per suggellarlo, le due statue sono state illuminate con i colori delle bandiere italiana, quella carioca, e brasiliana, quella lucana.
Quella non è stata l’unica occasione nella quale il Cristo Redentore di Maratea si è “vestito di colori”.
Ad aprile del 2020, praticamente all’alba della pandemia da Coronavirus, era stato illuminato col tricolore per manifestare vicinanza all’intera nazione, messa a dura prova dal dilagare dei contagi.
Più di recente, il giallo e il blu della bandiera dell’Ucraina hanno adornato le vesti della statua marateota, per dimostrare vicinanza alle popolazioni colpite dal conflitto.
All’occasione, inoltre, viene illuminato di altri colori, come ad esempio in corrispondenza di giornate nazionali e mondiali di sensibilizzazione su alcune malattie e su temi sociali di rilevanza.