Da Gaza a Kiev, il ruolo della Cina come mediatore internazionale e gli interessi

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Dichiarazione Pechino

”Un accordo storico”, quello raggiunto oggi con la ‘Dichiarazione di Pechino’ tra 14 fazioni palestinesi, Hamas e Fatah in testa, con la prospettiva di ”un governo di riconciliazione nazionale” al termine della guerra a Gaza.

Un passo storico, per la prima volta dopo 29 mesi di appelli da più fronti, quello che potrebbe svolgere oggi accogliendo il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba per la prima volta dall’aggressione russa del 24 febbraio del 2022.

La Cina ha gli occhi della comunità mondiale puntati addosso mentre veste i panni di mediatore internazionale in due delle principali crisi in corso. A partire da quelli di Mosca, che ha fatto sapere tramite il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che esaminerà la visita di Kuleba in Cina “attraverso il prisma della sua partnership strategica con Pechino”.

Intanto la Cina mette a segno un importante successo sul fronte mediorientale, ponendo fine a decenni di divisioni interne tra i palestinesi e rafforzando così il suo ruolo diplomatico, presentandosi come mediatore alternativo per trattare un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il rilascio degli ostaggi ancora nell’enclave.

“La guerra non dovrebbe continuare indefinitamente”, aveva detto il presidente cinese Xi Jinping, che ha chiesto una “conferenza di pace internazionale ampia, autorevole ed efficace” per il Medio Oriente e ha fatto appello alla creazione di uno stato palestinese indipendente. Realtà in cui la Cina cercherà di svolgere un ruolo, a partire dalla ricostruzione della Striscia di Gaza dal ‘day after’, anche se la mossa odierna non è piaciuta a Israele con il quale Pechino intrattiene importanti rapporti commerciali.

Sul fronte russo-ucraino, sempre oggi la Cina apre alla possibilità di svolgere appieno quel ruolo di ”facilitatore decisivo” che gli è stato riconosciuto nella dichiarazione finale del vertice della Nato a Washington. È stato il ministro degli Esteri cinese Wang Yi a invitare Kuleba per vedere con lui, nei quattro giorni che resterà a Pechino, come creare le condizioni per tenere una vera e propria conferenza internazionale, con Russia e Cina presenti, dopo il nulla di fatto del summit di pace in Svizzera. Conferenza nata morta proprio per la mancata partecipazione di russi e cinesi.

Raggiungendo Pechino, esplorando ”il possibile ruolo cinese”, quello che Kuleba punta a ottenere è l’avvio di un percorso verso ”una pace giusta e duratura” per l’Ucraina, come si legge in una nota diffusa dal governo di Kiev. Pace che, sembra essersi resa conto l’Ucraina, è impossibile raggiungere senza sedersi al tavolo con la Russia, tanto che nei giorni scorsi il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha aperto alla partecipazione russa a una futura conferenza di pace. Finora la Cina non ha mai condannato apertamente l’invasione russa dell’Ucraina, ma in varie occasioni ha fatto appello a una soluzione diplomatica del conflitto e ha chiesto rispetto per l’integrità territoriale. Di sé, ha detto di essere un soggetto neutrale per la decisione di non inviare armi né a Mosca, né a Kiev, ma la sua alleanza con la Russia, ”i rapporti speciali” che rivendica il Cremlino, lo rendono sicuramente un interlocutore decisivo.

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