Cura Italia, Apindustria Vicenza: “bene i concetti, meno l’applicazione pratica”. Cisl: “positivo, ma pensiamo a rinascita”

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Conte riferisce su Mes tra i ministri Gualtieri e Di Maio
Conte riferisce tra i ministri Gualtieri e Di Maio

È un giudizio in chiaro-scuro quello di Apindustria Confimi Vicenza sui contenuti del Decreto “Cura Italia”. Da una parte infatti si riconosce l’appropriatezza dei provvedimenti inseriti, dall’altra vi è il concreto timore che essi possano non risultare pienamente efficaci per alcune carenze applicativa.

Il primo tema riguarda il ricorso agli ammortizzatori sociali e riguarda direttamente la sicurezza del personale: «Servirebbe una maggiore flessibilità – commenta Flavio Lorenzin, presidente di Apindustria Confimi Vicenza – perché il sistema non è adeguato ad una situazione di emergenza così particolare. Dovremmo poter tutelare al massimo le categorie più deboli, quindi poter mettere in cassa integrazione anche selettivamente, se necessario, lavoratori con malattie croniche o fragilità di altro tipo, ma questo non ci è concesso al momento: per come è congegnata la Cassa Integrazione infatti, l’utilizzo selettivo è sconveniente, perché riduce la durata dell’intervento per tutti i lavoratori. Viceversa, si invita a lasciare a casa i lavoratori sfruttando ferie e permessi, ma per i neoassunti questo è difficile perché non ne hanno maturate abbastanza. Dobbiamo poter pensare e applicare nuove regole per affrontare una situazione senza precedenti e soprattutto di tanta flessibilità cosa che ancora manca drammaticamente».

E senza precedenti è anche il rischio che si profila all’orizzonte in termini di liquidità per le aziende: «Il Decreto – prosegue Lorenzin – ha messo a disposizione delle risorse abbastanza importanti per garantire il credito alle imprese, ma ha delegato il sistema bancario per la mediazione e quindi per l’accesso concreto a questi fondi. E le banche per definizione non sono propense a correre rischi, men che meno in un contesto di così grande incertezza come quello attuale. Il rischio quindi è che molte imprese, soprattutto le PMI che sono finanziariamente più fragili, rimangano escluse da questi provvedimenti, magari per situazioni finanziarie non ottimali ma superabili con un po’ di aiuto. Per questo motivo chiediamo che le aziende possano accedere direttamente ai fondi promessi dal Governo, con l’erogazione diretta dei finanziamenti di emergenza da parte della Cassa Deposito e Prestiti».

Infine, rimangono inascoltate alcune richieste che Apindustria Confimi Vicenza aveva già avanzato nei giorni scorsi e che avrebbero consentito una boccata di ossigeno quasi immediata sui conti di moltissime aziende: «Restiamo dell’idea – prosegue Lorenzin – che sarebbero fondamentali in questo momento anche dei meccanismi per il recupero accelerato dei crediti Iva e il saldo dei debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese, così come linee di smobilizzo dedicate per chi si trova con impianti e prodotti consegnati all’estero ma non pagati perché non è stato possibile procedere con le installazioni o i collaudi: una questione, questa, che riguarda moltissime aziende meccaniche, tra cui anche tante realtà vicentine».


È un giudizio sostanzialmente positivo quello di Raffaele Consiglio, segretario generale provinciale di Cisl Vicenza, sulle misure inserite nel cosiddetto Decreto “Cura Italia”: «È sicuramente molto importante l’estensione degli ammortizzatori sociali potenzialmente a tutti i lavoratori, con il contestuale blocco dei licenziamenti. Questo, insieme alla proroga delle scadenze dei mutui per chi entra in cassa integrazione, consentirà di dare ossigeno alle famiglie, aiutandole a superare questa prima fase dell’emergenza. E un analogo effetto dovrebbero avere anche le misure rivolte alle imprese. Tra l’altro siamo soddisfatti perché molte di queste misure erano state chieste anche da Cisl a livello nazionale».

Un grosso punto interrogativo rimane tuttavia sul futuro e proprio su questo si concentra la riflessione finale di Raffale Consiglio: «Sappiamo fin d’ora che tutto questo non sarà sufficiente una volta finita l’emergenza per far ripartire la nostra economia. Il vero sforzo sarà quello che dovremo mettere in campo tutti insieme quando, mi auguro il prima possibile, sarà il momento di pensare a come rilanciare l’economia e il lavoro.

Per questo motivo dovremmo fin d’ora iniziare a progettare nuove misure straordinarie per la fase successiva all’emergenza sanitaria, per consentire alle aziende di continuare a esistere anche in un futuro che oggi ci appare non meno carico di incertezze rispetto al presente. E il sindacato è il primo soggetto che in questa fase storica deve chiedere il sostegno alle famiglie, ma anche al mondo del lavoro in generale, perché senza imprese non ci sono lavoratori».