Da Neanderthal all’Homo Sapiens. Dalle grotte ai grattacieli

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Visse in un ambiente ostile, anche nel periodo delle glaciazioni (con temperature che scesero a meno 25 gradi centigradi), ma si adattò, colonizzando per un lungo periodo di tempo vaste aree dell’Asia e dell’Europa. Viveva in piccoli gruppi, in ripari e caverne umide e fredde, appena riscaldate da un fuoco utile per cucinare. Cacciava animali di grande e piccola taglia, dai quali ricavava cibo e pelli per proteggersi dal freddo. Costruiva utensili di pietra, osso e legno per la caccia e per uso domestico e non disdegnava realizzare semplici monili. Di media statura, robusto, faccia e naso larghi riusciva a comunicare con i suoi simili.
Era l’Homo neanderthalensis, i cui primi resti fossili furono scoperti nel 1856 nella valle di Neander (Germania). La sua presenza euroasiatica ha attraversato un periodo compreso tra 350mila e 40mila anni fa. Poi scomparve. Le ipotesi al riguardo sono diverse, dai cambiamenti climatici, alle radiazioni, all’alimentazione e alla presenza di un competitore: l’Homo Sapiens, cioè noi, proveniente dall’Africa dopo una lunga migrazione. Ci fu un periodo di qualche migliaio di anni nel quale i due ominidi convissero, poi prevalse il Sapiens.
La questione di ciò che rende unici gli esseri umani moderni è stata a lungo una forza trainante per i ricercatori. I confronti con i nostri parenti più stretti, i Neanderthal, forniscono spunti affascinanti.
Cosa fece la differenza?
Una risposta probabile giunge dal Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics di Dresda (Germania).
Nel percorso dell’evoluzione umana, l’aumento delle dimensioni del cervello e della produzione di neuroni, sono considerati fattori importanti per l’amplificazione delle capacità cognitive. I Neanderthal e gli esseri umani moderni hanno cervelli di dimensioni simili; tuttavia poco si sapeva sul fatto che, durante lo sviluppo, i cervelli umani e neandertaliani potessero differire in termini di produzione di neuroni.
I ricercatori di Dresda hanno scoperto una maggiore produzione di neuroni nel lobo frontale durante lo sviluppo del cervello dei Sapiens rispetto ai Neanderthal, a causa del cambiamento di un singolo amminoacido in una specifica proteina (Tktl1), presente in misura maggiore nelle cellule progenitrici del lobo frontale. Queste cellule generano la maggior parte dei neuroni nella neocorteccia in via di sviluppo, che è una parte cruciale del cervello per le capacità cognitive. Poiché l’attività della specifica proteina (Tktl1) è particolarmente elevata nel lobo frontale del cervello umano fetale, i ricercatori hanno concluso che, rispetto ai Neanderthal, la singola sostituzione di aminoacido è alla base della maggiore produzione di neuroni nel lobo frontale in via di sviluppo negli esseri umani moderni rispetto ai Neanderthal. Un amminoacido, cioè una molecola ha, insomma, fatto la differenza.
Dalle umide e fredde grotte neandertaliane ai grattacieli dell’Homo Sapiens. Siamo la Variante – un organismo geneticamente modificato – che ha realizzato la nostra civiltà.

(Articolo pubblicato sul quotidiano LaRagione del 22.09.2022)
 

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